Se andate alla ricerca di un senso, e volete la guida di una trama precisa, allora Strega non è il libro che fa per voi.
Come nel più intricato dei labirinti, dove niente può venire in vostro aiuto, poiché ogni angolo è identico a quello precedente; così la ricerca di orientamento in questo libro, può provocare sconforto e smarrimento.
Se invece avete preso la decisione di spalancare le finestre alla nebbia autunnale, lasciando che questa pervada la stanza in cui vi trovate e che penetri dentro le vostre narici; allora siete nel posto giusto.
State per trasformarvi in etereo vapore.
Un letto di parole verdi come il bosco più fitto, gesti ripetuti in maniera estenuante, sigarette che appesantiscono l’aria, inquietudine a colmare ogni spazio vuoto.
Non è davvero semplice parlare di un libro fatto di emozioni, sensazioni, istinto e poco altro. Posso soltanto tentare di usare altre emozioni per descriverlo.
La stanza sembrava la scena di un antico dramma sanguinario,
in cui le donne serie in abiti drappeggiati si muovevano sul palco brandendo coltelli.
Dall’altro lato della scenografia un coro declamava le proprie battute su navi affondate,
vendetta e figlie uccise.
Un albergo che fagocita donne lasciando gusci intossicati, rosso sbiadito incastonato nella fredda roccia. Claustrofobia, puzza di vecchio.
Nove ragazze al loro primo impiego, nove anime attraversano la sua porta.
Ci sono gesti precisi, capelli legati in perfetti chignon, divise inamidate, dolorosi calli e acqua bollente.
Niente è come ci si aspetta e Strega in lontananza, vuota e silenziosa, attende.
Dormire e vivere nell’inquietudine, ingurgitare mix fatti di alcool ed erbe velenose. Forse è l’albergo stresso ad avere una sua volontà, o forse le persone all’interno seguono un preciso copione fatto di punizioni corporali e antiche tradizioni.
Sapevo che la vita di una donna può trasformarsi da un momento all’altro nella scena di un crimine.
Non avevo ancora capito che vivevo già in quella scena del crimine,
che la scena del crimine non era il letto, ma il corpo,
e che il crimine era già avvenuto.
Una creatura antica che si nutre dei giovani sogni, annientandoli, restituendo soltanto ossa rotte.
Finché qualcuna di loro cederà all’inganno, stringendo la mano di uno sconosciuto che, sussurrando parole rassicuranti, la condurrà nel bosco senza ritorno, nel lago senza fondo.
Il tempo non esiste più, nel grande albergo rosso sbiadito, il senso non esiste più e, a volerlo cercare, si può ammattire.
Meglio galleggiare sulle spine del roseto, afferrando i pochi ricordi della breve vita trascorsa, sempre più perse, sempre più immobili.
La paura però può diventare un solido collante fra le giovani donne, una corda che le fa sentire strette e al sicuro insieme. Una corda di ansia che le stringe talmente forte da fondere anche le loro menti, tanto da portarle a fare gli stessi sogni, tanto da eliminare ogni parola superflua poiché non è necessario capirsi, ma sentirsi vive, ancora un altro giorno.
Il libro di Johanne Lykke Holm è il quarto della serie “Le fuggitive” ed è stato tra i finalisti del Premio Strega Europeo 2023.
Strega è un libro pericoloso perché non parla al nostro senso logico, depistando ogni ricerca di fatti ed eventi chiari .
Sussurra alle nostre percezioni più sottili, alla nostra pelle che irretisce nel percepire un alito gelido o quando ha paura. Un sogno, o meglio un incubo dal quale non si può uscire.
I simbolismi del racconto ci trascinano in un universo femminile e acerbo, alla ricerca di nuovi progetti di vita.
Un universo che si scontra con la perfidia di un mondo infido e subdolo, pronto a risucchiare loro ogni scintilla di giovinezza.
Ho avuto bisogno di diverso tempo per digerire questa lettura, come dentro un sogno forzato, non riuscivo a staccarmi da dosso la pesante sensazione di privazione, di claustrofobia, di sopruso.
Strega va preso a piccole dosi perché come il veleno, poche gocce non ti uccidono, ma esagerare può condurre alla follia.
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Avevo sempre pensato che sarei diventata un bel cadavere Avrei fatto attenzione a non essere brutta nel momento in cui accadeva, a non diventare una vittima brutta, sdraiata lì a bocca aperta in un vestito ereditato, una fallita nella morte quanto nella vita Dentro di me c’era un meccanismo che immergeva tutto in una luce scintillante, quel meccanismo che collega la morte con il bello e il bello con la morte.
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