Femminucce. Nuove frontiere per il femminismo?

Femminucce. Nuove frontiere per il femminismo?

Femministe o Femminucce? Un libro che fa discutere.

Questo era il titolo di un articolo della Repubblica di alcuni giorni fa.

Sotto il titolo, invece del nome e cognome dell’autrice, soltanto il nome che usa su instagram, il numero di follower e il fatto che si tratti di un’influencer-attivista.

Storco inevitabilmente il naso e mi domando se questo libro può veramente fare per me.

Il femminismo e la letteratura femminista sono indissolubilmente legati alla mia vita.

Indimenticabili sono le emozioni donatemi dalla Woolf, le poesie di Audre Lorde e potrei proseguire con gli studi rivoluzionari della Gimbutas, giusto per citarne alcune.

Non sono ancora riuscita a comprendere la necessità di sottolineare l’attività di influencer, all’interno di un libro che racconta il percorso intrapreso da Federica Fabrizio, nella conoscenza di donne che hanno scritto un pezzo di storia femminista.

Ci tengo però a sottolineare che forse, la mancata comprensione di questo meccanismo associativo, sia soltanto un mio limite.

C’è un nuovo mondo di attiviste che dei social hanno fatto il mezzo principale di divulgazione dei loro pensieri.

Un mezzo veloce e immediato e, proprio per la sua prerogativa frettolosa, a rischio di superficialità.

Voglio essere più chiara: Instagram può essere un mezzo per farsi conoscere, per divulgare briciole di pensiero, ma non può essere fine a se stesso, piuttosto un veicolo che, con quella briciola può attirare il pubblico alla pagnotta.

Federica ci propone infatti una “pagnotta” fatta di diversi impasti: quelli delle vite di alcune grandi donne che hanno portato avanti la loro lotta consapevolmente e altre che lo hanno fatto con molta meno consapevolezza.

Ecco allora che incontriamo bell hooks (il minuscolo non è un errore) e Rosalind Franklin accanto a grandi imprenditrici come Luisa Spagnoli.

E ancora icone come Frida Kahlo, Janis Joplin e Raffaella Carrà.

Non mi dilungherò sui personaggi descritti, sarà un’interessante scoperta.

Inoltre, chi deciderà di intraprendere la lettura, si troverà di fronte ad un’ampia bibliografia per proseguire le proprie ricerche.

Femminucce nasce esattamente con questo scopo:

mettere in comunicazione diverse generazioni di persone femministe,

per condividere le lotte e la rabbia.

Femminuccia, fighetta, principessina e molti altri termini, non appartengono soltanto al panorama dei sesso opposto.

Spesso vengono usati per sminuire altri uomini non “conformi ai parametri”, a riprova di quanto lavoro ci sia da fare anche dentro queste ferite.

Troppo spesso vengono usati con molta leggerezza anche nel panorama femminile a sottolineare una “debolezza storica”, dovuta a secoli di esclusione dalla vita sociale, lavorativa, artistica, sportiva ecc.

Femminucce fa del suo punto di forza la volontà di creare una svolta attraverso il linguaggio. lo stesso che troppe volte ha appoggiato diversi stereotipi che ci vogliono sesso debole e indifeso.

Federica si allontana con decisione dalla visione dualista della donna: forte e decisa o debole e vittima, preferendo racconti di esperienze, sottolineando l’individualità del singolo.

Questo pensiero prende forma anche nella sua lotta come femminista intersezionale, abbracciando nella lotta comune tutte le persone che si riconoscono nel genere femminile.

Ecco credo che questa sia la più giusta definizione per questo libro: un personalissimo viaggio all’interno del panorama femminista.

Un libro appello per le nuove generazioni , un invito alla conoscenza delle generazioni femminili passate, nella speranza che il loro pensiero e le loro azioni vengano comprese in profondità.

Poichè, è indiscutibile, di continuare a lottare c’è ancora molto bisogno.

Femminucce

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Bastarde disperate. L’urlo femminile dal cuore del messico

Bastarde disperate. L’urlo femminile dal cuore del messico

Viaggiatori allacciate le cinture, questa volta la direzione è il Messico, quello brutale dei signori della droga, della violenza più efferata; sarà un cammino difficile e tutto al femminile: Bastarde disperate.


Forse, come scrive Dahlia de la Cerva, è meglio raccomandarsi al Diavolo in questo luogo dimenticato da Dio, e forse occorre armarsi di pelo sullo stomaco nel momento in cui si decide di affrontare questa lettura.


Mi sembra doveroso fare un’ammissione : ho avuto non poche difficoltà ad entrare nel vivo di Bastarde disperate, a sentirlo a livello empatico.


La scrittura è sicuramente molto schietta e cruda, non c’è l’intento di indorare la pillola di una società corrotta e manipolata dalla malavita, ma il vero problema per me è stata la visione di un universo femminile altrettanto corrotto, che pur di sopravvivere si adegua, accetta e si appropria di stili di vita oltre il limite.


Per buona parte del libro non ho fatto che pensare “ Ma non c’era davvero un’alternativa?” .


Mi sono posta questa domanda mentre leggevo il racconto di una giovane donna il cui futuro, come erede diretta di un cartello della droga, non viene nemmeno messo in discussione.

Un mondo in cui l’apparenza domina sulla sostanza.


Fra sparatorie, intrighi e traffici vari si intrecciano vite di donne il cui scopo primario pare essere il numero di follower, il nuovo ritocco dal chirurgo estetico e avere abiti e borse sempre alla moda.


Ancora donne, streghe, con pagine facebook e migliaia di like che non si fanno scrupolo ad utilizzare qualsiasi forma di magia pur di ottenere ciò che desiderano, schiacciando senza alcun pudore la volontà altrui.

Della faccenda estetica mi sono già occupata:

a ventidue anni ho già all’attivo un fottio di operazioni chirurgiche.

Tutto quello che vedi è operato perché è chiaro che a me i soldi non mancano.


Ho avuto un momento di sbandamento, lo giuro.


Un libro lontano anni luce dalla letteratura femminista e dalla lotta al patriarcato che sono abituata a leggere.

La prospettiva però è cambiata nel momento in cui ho compreso che, ciò che stavo facendo era porre la mia visione occidentale-europea in un contesto completamente, totalmente diverso.


Questo libro non ha la pretesa di dire ciò che è giusto o sbagliato, questo libro racconta ciò che accade in Messico, quali sono le vicissitudini delle donne in quei luoghi dove il femminicidio tocca picchi sconvolgenti.


In bastarde disperate si parla di vita estrema, in un contesto in cui la fortuna primaria è sopravvivere ancora un giorno.


Guadare il libro sotto questa prospettiva mi ha aiutato a comprenderne le dinamiche violente, spesso animalesche che ho incontrato nei racconti.

Il Messico è un enorme mostro che divora le donne (…)
L’ha ammazzata perché era incinta.
L’ha ammazzata perché non ha voluto abortire.
L’ha ammazzata perché voleva abortire.
Maternità usa e getta.
Donne usa e getta.
L’ho ammazzata perché l’amavo.
L’ho ammazzata perché era mia.
Come si fa a dimostrare la misoginia se l’assassino dice che l’amava?


I Contenuti sono graffianti, smorzati spesso da una macabra ironia, tutto è avvolto da tossicità e ossessione.


Tutto racconta di quanto sia più complicato nascere in un contesto estremamente violento ed intriso di patriarcato.
Dahlia de la Cerda, scrittrice ed attivista, co-fondatrice del collettivo femminista Morras Help Morras, con questo suo esordio ha vinto il Premio Nacional Comala.

Bastarde Disperate

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Femminucce

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Le Impure. Sovvertire l’ordine costituito passa dal cliché di narrazione

Le Impure. Sovvertire l’ordine costituito passa dal cliché di narrazione

Lo ammetto prima di ogni altra cosa: la copertina di Le Impure di Kim Ligget non mi piace e non mi piaceva quando ho deciso che lo avrei letto.

Perché?

Il colore mi ricordava qualcosa di zuccheroso, il volto di profilo sembrava la raffigurazione della ragazza perfetta e baciata dai doni di Madre Natura.

Tutto mi lasciava presagire che avrei trovato una storia trita e ritrita basata su un femminismo irreale ma tanto in auge anche se svilisce la verità della questione che vorrebbe valorizzare.

Chi non sceglie libri anche lasciandosi guidare dalle loro vesti grafiche, forse, non mi può comprendere ma il colpo d’occhio è uno dei miei criteri di scelta.

Mi capita di sbagliare? Ovviamente.

Se Le Impure non mi fosse stato consigliato da chi pensava che lo avrei apprezzato, nonostante la copertina, non starei qui a parlarne con voi.

Non è stato primo amore tra me e Le Impure, ci siamo osservate da lontano e siamo arrivate ad avere il primo appuntamento. Uno di quei Rendez-vous per cui non si hanno grandi aspettative e ci si aspetta di essere delusi.

Insomma, ho detto all’altro libro sul comodino che se non fossi arrivata a prenderlo in mano entro una certa ora, avrebbe dovuto chiamarmi per fingere un’emergenza.

Come è andata? Quando la chiamata è arrivata, ho rassicurato che l’appuntamento non era poi così malvagio e sarei rimasta in attesa.

Sono stata ben ripagata di questo mio azzardo: le pagine di sono guadagnate il mio tempo e il mio apprezzamento.

Le Impure è un libro che ho amato?

Non sono sicura della risposta che dovrei dare.

Questo è un libro dall’ambientazione distopica che strizza l’occhio alle opere più famose della grandissima Atwood.

E come tutte le storie con questo tipo di caratterizzazione, ci si trova in una bolla di realtà dove non è importante il luogo degli avvenimenti, nemmeno è determinante il tempo (ammiccare ad un’epoca storia piuttosto che ad un’altra è un mero gioco di costruzione della storia).

La narrazione è per sua natura esacerbata e portata a toccare il limite di un’incredulità che sfonda la parete della dimensione del reale ed è talmente forte il paradosso che ci si trova catapultati un realismo inaspettato e bruciante.

È un gioco di confini sottili ma taglienti e non è facile giocare con le lame se hai paura di tagliarti.

Torniamo a Le Impure.

In un villaggio che fa pensare ad una comunità religiosa conservatoria dei costumi medievali, le ragazze che raggiungono l’età di 16 anni vengono mandate per 365 giorni, il loro Anno di Grazia, in un luogo lontano dal villaggio in cui staranno per liberarsi dalla loro magia.

Perché? Le esponenti del sesso femminile, nel momento della loro maturità, sembrano possedere la malìa concessa da poteri che solo il demonio potrebbe aver concesso loro. Quindi la comunità governata da soliti ignoti, le obbliga a rendersi pure e questo le aiuterà a tornare nella società pronte ad obbedire, essere madri e svolgere il loro ruolo nella società: madri e soprammobili.

Non è una caccia alle streghe, la comunità di Garner County non si mette a cercare nessuna praticante di arti magiche, da solo per scontato che lo siano tutte e quindi siano Impure.

In un mondo distopico non è importante nemmeno il tipo di culto, tutti sono uno e uno sono tutti, funziona così: sono tutti reali perché così è nella realtà.

Le Impure

Cosa accade in quel luogo in cui si viene mandate per essere libere dal peccato?

Iniziamo con il confessare che prima di partire “le elette”, Le Impure, subiscono la cerimonia del dono del velo. Quando saranno pronte per la società si sposeranno con chi ha donato loro il velo nuziale, le altre forse saranno spedite nel borgo dell’infamia o a lavorare presso altre comunità.

Se vuoi rimanere nell’unica società che conosci ti devi sposare. Meccanismo già visto, la distopia non è fantasia ma realtà.

Tierney James, protagonista principale della nostra storia, è l’eccezione: quella che non ci sta ad essere trattata come un animale da riproduzione, quella che accetterebbe di essere cacciata pur di non sottostare a regole che non vuole ma, riceve il velo dal ragazzo che è sempre stato il suo migliore amico. Ovvero, l’unica persona da cui pensava di essere capita.

Ragazzi e ragazze possono essere d’accordo su qualsiasi cosa prima di scontrarsi con l’ordine costituito.

Tutte le donne di Garner County devono pettinarsi allo stesso modo, con i capelli scostati dal viso e intrecciati sulla nuca. Gli uomini credono che, così facendo, le donne non potranno nascondergli nulla: un’espressione sprezzante, un’occhiata lanciata ad altri o un lampo di magia. Nastri bianchi per le bambine, rossi per le ragazze dell’anno di grazia e neri per le mogli.

Innocenza. Sangue. Morte.

Quattro sono le stagioni in cui Le Impure devono affrontare l’accampamento nella foresta.

Un luogo in cui le abitanti dell’Anno di Grazia precedente hanno distrutto tutto. Un accampamento che è una rovina recintata da uno steccato che potrebbe ricordare un certo villaggio gallico circondato dai romani.

Sole contro tutto e contro loro stesse.

Al di fuori ci sono bracconieri pronti ad ucciderle se si allontanano dallo spazio loro riservato: come bestiame, come fiere.

Le streghe sono dentro e gli agnelli sono fuori o tutto il contrario?

Sappiate che se tutto vi sta sembrando crudele, la verità dietro a questo gioco al massacro è peggiore di come pensate che sia. Non vi piacerà.

Siete in un mondo che è reale ma non lo è. Non è un incubo ma la realtà, lo sapete anche voi.

Ogni stagione nella narrazione rappresenta un momento di svolta della storia, c’è un tempo per ogni cosa.

Tierney inizia con un approccio realistico e pratico alla situazione: serve acqua, serve cibo, serve essere una squadra.  Peccato che tra le sue compagne di sventura c’è chi crede alla storia della magia e decide di usarla a proprio vantaggio.

Qualcuna, per non confessare segreti inconfessabili, diventa carnefice.

Però la magia non è falsa, anzi si manifesta.

Le Impure sperimentano i loro poteri e il logoramento psicologico dell’illusione e della follia.

Non tutte possono tornare a casa e chi lo farà non sarà più la stessa.

La Tradizione uccide.

Le ragazze uccidono.

Tierney, scettica e priva di una briciola della magia delle altre, viene isolata e poi scacciata.

Inizia a scoprire che le donne che hanno vissuto quell’esperienza prima di lei hanno qualcosa da dirle ma prima che lei possa arrivare a comprendere il vero segreto delle donne della contea, Tierney incappa nel difetto di questo libro.

Qui arriva il punto dolente, che non mi ha proprio convinta ma non mi ha nemmeno distrutto la lettura.

Tierney verrà tratta in salvo dalla creatura meno improbabile che si può trovare in un libro come questo: La Bestia dal cuore d’oro.

Come se fossimo in una pellicola di animazione, la ragazza più intelligente finisce preda del cliché più banale che Le Impure poteva incontrare.

Certo che al punto in cui era la protagonista le svolte potevano essere due:

La prima: la fanciulla nella foresta scopre di essere Bear Grylls (noto esperto di sopravvivenza in casi estremi) creando l’ulteriore stereotipo della superdonna che risolve ogni situazione tanto caro a quest’epoca;

La seconda: in cui la sfortunata ingenua, ingiustamente presa a calci da un regime di follia, cade innamorata del cattivo dal cuore d’oro.

Davvero non so scegliere quale delle soluzioni sia peggio.

Non so cosa ne pensate voi ma io dopo una cosa del genere, normalmente chiudo il libro.

Questo tipo di storie inizia ad annoiarmi e il mio tempo è prezioso per essere sprecato con creature graziose, costruite in serie, che possono solo essere supereroine o bisognose del fusto di turno.

Ho continuato a leggere Le Impure? Se non lo avessi fatto non ve ne parlerei.

Ho deciso di proseguire perché la magia delle ragazze, che minacciava di trasformare la distopia in una fantasia da Young Adult scritto in serie, doveva essere smascherata e dare un finale.

Tierney doveva dare forma a l’idea che le si stava formando nella mente e nel cuore, per la salvezza di tutte e di tutti.

La liaison amorosa sarà stata un cliché, forse banale, ma nel contesto generale aveva uno scopo.

Non ci si salva da sole e nemmeno si salva qualcuno con la testardaggine di essere migliori del sesso opposto.

Si deve poter credere che esiste una via d’uscita dal considerarsi sempre ed inesorabilmente vittima l’uno dell’altro.

L’autrice è riuscita a convincermi ad andare avanti.

La distopia è un’esasperazione della realtà ma non è forse vero che, a prescindere se uomini o donne, si crede di essere necessariamente in credito di qualcosa nei confronti dell’altra “squadra”?

Se non si spezza la catena nulla cambierà mai e nel farlo, doveroso è dire, per chi crede che le storie debbano sempre essere Rosa e piene di lieti fini, che sovvertire l’ordine costituito è doloroso e comporta un prezzo.

Costerà sacrificio, costerà vite e costerà orgogli.

Le Impure mi ha dato la possibilità di riflettere su alcuni temi trattati.

È una lettura piacevole, scorrevole, non mi ha sedotta ma si merita di essere letto.

Le Impure

Vuoi leggere la trama de Le Impure? Segui questo link

Si dice che abbiamo il potere di convincere gli uomini ad abbandonare i loro letti, di far perdere la testa ai ragazzi e di far impazzire di gelosia le mogli. Si crede che la nostra stessa pelle emani un forte afrodisiaco, l’essenza potente della gioventù, delle ragazze sul punto di diventare donne.

Francesca Re

Francesca Re Ciao! Sono una ex docente della Scuola Primaria e sostenitrice della scuola parentale e di nuove modalità di insegnamento per i bambini. Impegnata nello sviluppo di Progetti Culturali in Sardegna ho creato e diretto il Laboratorio Galana, che nasce dalla...