Lo hanno tutti i lettori: il momento in cui si ha bisogno di sentirsi coccolati, di sentire che qualcuno ci è vicino nello spirito. Non importa se questo qualcuno è un personaggio fittizio, non vogliamo immedesimarci in lui ma sapere che se ci incontrassimo nascerebbe un legame. Mi è di recente capitato con un libro scritto da Alba Donati che, oltre ad essere l’autrice de La libreria sulla collina edito Einaudi nel 2022, ne è anche la protagonista.
Volevo una coccola, volevo risposte a domande che non sapevo di voler porgere.
Avevo bisogno di qualcuno che avesse preso la decisione di tornare a Casa e che la sua decisione fosse stata ripagata.
Quindi il mio primo grazie va ad Alba Donati che mi ha donato il coraggio di ammettere che La Casa della mia anima, spesso, mi manca.
Questo libro sapeva che avevo bisogno di parlare con qualcuno che mi parlasse di pagine, di altre vite, di un paese come il mio ma che si trova in una regione che non esiste e che non ha una libreria.
Avevo bisogno di sentire quelle sensazioni tipiche di un paese che non è più la mia residenza da molti anni ma a cui vanno tutti i miei pensieri quando penso che vorrei tornare a quando il mio cuore non era una tumultuosa tempesta e vorace uragano.
Ci starebbe bene una libreria, fosse anche per il mio piacere di leggere.
Lo ammetto, prima di vedere La libreria sulla collina sullo scaffale della mia libreria preferita, de la Libreria sopra la penna non sapevo nulla.
Mi era sfuggita la notizia, che invece era ovunque. di un posto dove i libri vivono felici su scaffali di legno e sono amati da una comunità che della libreria ha fatto un punto focale e un centro di aggregazione.
Perché non sapevo di questo posto? Avrei dovuto e voluto saperlo prima che La libreria sopra la collina esisteva davvero.
Quando ho acquistato il libro, l’ho fatto attratta dalla sua copertina.
Non ho letto la trama.
Non mi sono posta il problema di voler sbriciare le prime righe. Ho preso il volume e sono andata a casa a leggerlo.
Cosa mi aspettavo da La libreria sopra la collina?
Scioccamente ed erroneamente, per mia ignoranza, credevo di aver tra le mani un romanzo.
Invece ho trovato un diario e…un romanzo. Due libri al prezzo di uno.
La libreria sulla collina è un giornale di vita. Gioie e delizie, croci e problemi di una donna che ha deciso di sfidare ogni convenzione commerciale aprendo una libreria a Lucignana (in provincia di Lucca).
Alba Donati è diventata la paladina dei librai indipendenti e ha combattuto il drago. A chi le diceva che era una pazzia, lei ha risposto con la Libreria sopra la penna.
Un diario di attività di una libreria in un momento non facile della storia italiana.
Già, perché anche se fingiamo tutti che sia ormai lontano, il periodo della pandemia ha colpito la società e i commercianti si sono visti privare del loro lavoro.
Anche se il tuo lavoro è la tua passione, ci sono conti da saldare e spese da sostenere e in questo la passione non è quella che ti provoca le farfalle nello stomaco.
Alzi la mano chi, come me, delle volte si rende conto di non sapere dove è stato negli ultimi due anni. Come se non fossero esistiti momenti di vita, mi chiedono che anno sia e ancora rispondo 2020.
La libreria sopra la collina è un romanzo di formazione.
Attorno alle vicende della libreria nasce una comunità. O, meglio, la comunità trova un respiro che prima non aveva. un battito sincrono con una realtà che prima non era contemplata.
Lucignana sembra aver ritrovato se stessa aggiungendo pagine alla propria vita che già sembra un romanzo solo per il luogo in cui sorgono i suoi edifici.
La vita è magica a volte e non ci rendiamo conto di quando lo sia.
Forse i libri lo sanno meglio dei lettori di cosa hanno bisogno.
Oltre a conoscere un luogo che ora voglio assolutamente visitare, ho trovato tra le pagine de La libreria sopra la collina molti alti libri da leggere, autori che non conoscevo o avevo solo sentito nominare.
Mi sorprende ogni volta arrivare alla conclusione che siamo tutti legati da una sottile rete che vibra ad ogni movimento e questo arriva ad altri innescando reazioni nuove e meravigliose.
A chi conosce già questo luogo incantato, forse, non starò dicendo nulla di nuovo eppure avevo il desiderio di dover dire la mia su questo libro che per me è stato una delle rivelazioni letterarie del mio anno di lettura.
Non volevo terminare La libreria sopra la collina, mi manca la sua carezza prima di dormire…
Dovrò sognare ancora di essere in pace in questo luogo magico.
Volete leggere la trama di La libreria sopra la collina? Clicca sulla parola link!
«Perché hai aperto una libreria in un paesino sconosciuto? Perché avevo bisogno di respirare, perché ero una bambina infelice, perché ero una bambina curiosa, per amore di mio padre, perché il mondo va a scatafascio, perché il lettore non va tradito, perché bisogna pensare ai piú piccoli, perché mi sono salvata».
Qualche tempo fa, nell’arsura estiva, ho deciso di intraprendere una lettura leggera. Io, che non credo nei libri “da spiaggia” o che i libri di questa fittizia categoria siano per forza gialli, ho letto un thriller per rendermi lieve il passaggio attraverso la canicola: La psicologa di B.A. Paris edito per Casa Editrice Nord nel 2022.
Eravamo tre a leggere. Io e le mie due amiche (le conoscete sono Sara e Francesca).
Una sorta di gruppo di lettura, quindi. Una di noi (non vi dico chi perché siete in grado di scoprirlo da soli) ha scelto il libro e le atre due si sono lanciate tra le pagine.
Non so cosa scriverebbero loro in merito ma la copertina piaceva a tutte e la sinossi ci aveva intrigate. Vi parlerò della mia esperienza con questo libro ma vi dirò il voto del gruppo di lettura solo al termine della mia opinione.
Cosa raccontarvi de La Psicologa?
È ambientato a Londra in uno di quei quartieri residenziali dove tutte le case sono uguali.
Avete presente il genere? Un enorme cancello comune con ingresso sorvegliato, tecnicamente nessun altro punto di accesso, villette a schiera concepite secondo un unico progetto e proiettate verso un solo punto focale.
Io sempre adorato questi comprensori e, dal punto di vista teorico, la loro struttura ne garantisce sicurezza ed esclusività. Questi parametri, in situazioni normali, comportano che il prezzo di una casa al suo interno abbia un costo piuttosto elevato che non tutti si possono permettere.
Ma, a volte, la fortuna si volta dalla parte di coloro che la rincorrono.
Una delle case è disponibile ad un prezzo stracciato e Leo, il compagno della vittima, decide di comprarla. Qui, devo fare un piccolo appunto. Nella sinossi, ovvero la trama, troverete che è Alice ad accaparrarsi la villetta. La nostra protagonista da sola non è in grado di fare quasi nulla.
Lei non si sarebbe trasferita in quella casa se avesse saputo cosa si nascondeva dietro a questa occasione così ghiotta.
Leo si dimentica, in maniera piuttosto opportuna, di spiegare il motivo per cui l’alloggio ha un costo così contenuto: al suo interno è stata uccisa una donna. Ovvero, la psicologa del titolo del libro.
La donna assassinata era La psicologa del titolo? No, Sì, non esattamente.
Anche qui la presentazione del libro è illusoria. Potrebbe essere stata scritta da Leo ma noi lettori non siamo Alice e sentirci presi per i fondelli non ci piace un granché ma, bisogna dirlo, non piace molto nemmeno ad Alice.
Nina non era una psicologa. Era più una buona confidente, qualcuno da cui andare per risolvere un problema. qualcuno che sapeva trovare una soluzione per qualsiasi intoppo sia di tipo psicologiche che materiale.
Quindi, di cosa parlano le pagine de La psicologa, alla fine dei conti?
Alice e Leo si trasferiscono nel nuovo ed esclusivo comprensorio e mentre lui non ha nessun interesse nel fare amicizia con i vicini, lei sente che la sua missione sia quella di essere ben voluta dagli altri abitanti di quel piccolo mondo.
Le sue insicurezze, invece di rafforzare il suo personaggio, la rendono una sciocca petulante.
Non contenta di questo risultato già dalle primissime pagine, B. A. Paris inserisce un trauma familiare nella vita della sua protagonista. Come se bastasse a giustificare tutto.
Nina, la non psicologa uccisa nella sua casa, ha lo stesso nome della sorella deceduta di Alice.
Questo porta la donna, non solo a diventare totalmente irragionevole in situazioni che una persona normale avrebbe gestito con un’alzata di spalle e una tenda chiusa, ma anche a mettersi in pericolo nel tentativo di risolvere i suoi problemi di coppia.
Non felice, l’autrice aggiunge il senso di colpa alla sua protagonista. Come in ogni situazione simile già vista, Alice si addossa la colpa dell’avvenimento che ha ucciso sua sorella e i suoi genitori.
Ne è colpevole? Non è questo il punto ma l’immaturità di questo personaggio nonostante quello che le è accaduto.
Alice crede a tutto quello che le viene detto, si sente vittima di chiunque non la ami e non ha una personalità. Questa è la realtà.
Questo tipo di personaggio rende La psicologa un libro brutto?
No, non se il thriller millantato dalla trama fosse risultato credibile ma non è quello che è accaduto.
Il thriller in realtà non esiste.
La tensione non si avverte nemmeno per sbaglio.
La comunità del The Circle è formata da adulti con la maturità tipica dei liceali, le situazioni create dall’autrice hanno lo spessore della carta velina.
Che ne è del pericolo?
Solo la scala di priorità insulse di Alice non la rende consapevole di quello che sta accadendo e del pericolo in cui si sta infilando.
Se solo non si fosse concentrata su le banalità della sua vita si sarebbe accorta che solo lei è causa del suo male.
Tutta la narrazione si basa su cliché che non sono in grado di convincere nessuno, figuriamoci gli amanti dei thriller.
A partire da The Circle, dai vicini, dal trauma, non c’è una sola situazione che non sia già stata più che sfruttata in combinazione da altre storie e per di più nulla è stato reso con un originalità tale da rendere appetibile questo prodotto della letteratura.
La sensazione è che la donna sacrificata per iniziare a scrivere il libro sia stata uccisa senza motivo.
Come è andata la lettura de La psicologa nel nostro gruppo lettura?
Ora ve lo posso confessare: noi tre amiche, con generi letterari di preferenza differenti, abbiamo avuto tre reazioni dissimili alla lettura di queste pagine.
Due di noi hanno continuato a leggere solo per vedere se Alice finiva uccisa.
L’altra ha smesso al terzo capitolo… e lei era quella che aveva proposto il libro.
No, non ci siamo proprio.
Volete leggere la trama di questo libro? Beh, schiacciate sulla parola Link!
Lo riconosco subito, anche se è girato verso la piazza. L’istinto mi spinge a richiudere immediatamente la porta, ma non così in fretta da non vedere la sua sorpresa quando si volta verso di me. Faccio un passo indietro, col cuore che batte all’impazzata. Perché è tornato?
Ingabbiare alcuni romanzi in un genere letterario è complicato, continuano a strabordare dai confini e proprio non ci stanno a farsi dare un’etichetta che dica a tutti cosa pensare di lui. Uno di questi titoli è Draconis Chronicon di Manlio Castagna edito per Mondadori nel 2022.
Qualche anno fa, ho incontrato questo autore su una biforcazione della mia via di Damasco.
Mi sentivo tradita dalle storie, le accusavo di sedurre scrittori non in grado di amarle come avrebbero dovuto. Mi sentito maltrattata, come lettrice, da una letteratura che si gettava verso un abisso di clichè stereotipati e troppo amoreggianti.
Ad un certo punto, mi è piombato tra le mani il primo libro di Manlio Castagna e soprattutto Una Storia che aveva avuto il coraggio di essere se stessa e scegliere qualcuno che ne aveva amato le luci e le ombre.
Questo è stato il mio incontro con Manlio Castagna e ad ogni suo libro trattengo il respiro fino all’ultima parola.
È stato così anche per Draconis Chronicon.
Nella Salerno del 1066 vivono 4 ragazzi, la Storia li conosce da adulti ma, prima di crescere, devono affrontare la grande Cerca che li porterà ad affinare le proprie personalità e la loro determinazione.
Tutti gli adolescenti devono passare attraverso il cerchio di fuoco.
Tutti, compresi i grandi della Storia.
Freud, se non mi sbaglio, teorizzò che la prole per diventare adulta doveva metaforicamente “uccidere il padre” ovvero passare dall’emulazione dei genitori ad andare, con le proprie gambe, su percorsi che non sono ancora state battuti e trovare la propria grandezza.
Diciamo che il Dott. Freud non si è proprio svegliato la mattina teorizzando qualcosa che ancora non aveva afferrato nessuno. L’uccisione metaforica di chi ci ha preceduto ha inizio molto tempo prima della nascita della psicologia, a Roma poteva capitare che si finisse in un sacco di iuta lanciato nel Tevere, ma questa è una storia di una repubblica arcana molto lontana dai fatti di Salerno.
Il protagonista di questa avventura scritta da Manlio Castagna è Barliario.
Non è solo e presto lo vedremo ma se non fosse stato per lui, forse, tutto questo non si sarebbe mai verificato.
C’è una voce nell’aria, qualcuno urla al vento l’avvento di una bestia e il cambiamento dei tempi.
Lo sappiamo bene, nessuno presta mai attenzioni a questi avvertimenti ma, coincidenza o no, quella stessa notte il padre di Barliario finisce vittima di un incendio che lo lascia in fin di vita.
Il ragazzo viene avvicinato da uno strano individuo, una leggenda della città: Arimane.
L’uomo può essere pericoloso e Barliario lo percepisce ma sa che ascoltare le sue parole è l’unico modo di trovare la cura per il padre morente.
Alcune volte, miei cari lettori, è necessario dare una spintarella a chi deve passare il confine. Alcuni non sono inclini ad allontanarsi dalla via maestra.
Vi ho già detto che il protagonista non è solo ma con lui c’è Shabbatai, suo compagno di scorribande nella città ma anche amico sincero. Un vero e proprio compagno d’arme.
Non vi ho detto che Barliario vuole diventare un alchimista come suo padre, vero?
Ho aspettato il momento di presentarvi l’altra protagonista della storia: Trotula de Ruggiero. Qualcuno la conosce come la prima donna a diventare medico.
Sapete anche che era già molto sicura di se stessa da giovanissima?
Che nonostante fosse promessa sposa ad un bullo che era poco più di “un asino su un cavallo” (cit.) decise di sovvertire l’ordine della società e scappare con Barliario e Shabbatai per trovare una cura di cui lei non conosceva nulla?
Trovare ed uccidere un drago è la loro missione.
Sì, avete capito bene.
Dove pensavate portasse il titolo Draconis Chronicon?
Verso un libro polveroso?
Se si parte non lo si fa per trovare una lucertola dal veleno miracoloso, vi pare?
Con Trotula parte anche la sua “dama di compagnia” Mercuriade, più una guardia del corpo che una dama. Entrambe le ragazze fanno da contraltare alla coppia di Barliario e Shabbatai: amiche e compagne d’arme. Quattro adolescenti cocciuti lasciano Salerno per la ricerca del drago.
Questa è un’avventura in cui si combatte, si lotta e si imparano tecniche prodigiose che sfiorano la magia.
Ci saranno avvenimenti in cui il lettore verrà messo alla prova. Perché ad avere fede non devono essere solo i protagonisti della storia ma anche chi legge.
Abbiate fede. Siate forti e coraggiosi. Non abbiate paura del fuoco, anche se brucia non vuol dire che morirete.
Facile, no?
Oltre a tutto questo, i ragazzi saranno inseguiti dal suddetto asino sul cavallo, ovvero il fidanzato di Trotula.
Se ne libereranno? Non posso dirvelo, di certe persone non ci si libera mai veramente, dovete scoprirlo da soli leggendo il libro.
Troveranno il drago? Staremo qui a parlare di questa storia se fosse altrimenti?
Dovete ancora avere fede. Sono creature misteriose i draghi.
Non sempre tutto quello che si vede è la realtà di quello che è.
Lo so, voi volevate sapere del drago e io sto qui a cincischiare su principi di filosofia dell’alchimia.
Non è giusto ma il mondo è così e per dischiudere i suoi misteri dee essere vissuto e nessun altro può farlo in sostituzione di altri.
Draconis Chronicon è un’avventura a confine tra veglia e sogno, tra realtà e il mondo delle ombre. Non avete scampo, se non volete essere perseguitati da Arimane dovete leggere il libro.
Ma allora, se mi è piaciuto così tanto Draconis Chronicon perché solo 4 stelle?
Il libro è bellissimo ma… Manlio ha già un capolavoro al suo attivo e nel mio cuore è quello il suo 5 stelle.
Questo non toglie che la storia di Barliario, Trotula, Shabbatai e Marcuriade sia un gioiello tutto da leggere.
Vuoi leggere la trama di Draconi Chronicon? Clicca sulla parola Link
Perchè la paura non si fa mettere da parte. Quando sento il mio corpo che si sdoppia, ,i prende una paura che strizza le budella. Anche se ti sembra di tenerla a bada, resta in agguato. E ti salta addosso, appena le permetti di farlo.
Lo ammetto prima di ogni altra cosa: la copertina di Le Impure di Kim Ligget non mi piace e non mi piaceva quando ho deciso che lo avrei letto.
Perché?
Il colore mi ricordava qualcosa di zuccheroso, il volto di profilo sembrava la raffigurazione della ragazza perfetta e baciata dai doni di Madre Natura.
Tutto mi lasciava presagire che avrei trovato una storia trita e ritrita basata su un femminismo irreale ma tanto in auge anche se svilisce la verità della questione che vorrebbe valorizzare.
Chi non sceglie libri anche lasciandosi guidare dalle loro vesti grafiche, forse, non mi può comprendere ma il colpo d’occhio è uno dei miei criteri di scelta.
Mi capita di sbagliare? Ovviamente.
Se Le Impure non mi fosse stato consigliato da chi pensava che lo avrei apprezzato, nonostante la copertina, non starei qui a parlarne con voi.
Non è stato primo amore tra me e Le Impure, ci siamo osservate da lontano e siamo arrivate ad avere il primo appuntamento. Uno di quei Rendez-vous per cui non si hanno grandi aspettative e ci si aspetta di essere delusi.
Insomma, ho detto all’altro libro sul comodino che se non fossi arrivata a prenderlo in mano entro una certa ora, avrebbe dovuto chiamarmi per fingere un’emergenza.
Come è andata? Quando la chiamata è arrivata, ho rassicurato che l’appuntamento non era poi così malvagio e sarei rimasta in attesa.
Sono stata ben ripagata di questo mio azzardo: le pagine di sono guadagnate il mio tempo e il mio apprezzamento.
Le Impure è un libro che ho amato?
Non sono sicura della risposta che dovrei dare.
Questo è un libro dall’ambientazione distopica che strizza l’occhio alle opere più famose della grandissima Atwood.
E come tutte le storie con questo tipo di caratterizzazione, ci si trova in una bolla di realtà dove non è importante il luogo degli avvenimenti, nemmeno è determinante il tempo (ammiccare ad un’epoca storia piuttosto che ad un’altra è un mero gioco di costruzione della storia).
La narrazione è per sua natura esacerbata e portata a toccare il limite di un’incredulità che sfonda la parete della dimensione del reale ed è talmente forte il paradosso che ci si trova catapultati un realismo inaspettato e bruciante.
È un gioco di confini sottili ma taglienti e non è facile giocare con le lame se hai paura di tagliarti.
Torniamo a Le Impure.
In un villaggio che fa pensare ad una comunità religiosa conservatoria dei costumi medievali, le ragazze che raggiungono l’età di 16 anni vengono mandate per 365 giorni, il loro Anno di Grazia, in un luogo lontano dal villaggio in cui staranno per liberarsi dalla loro magia.
Perché? Le esponenti del sesso femminile, nel momento della loro maturità, sembrano possedere la malìa concessa da poteri che solo il demonio potrebbe aver concesso loro. Quindi la comunità governata da soliti ignoti, le obbliga a rendersi pure e questo le aiuterà a tornare nella società pronte ad obbedire, essere madri e svolgere il loro ruolo nella società: madri e soprammobili.
Non è una caccia alle streghe, la comunità di Garner County non si mette a cercare nessuna praticante di arti magiche, da solo per scontato che lo siano tutte e quindi siano Impure.
In un mondo distopico non è importante nemmeno il tipo di culto, tutti sono uno e uno sono tutti, funziona così: sono tutti reali perché così è nella realtà.
Cosa accade in quel luogo in cui si viene mandate per essere libere dal peccato?
Iniziamo con il confessare che prima di partire “le elette”, Le Impure, subiscono la cerimonia del dono del velo. Quando saranno pronte per la società si sposeranno con chi ha donato loro il velo nuziale, le altre forse saranno spedite nel borgo dell’infamia o a lavorare presso altre comunità.
Se vuoi rimanere nell’unica società che conosci ti devi sposare. Meccanismo già visto, la distopia non è fantasia ma realtà.
Tierney James, protagonista principale della nostra storia, è l’eccezione: quella che non ci sta ad essere trattata come un animale da riproduzione, quella che accetterebbe di essere cacciata pur di non sottostare a regole che non vuole ma, riceve il velo dal ragazzo che è sempre stato il suo migliore amico. Ovvero, l’unica persona da cui pensava di essere capita.
Ragazzi e ragazze possono essere d’accordo su qualsiasi cosa prima di scontrarsi con l’ordine costituito.
Tutte le donne di Garner County devono pettinarsi allo stesso modo, con i capelli scostati dal viso e intrecciati sulla nuca. Gli uomini credono che, così facendo, le donne non potranno nascondergli nulla: un’espressione sprezzante, un’occhiata lanciata ad altri o un lampo di magia. Nastri bianchi per le bambine, rossi per le ragazze dell’anno di grazia e neri per le mogli.
Innocenza. Sangue. Morte.
Quattro sono le stagioni in cui Le Impure devono affrontare l’accampamento nella foresta.
Un luogo in cui le abitanti dell’Anno di Grazia precedente hanno distrutto tutto. Un accampamento che è una rovina recintata da uno steccato che potrebbe ricordare un certo villaggio gallico circondato dai romani.
Sole contro tutto e contro loro stesse.
Al di fuori ci sono bracconieri pronti ad ucciderle se si allontanano dallo spazio loro riservato: come bestiame, come fiere.
Le streghe sono dentro e gli agnelli sono fuori o tutto il contrario?
Sappiate che se tutto vi sta sembrando crudele, la verità dietro a questo gioco al massacro è peggiore di come pensate che sia. Non vi piacerà.
Siete in un mondo che è reale ma non lo è. Non è un incubo ma la realtà, lo sapete anche voi.
Ogni stagione nella narrazione rappresenta un momento di svolta della storia, c’è un tempo per ogni cosa.
Tierney inizia con un approccio realistico e pratico alla situazione: serve acqua, serve cibo, serve essere una squadra. Peccato che tra le sue compagne di sventura c’è chi crede alla storia della magia e decide di usarla a proprio vantaggio.
Qualcuna, per non confessare segreti inconfessabili, diventa carnefice.
Però la magia non è falsa, anzi si manifesta.
Le Impure sperimentano i loro poteri e il logoramento psicologico dell’illusione e della follia.
Non tutte possono tornare a casa e chi lo farà non sarà più la stessa.
La Tradizione uccide.
Le ragazze uccidono.
Tierney, scettica e priva di una briciola della magia delle altre, viene isolata e poi scacciata.
Inizia a scoprire che le donne che hanno vissuto quell’esperienza prima di lei hanno qualcosa da dirle ma prima che lei possa arrivare a comprendere il vero segreto delle donne della contea, Tierney incappa nel difetto di questo libro.
Qui arriva il punto dolente, che non mi ha proprio convinta ma non mi ha nemmeno distrutto la lettura.
Tierney verrà tratta in salvo dalla creatura meno improbabile che si può trovare in un libro come questo: La Bestia dal cuore d’oro.
Come se fossimo in una pellicola di animazione, la ragazza più intelligente finisce preda del cliché più banale che Le Impure poteva incontrare.
Certo che al punto in cui era la protagonista le svolte potevano essere due:
La prima: la fanciulla nella foresta scopre di essere Bear Grylls (noto esperto di sopravvivenza in casi estremi) creando l’ulteriore stereotipo della superdonna che risolve ogni situazione tanto caro a quest’epoca;
La seconda: in cui la sfortunata ingenua, ingiustamente presa a calci da un regime di follia, cade innamorata del cattivo dal cuore d’oro.
Davvero non so scegliere quale delle soluzioni sia peggio.
Non so cosa ne pensate voi ma io dopo una cosa del genere, normalmente chiudo il libro.
Questo tipo di storie inizia ad annoiarmi e il mio tempo è prezioso per essere sprecato con creature graziose, costruite in serie, che possono solo essere supereroine o bisognose del fusto di turno.
Ho continuato a leggere Le Impure? Se non lo avessi fatto non ve ne parlerei.
Ho deciso di proseguire perché la magia delle ragazze, che minacciava di trasformare la distopia in una fantasia da Young Adult scritto in serie, doveva essere smascherata e dare un finale.
Tierney doveva dare forma a l’idea che le si stava formando nella mente e nel cuore, per la salvezza di tutte e di tutti.
La liaison amorosa sarà stata un cliché, forse banale, ma nel contesto generale aveva uno scopo.
Non ci si salva da sole e nemmeno si salva qualcuno con la testardaggine di essere migliori del sesso opposto.
Si deve poter credere che esiste una via d’uscita dal considerarsi sempre ed inesorabilmente vittima l’uno dell’altro.
L’autrice è riuscita a convincermi ad andare avanti.
La distopia è un’esasperazione della realtà ma non è forse vero che, a prescindere se uomini o donne, si crede di essere necessariamente in credito di qualcosa nei confronti dell’altra “squadra”?
Se non si spezza la catena nulla cambierà mai e nel farlo, doveroso è dire, per chi crede che le storie debbano sempre essere Rosa e piene di lieti fini, che sovvertire l’ordine costituito è doloroso e comporta un prezzo.
Costerà sacrificio, costerà vite e costerà orgogli.
Le Impure mi ha dato la possibilità di riflettere su alcuni temi trattati.
È una lettura piacevole, scorrevole, non mi ha sedotta ma si merita di essere letto.
Vuoi leggere la trama de Le Impure? Segui questo link
Si dice che abbiamo il potere di convincere gli uomini ad abbandonare i loro letti, di far perdere la testa ai ragazzi e di far impazzire di gelosia le mogli. Si crede che la nostra stessa pelle emani un forte afrodisiaco, l’essenza potente della gioventù, delle ragazze sul punto di diventare donne.
Quando si pensa alla ricerca che porta alla vendetta personale non si può non pensare al libro che parla della grande Balena Bianca: Moby Dick o La Balena.
Ho deciso di affrontare questa lettura, troppo a lungo rimandata, con la versione che è la migliore in commercio: quella di Adelphi del 1994 con la prefazione di Cesare Pavese.
Questo libro è super citato e molto amato. Ne si ritrova la trama in molti film (Heart of The Sea) e in diverse serie tv (Una mamma per amica tra tutte).
Con una così grande pubblicità letteraria e mediatica mi aspettavo di trovare la grande Storia che avrebbe allietato la mia lettura e mi avrebbe travolto fino a piombarmi nel fondo dell’oceano.
Mi aspettavo, a mio torto, leggere Moby Dick nella versione facilitata per ragazzi.
Aaah quanto mi sbagliavo!!!
Mi è piaciuto Moby Dick? Ho proprio l’intenzione di parlarne con voi.
La caccia alla balena bianca del capitano Achab è piena di riferimenti biblici, a partire dal nome dei personaggi.
Ismaele è la voce narrante e porta il nome che era del figlio di Abramo.
Achab, Ahab in origine, è il capitano che conduce l’equipaggio verso la perdizione e uno dei sovrani della terra d’Israele.
Tutta la narrazione è una metafora sulla condizione dell’uomo, sull’insegnamento biblico ma Moby Dick è anche una fonte inesauribile di informazioni sul mondo delle baleniere e sull’industria che gravita attorno ad esso.
Una sorta di compendio per molti usi.
Herman Melville dedicò il volume a Nathaniel Hawthorne scrittore affermato e noto per La lettera Scarlatta. L’autore si auspicava di essere all’altezza del collega e possiamo pensare che ci sia più che riuscito, anche se al tempo della pubblicazione se ne accorsero davvero in pochi.
Moby Dick è l’emblema della grande caccia alla vendetta, la ricerca della redenzione ed è per la letteratura, senza dubbio alcuno, uno dei capolavori più acclamati.
Ma la domanda è: a me è piaciuto?
La realtà è che oltre alle considerazioni più che doverose, la lettura di Moby Dick mi ha fatto sorgere altre domande sulle possibili implicazioni della narrazione.
Ismaele è un povero diavolo, da sempre marinaio nella marina mercantile, che decide di imbarcarsi a Nantucket su di una baleniera armata da una cooperativa di mercanti.
Finisce con l’imbarcarsi sul Pequod.
Il linguaggio e la cultura universale sfoggiata da questo marinaio, esattamente da dove proviene?
È ovvio che il libro fosse indirizzato a quella parte di popolazione che poteva permettersi un’istruzione e che avrebbe compreso i riferimenti ma Ismaele ne era davvero a conoscenza vista la sua estrazione sociale?
Quando il linguaggio della letteratura ha iniziato ad uniformarsi all’effettivo livello culturale dei suoi personaggi?
Con l’aumento della scolarizzazione?
E cosa sta succedendo al linguaggio della letteratura negli ultimi anni? Sta trascinando tutti verso un gorgo senza fine o sta trovando nuove strade?
Questi sono pensieri fuori tema, me ne rendo conto ma ho voluto farvene partecipi per rifletterci insieme. Sappiate che non esiste una risposta giusta e universale.
Potrebbe darsi che io non ci abbia capito molto ma ogni lettura è un’esperienza unica che si adatta al lettore e questa è la mia.
Torniamo a Moby Dick…
Esistono molti fraintendimenti su di chi fosse la nave. La nave apparteneva ad un gruppo di proprietari e non ad Achab che, invece, ne era unicamente il capitano e i suoi datori di lavoro lo pagavano per la caccia alle balene non per perseguire la sua vendetta contro la balena che gli era costata una gamba.
Ma anche lì, la perdita della gamba è avvenuta in concomitanza allo scontro con Moby Dick ma non era del tutto colpa sua se l’aveva persa. Achab era un marinaio di vecchio corso che aveva iniziato come ramponiere, non poteva davvero incolpare la balena bianca per tutti i suoi male e rischi del mestiere.
Ma quindi da cosa nasce questa ossessione così distruttiva?
Non coinvolse solo se stesso ma anche l’equipaggio. Una ciurma di uomini esperti ma terrorizzati e spaventati dalla follia del capitano, hanno anche provato a riportarlo sulla retta via ma, dopo un brevissimo tentennamento, la fine fu segnata da uno spruzzo e un dosso bianco.
Inoltre, non dimentichiamolo, i proprietari persero carico e nave. Non stiamo parlando della Marina con fondi dello Stato ma di Persone che avevano investito tutto in quella spedizione.
Posso dire che il libro di Melville mi sia piaciuto?
Si ma anche no. Infatti non lo posso considerare un mio Must Have perché la narrazione è più volte interrotta da capitoli che frenano lo scorrere dei fatti.
Sono consapevole che sia congeniale all’esperienza che il lettore deve vivere.
Ovvero, la discesa discontinua verso un abisso da cui non si può tornare, lo stillicidio ritmico ma di un sottofondo quasi insignificante che è il tramite narrativo che non permette a chi legge di avere la percezione dei momenti di lucidità dell’equipaggio e quelli di estraneità dalla realtà della vita del Pequod.
Il libro è lo stesso abisso di cui parla, questo è certo.
Scrittura magistrale e, oltre alla penna di Melville, riesco a sentire il Pavese che fortissimamente volle la pubblicazione in italiano di questo libro.
Mi è piaciuto molto del libro ma non molto il libro in sé e non posso spiegarmi meglio di così, spero che per voi lettori sia abbastanza.
Vuoi leggere la trama di Moby Dick? Segui questo link!
Che Dio t’aiuti, vecchio: i tuoi pensieri hanno creato in te una creatura, e a colui che dal pensiero intenso ècosì trasformato in Prometeo, un avvoltoio divora il cuore per sempre, e quest’avvoltoio è la creatura stessa ch’egli ha creato.
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