Come avevo già anticipato nello scorso articolo riguardante il Trofeo RiLL, ad accompagnare l’antologia dedicata ai racconti vincitori, Quel Signore in salotto è il titolo della raccolta 2022, si affianca sempre una monografia che raccoglie i racconti migliori di uno degli autori che hanno partecipato al concorso. Quest’anno il protagonista è Maurizio Ferrero e la sua “opera omnia” si intitola I volti degli spiriti.
Potreste pensare, non a torto, che il volume prenda il suo titolo da uno dei racconti presenti al suo interno ma, per questa volta, il titolo rispecchia la totalità degli scritti del suo autore.
Maurizio Ferreri adora scrivere storie che ritraggono persone comuni in contesti straordinari.
Ho dovuto citare le parole nell’intervista in calce alla monografia perché non avrei saputo descrivere meglio il suo modo di scrivere.
Capita spesso, chi legge Fantasy o Fantascienza senza tralasciare il lato distopico di entrambi i generi, di incontrare quelli che sono i cardini di questi generi: eroi, paladini, mostri, i classici villain e le storie filano via serene senza che il lettore abbia modo di dubitare del genere letterario che ha deciso di leggere.
C’è qualcosa di male? No ma dovete ammettere che spesso ci si ritrova concentrati su cosa aspettarsi dal genere ma non dalla personalità dei personaggi o dai risvolti che una trama dovrebbe avere su un ipotetico lettore.
Non che lo scrittore debba insegnare qualcosa in maniera coercitiva sui lettori ma se leggete una storia e al suo termine non siete cresciuti nemmeno un po’, non vi siete fatti domande che magari coinvolgono anche la vostra vita, beh…forse qualcosa è andato storto.
Maurizio Ferrero è una delle straordinarie penne del Fantasy (solo per abbreviare) che ama concentrarsi sui personaggi, sulla loro umanità o la mancanza di essa.
Nel 2018, questo autore vinse il Trofeo RiLL con “Ana nel campo dei morti” e io ricordo che la potenza di quel racconto per me è stata rivelatoria.
I volti degli spiriti vi ripresenta quel racconto e un racconto inedito che porta sviluppi alla storia.
Le avventure in questo libro potrebbero non terminare come volevate ma come è giusto per i suoi personaggi o anche in totale loro disappunto. Non è un male quando qualcosa non ha esattamente un lieto fine, le cose possono andare storte ma l’importante è imparare a rialzarsi.
Ricordate? Persone ordinarie in contesti straordinari questo è I volti degli spiriti.
L’antologia ha un potere narrativo enigmatico, una Gioconda delle monografie e io non ho potuto trattenermi dall’amarla.
Ricordo che solo chi vince il Trofeo RiLL e ripete l’impresa più volte può aspirare ad una monografia e se non partecipate non saprete mai se il prossimo nome potrebbe essere il vostro.
Le iscrizioni terminano il 20 aprile, avete ancora qualche giorno!
Volete sapere dove trovare I volti degli spiriti? Cliccate sulla parola LINK
“Ricorda sempre di ringraziare, Ana. Nulla è gratuito, nemmeno ciò che non appartiene a nessuno.”
Il 2023 è il primo anno in cui parlo delle favolose antologia RiLL per Libri in Viaggio e mi sembra, finalmente di aver trovato il giusto salotto in cui far accomodare queste raccolte che io amo tantissimo e ogni anno aspetto con molta impazienza. Questa ultima in particolare tratta un tema che mi è da sempre molto caro: esatto, questo è il momento in cui scoprite che sono sempre stata una bambina piuttosto strana. Il titolo del volume nato dai racconti vincitori del Trofeo RiLL è: Quel signore in salotto.
Conoscete il Trofeo RiLL per i racconti di fantascienza, fantasy o qualsiasi sia fuori dal reale?
Se ne volete conoscere ogni meandro vi lascio qui il filo di Arianna che vi condurrà nella tana del drago, dovete solo schiacciare la parola LINK.
Oltre ad essere ogni anno premiato al Lucca comics & games, questo concorso ospita tra le sue schiere penne pluripremiate e che non potrete non amare.
E se volete partecipare avete ancora tempo: le iscrizioni al 29 Trofeo RiLL scadono il 20 aprile.
Ora parliamo di Quel signore in salotto.
A casa mia non c’era un Signore ma un soldato della Prima Guerra Mondiale, non era nemmeno gentile come Quel signore ma sembrava essersi perso e costringevo mia nonna a preparare da mangiare anche per lui.
È una storia piuttosto lunga e veramente molto creepy e non ha molto a che fare con il tipo di inquilino che Nicola Catellani descrive nel suo racconto.
Quel signore in salotto è gentile, premuroso e si occupa di rendere la vita serena ad una signora che ha bisogno di compagnia.
Il tema dell’antologia è La morte e tutto quello che ne consegue.
Ma non parleremo della nera signora, del tristo mietitore o del protagonista di una favola di Beda e il Bardo, stiamo parlando della porta con su scritta la parola Morte e di tutto quello che si torva al di là della soglia della realtà.
Facile no?
Al di là di quella soglia nebulosa da cui normalmente nessuno farebbe mai ritorno, se non per un buon motivo, ci sono cose buone e cose cattive.
Quindi alla fine chiunque la varchi si trova ad affrontare pressappoco le stesse facezie che tanto angustiano le persone anche nel mondo dei vivi.
A volte, i peggiori scenari che sono narrati nella letteratura si verificano. Altrimenti chi li avrebbe scritti se non qualcuno che lo sa?
Ci avete mai pensato?
Ogni anno, l’antologia prende il nome del vincitore del concorso e nel 2022 il vincitore è Quel signore in salotto di Nicola Catellani ma, come vi dicevo, Quel Signore è lì per addolcirvi la pillola e aprire la porta che dovete varcare per conoscere gli altri racconti.
Vi troverete i racconti dei primi cinque classificati e in aggiunta i racconti vincitori dei concorsi europei e mondiali gemellati con il Trofeo RiLL.
Ho un racconto preferito e non me ne vogliano gli altri autori ma amo le storie ricche di tragedia, disperazione e vendetta; nemmeno Quel signore in salotto è riuscito a rabbonirmi, Il non morto ha provato a darmi quello che cercavo e ci è quasi riuscito ma è ritrovarmi ne Il frutteto che mi ha dato il mio brivido.
Il racconto di Giorgio Smojver ha qualche nota già suonata in altre tragiche sonate d’amore ma dovete fidarmi di me e lasciarvi prendere tra le radici della storia, ci sono cose che dovete sapere.
Ci tengo a dire che tutte le storie narrate sono degne di nota e c’è pane per ogni gusto.
Non vedo l’ora di sapere chi vincerà quest’anno e scoprire quale genere di Altrove scopriremo.
Volete sapere dove trovare Quel Signore in salotto e altri racconti dal Trofeo RiLL e dintorni? Schiaccia LINK
“Nostro padre ci aveva avvisati: non spargete mai sangue sulle radici, nè l’uno di voi rechi male agli altri. Nostra è la colpa, e l’accetto.”
Dendera è un nome che evoca antiche rovine, antiche dee e templi ricchi di reperti di rara bellezza. Ma non siamo in Egitto.
Siamo in un luogo dove la neve diventa piuma di corvo, dove il silenzio inghiotte ogni cosa e porta via gli inuditi ultimi lamenti di chi viene lasciato sulla montagna.
Yūya Satō ci trasporta in un luogo indefinito del suo Giappone, dove pennella un’atmosfera di ovattata realtà tra le nevi ma non ha paura di sporcare l’immobilità con il rosso della furiosa paura.
Una volta, tanto tempo fa, esisteva tra le popolazioni più antiche un’usanza.
Questa tradizione, ai nostri occhi potrebbe sembrare piuttosto barbara e impensabile da applicare al giorno d’oggi. Ma non esisteva una società come la nostra in quei lontani momenti di storia e per legge chi era troppo vecchio per contribuire alla società veniva…allontanato.
Il Villaggio imponeva uno stile di vita immacolato. Gli anziani, dopo aver compiuto settant’anni, dovevano compiere l’ascensione per raggiungere il paradiso.
Coloro che ascendevano indossavano uno Yukata bianco, venivano accompagnati sulla montagna dai loro familiari e poi lasciati lì.
La neve, il freddo, i corvi facevano compagnia a coloro che si mettevano in cammino per il paradiso.
Un passo alla volta.
Fino a che i piedi non erano troppo gelati. Fino a quando il corpo non si sentiva troppo intorpidito dal freddo. Fino al momento in cui ci si addormentava sognando la luce e tutti coloro che aspettavo dall’altra parte del cancello per vivere, finalmente senza più affanni, insieme per l’eternità.
Come vi sembra? È una fine poetica se solo vi sforzate di vederla sotto una determinata luce.
Dendera è un mondo tangibile e riconoscibile ma vi inonderà di sussurri e non potrete scappare.
Kayu ha accettato il suo destino, è pronta ad abbracciare la morte come una vecchia amica.
Ma…mentre la neve le sta preparando il suo ultimo giaciglio, i corvi le cantano il loro ultimo commiato e il gelo le accarezza i capelli come fosse ancora una bambina, accade qualcosa.
Quando Kayu si risveglia non è più nel bosco ma in un piccolo insediamento: Dendera.
Solo donne, tutte sopravvissute alla montagna, una piccola comunità di anziane che ha scelto di continuare a vivere a dispetto di coloro che per loro avevano deciso Morte.
Kayu voleva morire, non vivere. Questo era contravvenire alle leggi della vita e significava anche che non avrebbe più potuto ascendere al paradiso perché aveva osato rubare un esistenza che non le era più dovuta.
La comunità di Dendera è povera, le donne si adoperano senza sosta conducendo una vita funestata da una caccia scarsa, la mancanza di utensili e di raccolto ma vivono ancora.
Alcune vivono per dimenticare di essere state abbandonate e creare un luogo da poter chiamare casa; altre vivono per distruggere coloro che le volevano sole in vita e sole nella morte.
Kayu scopre presto che, nonostante quanto le altre donne si ostinino a professare una vita serena, gli equilibri all’interno di Dendera sono fragili.
Le due fazioni sono coinvolte in una lotta silenziosa.
A Dendera, ricordate, le donne sono tutte anziane e alcune di loro si apprestano ai 100 anni.
Sono poche e la possibilità di attaccare una comunità giovane, senza l’aiuto di armi, è piuttosto un suicidio che una missione.
Dendera è un microcosmo che vive nella neve immacolata.
La carestia di cibo non riguarda solo loro ma anche l’orsa che vive sulla montagna.
L’orsa e Dendera ingaggiano una battaglia che causerà una spirale di sangue, dolore e morte.
La fame, la paura, la guerra e la pestilenza sono pessime consigliere e quando la lotta inizia non c’è modo di fermarla se non pagando un tributo di morte.
Ma l’orsa non è l’unico araldo di distruzione che funesta Dendera e questa minaccia non ha un nome, non ha una forma ma uccide.
Yūya Satō è un maestro del “realismo magico”.
Dendera si compone di pagine ammantate di silenzio e urla, dove il silenzio è palpabile come la paura.
L’inquietudine ti si posa addosso come una magia, come una coperta calda a cui non riesci ad opporre resistenza e, quando il sonno sopraggiunge, non si può far altro che arrendersi.
Dendera è un romanzo di sensazioni, concetti e riflessioni vere ed è questo che lo rende speciale.
Volete conoscere la trama di Dendera? Allora cliccate sulla parola Link!
“difficilmente mi farò ammazzare senza opporre resistenza…“. Si rese conto di come quella fosse la comune convinzione di tutte le donne che erano sfuggite all’ascesa rituale alla montagna per poi vivere a Dendera.
Questa è una storia dalle molte facce. È più antica delle storie che vengono narrate da uomini nei testi sacri alla nostra civiltà. È una storia che è stata un’eco ma anche la tragedia più cruenta. Un mito cantato da Aedi, uno su tutti: Omero, il cantore dalle molteplici voci. Le parole dell’Iliade soffiano vento sull’ira di Achille ma non è la trame del Pelide ad aver portato tutti lì. Tutti sono davanti alle porte oblique e sinistre di Troia per La trama di Elena.
Elena, elénaus, elandros, eléptolis.
La distruttrice di navi, di uomini e di città.
Francesca Sensini è la portavoce de La trama di Elena.
Mi piace definirla così perché il libro reca il suo nome come l’Iliade reca quello di Omero nel posto che si consegna agli autori ma è Elena a parlare.
Ho letto molto sulla guerra di Troia e ogni testo mi ha sorpreso, conquistato o delusa.
Ci sono dei personaggi, specialmente quelli femminili, soprattutto negli ultimi anni, su cui sono molto prevenuta.
Perché?
È facile chiamare in causa nomi come Briseide, Cassandra e Elena ma non è intenzione di tutti dare un corpo e uno spessore al personaggio in questione.
Non tutti sono disposti a onorare il mito e gli aedi, anzi in molti l’unico desiderio è dare voce all’ego dello scrittore ammantandosi di vaticini improbabili, trame ordite a metà e prigionie che ricordano le favole Disney.
Ho letto un saggio, qualche tempo fa, che mi ha regalato una Elena reale e immaginata ma non mi aspettato che sarebbe arrivata un’autrice a dare ulteriore spessore alla donna che diede fuoco ad Ilio.
La trama di Elena discolpa la donna più bella e odiata al mondo.
Non è un libro che vuole renderla più simpatica a chi ha scelto di odiarla e l’ha additata come l’artefice di tutte le sventure di cui le donne, da lei in poi, vengono additate e per questo condannate.
Anzi, Elena è pronta a prendersi ogni colpa.
Ogni ingiuria.
Ogni epiteto.
È pronta ad immolarsi se questo è utile e necessario.
Ma non lo farà in silenzio.
Sa benissimo che starete a sentire le sue parole, la sua voce arriva dalle profondità del tempo ed era lì ben prima di Lilith, ben prima di ogni altra donna e di tutte lei è anima e corpo, una parte del suo eco vive in tutte noi.
Se è bastato il suo nome ad imbonire un esercito di diecimila navi e la sua voce a farsi amare da una città assediata, chi siete voi per resisterle?
Quasi sembra strano che Ulisse abbia avuto bisogno di essere legato e privato dell’udito per non cadere vittima delle sirene, aveva ascoltato la voce di dee prima di loro e ne era stato ammaliato come tutti.
La trama di Elena è un arazzo tessuto tra i secoli.
La figlia di Zeus, di Leda e di Nèmesi è davanti a voi, fila un arazzo di immagini contemporanee alla sua vita ma anche scene che la catturano nei secoli a lei posteriori.
Vi è mai capitato di osservare un quadro e sentire le voci e i rumori della narrazione?
Questo è La trama di Elena: l’incantesimo della donna più bella e odiata del mondo.
Un coro di voci di cui solo lei è in grado di riprodurre il suono e non potrete fare a meno di starla a sentire.
Non ci riuscì Euripide, non ci riuscì Filostrato e nemmeno le popolazioni indigene delle Hawaii, voi comuni mortali sarete in grado di resisterle?
Io non credo.
La narrazione della Sensini è poetica come un canto di gioia e dolore ed è perentoria come un invito alla guerra.
Coercitiva come la discordia ed ineluttabile come la giustizia.
Ci sono tanti passaggi che vorrei lasciare a piè di pagina per voi lettori ma non mi è possibile metterle tutte. Farei un torto ad Elena se scegliessi qualcosa e pretendessi che questo con influenzi anche voi.
Mi limito a credere che quella che scriverò sia più adatta a quello che l’autrice ed Elena hanno cercato di nascondere tra le righe come monito a voi che leggete le sue parole.
Elena è la fiaccola che diede fuoco al cancello protetto dal baluardo che nessuno ascoltava.
Un incendio di fuoco greco che rischiara le epoche e che nessuno ha ancora compreso come spegnere.
Volete conoscere la sinossi de La trama di Elena? Cliccate sulla parola LINK
Adottano così liberamente la menzogna, ne hanno bisogno, come l’architrave la colonna, per non frantumarsi su se stessi.
Di recente avrete visto in libreria un libro dalla copertina spettacolare e vi sto per raccontare che la meraviglia non si ferma all’abito. Raybearer di Jordan Ifueko è un libro da leggere. Edito da Fazi, nella collana Lainya nel gennaio 2023 si prepara a diventare una storia iconica.
Negli ultimi anni mi sono trovata ad ammettere che molti libri pubblicati per quella fascia di lettori chiamata Young Adult mi disturbano.
Non so più se sono io che non mi rispecchio più nella mia vita da giovane adulta o davvero la letteratura per ragazzi è cambiata talmente tanto da darmi il mal di testa.
MA… MA tra milioni di titoli ci sono delle PERLE che ti fanno dire: “allora non è tutto perduto!”
Raybearer è letteralmente il portatore di raggio che stavamo aspettando.
Tarisai vive in un bellissimo castello ma nessuno vuole toccarla. Tutti si occupano di lei perché è figlia di Lady ma sono molto ben attenti a non farsi avvicinare più del dovuto.
Sua madre è una donna potente, rispettata ma, sopra ogni altra cosa, Lady è temuta.
Tarisai la ama con lo stesso ardore di una fiamma che bisogna dell’aria, con la stessa fame che la terra arida ha della pioggia ma Lady non c’è MAI se non rare volte in cui si informa dei progressi negli studi.
Rari segni di affetto e nessun incoraggiamento.
Passa la sua infanzia sottoponendosi a studi intensivi su qualsiasi materia, sulle culture dei popoli del regno e sui loro idiomi ma per sua madre non è mai abbastanza.
«Non meritiamo il fardello che i nostri genitori ci hanno imposto. Però non possiamo sconfiggere mostri che non affrontiamo»
Un giorno, due tutori sconosciuti vengono scelti per accompagnare Tarisai in capitale.
La bambina non capisce, non è mai uscita da casa sua. Lady le mostra un ritratto e le chiede se vorrebbe conoscere il bambino di cui la tela reca l’immagine e la piccola acconsente, potrebbe essere il suo primo amico e il Narrastoria sa che Tarisai anela l’affetto di qualcuno più del respiro.
Raybearer è un romanzo intricato. Quando pensi di capire, un’altra scatola si apre e ne fuoriescono magia e molto altro.
È la storia di una ragazzina che è stata allevata per uno scopo che non comprende, è stata concepita con l’inganno e mandata al macello costretta da un desiderio che non le appartiene.
Tarisai tenterà di ribellarsi e prendere le distanze dalla voce che le impone costantemente il suo compito ma non è facile.
Come si può scrollarsi di dosso l’unica persona che è sempre stata CASA e di cui hai sempre voluto l’amore e l’affetto?
Raybearer è anche la storia dei difficili rapporti che i giovani hanno con i loro genitori.
Ad un certo punto, volenti o meno, il distacco deve avvenire. Deve essere così: i figli non sono una proprietà e non sono uno strumento.
Raybearer è una storia di amicizia e di fiducia, di manipolazioni e antichi rancori.
È una storia ma anche una metafora ed è così che un fantasy deve essere.
Narrare i problemi del mondo trasportandoli in una storia appassionante che elabori realtà altrimenti difficili da assimilare nella vita quotidiana è un compito arduo e Raybearer compie l’atto di prendere il testimone di un retaggio che non sempre viene compreso.
Il fantasy non è una bella storia. Non è inserire creature immortali e soprannaturali. Non è creare un mondo che non è il nostro ma creato ad arte per impressionare il lettore.
Il Fantasy è la massima espressione della metafora ma non della strumentalizzazione.
Celare tra le righe qualcosa che è come un tesoro è un’arte raffinata. Una volta trovato, quel tesoro nascosto, nessuno può portartelo via: Nessuno.
Ho trovato Raybearer affascinante. Un libro ben scritto e mai una volta in queste pagine ho pensato che l’autrice stesse strumentalizzando la sua storia.
La narrazione è ponderata, carica di significati, mai volgare. Tra le pagine regna una poesia difficile da trovare e la puntualità di chi non è abituato a girare attorno ai nomi delle cose.
Questo è il primo volume di una dilogia che si preannuncia spettacolare.
Netflix ha già annunciato la produzione di una serie ispirata a queste pagine e la attendiamo tutti con ardore.
Volete conoscere la trama completa di Raybearer? Clicca la parola Link
“Non ho mai capito perché i mortali rendano sempre tutto così complicato. La storia di Am per uomini e donne è sempre stata semplice: siete eguali, creati per lavorare a fianco a fianco. Ma ogni volta che si tratta di potere, i mortali detestano la semplicità”
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