Aspettavo da tanto un libro che avesse, tra le sue pagine, alcuni spunti letterari a cui io sono legata e, inaspettatamente è giunto a me nel periodo in cui le porte tra i vivi e i morti sono spalancate e tutto diventa possibile. Tutti abbiamo sentito parlare della possibilità di vivere più vite e che ogni battito di farfalla può scatenare un uragano. Manlio Castagna nel suo La reincarnazione delle sorelle Klun ha scatenato un tornado.
Edito per Oscar Vault nel 2022, La reincarnazione delle sorelle Klun è arrivato a stravolgere, colpire, straziare e abbattere ogni certezza che si forma nell’affrontarne la lettura.
Questa non è una storia per ragazzi.
God, save us everyone Will we burn inside the fires of a thousand suns? (Lp. Cat. 14 ATS)
Gorizia e Fiorenza sono due sorelle che, negli anni ’50, sono bambine felici. Certo, Gorizia possiede un carattere granitico con qualcosa nello sguardo che la fa sembrare distante ma presente allo stesso tempo. Sono bambine uniche ma uguali alle altre.
I Klun sono una famiglia come tante. Fino al giorno in cui, un’auto non le investe.
God, save us everyone Will we burn inside the fires of a thousand suns? For the sins of our hand (Lp. Cat. 14 ATS)
L’auto innesca una sequenza di eventi che era in moto ancora prima dell’inizio dei tempi. Nulla avrebbe proibito al destino di compiersi…
Forse… se…
No, non c’era nulla che potesse fermare quell’antico disegno.
God, save us everyone Will we burn inside the fires of a thousand suns? For the sins of our hand The sins of our tongue (Lp. Cat. 14 ATS)
Rina, ai giorni d’oggi, è una donna bellissima. Talmente bella che raramente si è posta il problema di essere anche altro nella vita. Ha sposato due uomini che non le hanno mai dato le risposte che lei carcava. Fino a che non è arrivato Attila.
Questo uomo la pervade, la guida e lei ne è profondamente rapita. Non riesce a fare a meno di ascoltare le sue parole, di seguire i suoi gesti. Rina non osserva e non ascolta ma vede e sente.
God, save us everyone Will we burn inside the fires of a thousand suns? For the sins of our hand The sins of our tongue The sins of our fathers (Lp. Cat. 14 ATS)
Augusto Klun e la moglie Dora si perdono, travolti dalla morte delle loro due figlie e non vorrebbero altro che tutto questo non fosse mai accaduto a loro.
Lo sapete, quando si vuole qualcosa con tutto l’animo, qualcuno è sempre in ascolto.
Quello che dovreste ricordare è bisogna stare sempre molto attenti a ciò che si chiede.
Dora rimane in cinta di nuovo. La sorpresa che il destino le riserva è che si tratta di due gemelle: Gloria e Felicita.
Da subito qualcosa non quadra. Le bambine conoscono cose che non sarebbe loro possibile conoscere. Hanno talenti troppo precoci per due bambine così piccole.
Gloria soprattutto.
Lei è antica, altera, dominante.
I loro genitori sono atterriti dalle due bambine.
Gorizia e Fiorenza sono di nuovo con i loro genitori.
God, save us everyone Will we burn inside the fires of a thousand suns? For the sins of our hand The sins of our tongue The sins of our fathers The sins of our young (Lp. Cat. 14 ATS)
Anche Rina desidera cose di cui non conosce la portata. Gli uomini che popolano la sua vita non la capiscono. Per lei ormai sono sconosciuti, Rina conosce la Luce. La Luce è Attila. Tutti gli altri sono il buio.
Deve liberarsi di tutto. Dei mariti, dei suoi figli.
Rina vuole solo essere la sposa di Attila. Il suo messia, il suo reverendo, la sua luce.
Le morti dei due uomini di Rina sono vicine, naturali. Troppo vicine, troppo naturali.
Le morti di coloro che ostacolano il cammino di Rina diventano estremamente vicine, sospettosamente naturali e l’ispettore Verne lo sa ma non riesce a cogliere come questo avvenga.
Verne ha le capacità ma non la tempestività e non può fermare i piani del destino.
Tutto questo è solo una Ouverture.
Le gemelle Klun sono l’epicentro di una storia che era già antica prima ancora di essere narrata.
‘Cause I’m only a crack in this castle of glass Hardly anything there for you to see (Lp. CoG. 06 LT)
Come si può spezzare un ciclo infinito? Qualcosa che è iniziato ancora prima del suo primo giorno di vita? Qualcuno guarda, non visto.
Alcune volte un ciclo che si ripete sviluppa al suo interno un meccanismo di difesa e quello che potrebbe sembrare un “difetto di fabbricazione” è la chiave che metterà fine a tutto per l’ultima volta.
Non è un libro facile. La Reincarnazione delle sorelle Klun è un libro che non si stringe in un genere.
Manlio castagna ha imbastito una storia che è un susseguirsi di foto, di specchi, di luci e di ombre. Un vangelo apocrifo che non è ancora stato scritto e che non può essere altro che la rivelazione dell’inciampo del male di fronte alla luce.
La luce non è sempre visibile agli occhi. A volte, si agita non vista nei meandri dell’ombra più cupa.
Nota: Lp. Cat. 14 ATS (Linkin Park, The Catalyst, 14 traccia di A Thousand Suns); Lp. CoG. 06 LT ( Linkin Park, Castle of glass, 06 traccia di Livin Things)
volete conoscere la trama de La reincarnazione delle sorelle Klun? Schiacciate la parola LINK
Sprofondali nella polvere tutti insieme e rinchiudi i loro volti nel buio
Nel 1888, a Londra, in un quartiere degradato e densamente popolato, una persona è diventata famosa per una serie di omicidi. Sapete di chi si sta parlando? Oh, certo che lo sapete ma nella storia che viene narrata nel libro di cui vi voglio parlare la sua presenza non è il punto focale. Noi parliamo dei delitti. Meglio, Guido Sgardoli e Massimo Polidoro ci narrano I delitti di Whitechapeledito per DeA nel 2022.
Prima di parlarvi della trama de I delitti di Whitechapel voglio portarvi in una riflessione che ho trovato nel libro.
Tutti, volenti o meno, conoscono la leggenda di Jack lo squartatore, negli anni questa figura senza volto ha riscosso molto successo nell’immaginario di autori, lettori, giornalisti, veri detentori della verità, complottisti e chi più ne ha più ne metta, anche io non posso fare a meno di rimanere invischiata nel mistero che il serial killer di Whitechapel ha generato.
Ma, perché ci affascina? Perché smaniamo tutti per scoprire la sua verità e non quella delle sue vittime?
Perché l’epoca in cui ha vissuto lo fa sembrare un personaggio gotico? Perché è riuscito farla franca nonostante lo stesse cercando tutta Londra?
Perché è sfuggente e, allo stesso tempo, ovunque?
Se oggi, tutto ad un tratto, scoprissimo che Jack non era intelligente, nemmeno particolarmente furbo, una persona ordinaria e non del tutto sveglia che ha compiuto i delitti solo in virtù del fatto che poteva perché nessuno avrebbe fatto domande sulle donne che ha ucciso?
Crollerebbero le teorie sul praticante di magia, appartenente a logge massoniche, della cerchia dei potenti. Salterebbero tutte le congetture sull’inafferrabile Jack.
Il suo nome non era nemmeno quello. Viene da una favola per spaventare i bambini: Jack dai tacchi a molla.
Lascio a voi la conclusione su cosa pensare dell’assassino.
Il vero mistero, la verità de I delitti di Whitechapel, sono le vittime.
Le vittime accertate sono cinque ma… quelli come Jack raramente si accontentano.
La storia narrata da Guido Sgardoli e Massimo Polidoro ha una forte componente storica, fatta di ricerche, di ricostruzione dell’ambientazione, di ombre e luci nella caratterizzazione dei personaggi.
Quella Londra non esiste più ma il lettore deve poterla vivere.
Il West End di oggi, la Whitechapel di oggi, non ha nulla a che fare con quel crogiuolo di corpi e vite che viveva in case non agibili e in una società che non si può paragonare al quartiere spumeggiante che potete visitare al giorno d’oggi.
I due autori hanno ricreato un mondo.
Non quello del cinema ma il vero mondo di Mary Ann, Annie, Elizabeth, Catherine e Mary Jane.
È necessario chiamarle per nome. Erano persone oltre che vittime.
La storia narrata ne I delitti di Whitecapel segue Sybil che giunge a Londra in seguito all’omicidio di sua madre Catherine.
Madre e figlia non avevano un rapporto idilliaco. Sybil vive con sua nonna e vede sua madre solo quando quest’ultima si presenta per chiedere denaro.
Ma, in seguito all’omicidio, qualcosa di incompiuto e irrisolto, morde l’animo della ragazza. Sembra assurdo anche a lei ma vuole conoscere sua madre.
Sybill non si rassegna a quello che la stampa e la polizia dice di Catherine.
È convinta che Caherine fosse molto altro, che non fosse una prostituta e che ci fosse ben più di una ragione se la vita le avesse rifilato tutte quelle carte sbagliate che l’avevano portata all’indigenza.
Non senza una buona dose di ingenuità, Sybill si addentra a Whitechapel e man mano raggomitola il filo dell’esistenza non solo di sua madre ma di tutte le vittime e dei loro legami all’interno della loro esistenza.
Avventurarsi in un luogo così ostile comporta pericoli e ricordiamo che Jack era famoso per essere ovunque.
Nel 1888 esisteva ben più che una Londra.
Come vi dicevo, questo non è un romanzo sull’assassino. Jack non interessa a nessuno.
I delitti di Whitechapel è un romanzo sui misteri taciuti che sono le Vite delle vittime: Mary Ann, Annie, Elizabeth, Catherine e Mary Jane.
Vuoi leggere la trama de I delitti di Whitechapel? Schiaccia la parola Link.
La donna misteriosa aveva afferrato nuovamente il ciondolo e l’aveva aperto, guardandoci dentro. Poi, dopo aver rivolto a Sybil un sorriso, era scomparsa dietro le tende. E quando la ragazza le aveva scostate, non aveva scoperto che uno spazio vuoto affacciato sulla finestra e, al di là di essa, i tetti e le strade assonnate della città.
Quando si pensa alla ricerca che porta alla vendetta personale non si può non pensare al libro che parla della grande Balena Bianca: Moby Dick o La Balena.
Ho deciso di affrontare questa lettura, troppo a lungo rimandata, con la versione che è la migliore in commercio: quella di Adelphi del 1994 con la prefazione di Cesare Pavese.
Questo libro è super citato e molto amato. Ne si ritrova la trama in molti film (Heart of The Sea) e in diverse serie tv (Una mamma per amica tra tutte).
Con una così grande pubblicità letteraria e mediatica mi aspettavo di trovare la grande Storia che avrebbe allietato la mia lettura e mi avrebbe travolto fino a piombarmi nel fondo dell’oceano.
Mi aspettavo, a mio torto, leggere Moby Dick nella versione facilitata per ragazzi.
Aaah quanto mi sbagliavo!!!
Mi è piaciuto Moby Dick? Ho proprio l’intenzione di parlarne con voi.
La caccia alla balena bianca del capitano Achab è piena di riferimenti biblici, a partire dal nome dei personaggi.
Ismaele è la voce narrante e porta il nome che era del figlio di Abramo.
Achab, Ahab in origine, è il capitano che conduce l’equipaggio verso la perdizione e uno dei sovrani della terra d’Israele.
Tutta la narrazione è una metafora sulla condizione dell’uomo, sull’insegnamento biblico ma Moby Dick è anche una fonte inesauribile di informazioni sul mondo delle baleniere e sull’industria che gravita attorno ad esso.
Una sorta di compendio per molti usi.
Herman Melville dedicò il volume a Nathaniel Hawthorne scrittore affermato e noto per La lettera Scarlatta. L’autore si auspicava di essere all’altezza del collega e possiamo pensare che ci sia più che riuscito, anche se al tempo della pubblicazione se ne accorsero davvero in pochi.
Moby Dick è l’emblema della grande caccia alla vendetta, la ricerca della redenzione ed è per la letteratura, senza dubbio alcuno, uno dei capolavori più acclamati.
Ma la domanda è: a me è piaciuto?
La realtà è che oltre alle considerazioni più che doverose, la lettura di Moby Dick mi ha fatto sorgere altre domande sulle possibili implicazioni della narrazione.
Ismaele è un povero diavolo, da sempre marinaio nella marina mercantile, che decide di imbarcarsi a Nantucket su di una baleniera armata da una cooperativa di mercanti.
Finisce con l’imbarcarsi sul Pequod.
Il linguaggio e la cultura universale sfoggiata da questo marinaio, esattamente da dove proviene?
È ovvio che il libro fosse indirizzato a quella parte di popolazione che poteva permettersi un’istruzione e che avrebbe compreso i riferimenti ma Ismaele ne era davvero a conoscenza vista la sua estrazione sociale?
Quando il linguaggio della letteratura ha iniziato ad uniformarsi all’effettivo livello culturale dei suoi personaggi?
Con l’aumento della scolarizzazione?
E cosa sta succedendo al linguaggio della letteratura negli ultimi anni? Sta trascinando tutti verso un gorgo senza fine o sta trovando nuove strade?
Questi sono pensieri fuori tema, me ne rendo conto ma ho voluto farvene partecipi per rifletterci insieme. Sappiate che non esiste una risposta giusta e universale.
Potrebbe darsi che io non ci abbia capito molto ma ogni lettura è un’esperienza unica che si adatta al lettore e questa è la mia.
Torniamo a Moby Dick…
Esistono molti fraintendimenti su di chi fosse la nave. La nave apparteneva ad un gruppo di proprietari e non ad Achab che, invece, ne era unicamente il capitano e i suoi datori di lavoro lo pagavano per la caccia alle balene non per perseguire la sua vendetta contro la balena che gli era costata una gamba.
Ma anche lì, la perdita della gamba è avvenuta in concomitanza allo scontro con Moby Dick ma non era del tutto colpa sua se l’aveva persa. Achab era un marinaio di vecchio corso che aveva iniziato come ramponiere, non poteva davvero incolpare la balena bianca per tutti i suoi male e rischi del mestiere.
Ma quindi da cosa nasce questa ossessione così distruttiva?
Non coinvolse solo se stesso ma anche l’equipaggio. Una ciurma di uomini esperti ma terrorizzati e spaventati dalla follia del capitano, hanno anche provato a riportarlo sulla retta via ma, dopo un brevissimo tentennamento, la fine fu segnata da uno spruzzo e un dosso bianco.
Inoltre, non dimentichiamolo, i proprietari persero carico e nave. Non stiamo parlando della Marina con fondi dello Stato ma di Persone che avevano investito tutto in quella spedizione.
Posso dire che il libro di Melville mi sia piaciuto?
Si ma anche no. Infatti non lo posso considerare un mio Must Have perché la narrazione è più volte interrotta da capitoli che frenano lo scorrere dei fatti.
Sono consapevole che sia congeniale all’esperienza che il lettore deve vivere.
Ovvero, la discesa discontinua verso un abisso da cui non si può tornare, lo stillicidio ritmico ma di un sottofondo quasi insignificante che è il tramite narrativo che non permette a chi legge di avere la percezione dei momenti di lucidità dell’equipaggio e quelli di estraneità dalla realtà della vita del Pequod.
Il libro è lo stesso abisso di cui parla, questo è certo.
Scrittura magistrale e, oltre alla penna di Melville, riesco a sentire il Pavese che fortissimamente volle la pubblicazione in italiano di questo libro.
Mi è piaciuto molto del libro ma non molto il libro in sé e non posso spiegarmi meglio di così, spero che per voi lettori sia abbastanza.
Vuoi leggere la trama di Moby Dick? Segui questo link!
Che Dio t’aiuti, vecchio: i tuoi pensieri hanno creato in te una creatura, e a colui che dal pensiero intenso ècosì trasformato in Prometeo, un avvoltoio divora il cuore per sempre, e quest’avvoltoio è la creatura stessa ch’egli ha creato.
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