Il mondo dei colori. Una storia culturale in sette tonalità.

Il mondo dei colori. Una storia culturale in sette tonalità.

Un viaggio sfida quello di oggi, vi propongo di tuffarci all’interno di una pozza colma di colori e di lasciarli penetrare, attraverso le narici, la bocca, la pelle, dentro il nostro corpo fino a diventare noi stessi colore; il legame mondo-colore nella storia è imprescindibile: Il Mondo dei colori : una storia culturale in sette tonalità.

Questo libro è un meraviglioso viaggio ispirato al racconto persiano Haft Paykar (sette bellezze) in cui sono proprio i colori a raccontarci le loro storie e il legame che si è instaurato con la storia dell’umanità stessa, non soltanto nella storia dell’arte, ma in tutta l’evoluzione.
Il colore è un universo multiforme e sfaccettato, dato non soltanto dall’oggetto ma anche da chi lo percepisce. Chiedendo a diverse persone il colore di uno stesso oggetto potremo notare che difficilmente esse forniranno la stessa sfumatura, poiché anche la percezione del colore cambia in funzione della persona che lo osserva. Tutto ciò avviene secondo operazioni cromatiche compiute dal nostro cervello.

Il colore è un processo “una danza fra soggetti e oggetti, mente e materia”.

Grazie ai colori trovavo tanta bellezza anche nella banalità.

James Fox insegna Storia dell’Arte all’ Emmanuel College di Cambrige e con Il mondo dei colori. Una storia culturale in sette tonalità, ci accompagna in un affascinante viaggio attraverso lo sviluppo delle civiltà, prendendo in considerazione il ruolo che hanno avuto sette colori all’interno di esse.
Un saggio estremamente affascinante che apre le porte verso infiniti campi di esplorazione se si usa come punto di partenza il colore.
Nero, rosso, giallo, blu, bianco, viola, verde ed un intricato dedalo di civiltà umana che tocca non solo l’arte ma anche l’antropologia, la religione, la chimica, la biologia, la filosofia e molto altro.


Ne Il mondo a colori: una storia culturale in sette tonalità l’autore ci presenta il colore stesso come una creatura multi sfaccettata ed estremamente complessa che non è stato solamente oggetto, ma strumento socio-culturale, forma di espressione più potente del linguaggio stesso.
Affondando le mani nei colori che l’autore esplora, ci si rende conto di quanto ogni singola tonalità abbia avuto ( e ha tutt’ora) un importante influsso all’interno di ogni civiltà e del suo sviluppo.


In principio vi era solo tenebra nascosta dalla tenebra.

Incontriamo allora il colore “non colore” più odiato e temuto nella storia: il nero. Quella porta sconosciuta che ci accompagna verso l’origine di tutto. Colui che richiama la primigenia oscurità, khoshekh è il termine ebraico, duro e gutturale. Nella storia il nero è stato associato al terrore, allo sconosciuto.Negli ultimi anni però è stato rivalutato diventando l’icona assoluta dell’alta moda e del design.

I miti della creazione di tutto il mono iniziano descrivendo l’oscurità turbolenta, le tenebre in continuo movimento.

Allora non c’era ciò che non è, né ciò che è.
Non c’era lo spazio né la volta celeste che gli sta sopra. (…)
Oltre a Ciò niente altro esisteva.
Nāsadīya sūkta o Inno del principio buio, tratto dal Ragveda (1500 a.C.)

Ne Il Mondo a colori, James Fox ci spiega che non si può legare un colore singolo ad ogni civiltà. Tuttavia, in alcuni momenti storici di una data civiltà, alcuni colori hanno dominato più di altri. Penso immediatamente al meraviglioso blu oltremare negli artisti rinascimentali e dell’epoca barocca.


Il blu è uno dei colori più amati in assoluto ( lo dicono i sondaggi) ma in realtà è un colore abbastanza moderno a livello culturale. Esso infatti non esisteva prima del Medioevo. Il blu oltremare è stato creato alchemicamente e poi usato dai più grandi pittori del Rinascimento e non solo.
Scrittori come Colerige, Wordsworth,Byron, Shelley e Keats lo collegavano a fenomeni profondi e oscuri.

Invano! L’azzurro trionfa,

lo sento che canta nelle campane, anima,

che si fa voce e più ci spaventa con la sua cruda vittoria,

ed esce dal vivo metallo in celesti angelus!
Mallarmè


Questo viaggio meraviglioso de Il mondo dei colori ci conduce anche attraverso il colore del potere e della sessualità, in grado di parlare del corpo al corpo. E’ stato il colore più usato dalle civiltà primitive: il rosso, per poi accompagnarci attraverso tutti gli altri meravigliosi universi di colore e storia umana.


Un saggio coinvolgente ed emozionante. Mi piacerebbe soffermarmi ancora su ogni colore per raccontarvi ciò che mi ha maggiormente colpito, ma questo è il mio viaggio e posso solo condividerne piccole istantanee.

Spero di cuore però di aver stuzzicato la vostra curiosità con le mie parole.

Il mondo dei colori. Una storia culturale in sette tonalità.

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Altri libri della casa editrice Bollati Boringhieri:

Il continente bianco

La colonia

Con i denti

Dove mi espando io, gli occhi brillano,

Le passioni si fortificano, le sopracciglia si alzano,

i cuori battono forte.

Guardatemi, com’è bello vivere!

Contemplatemi, com’è bello vedere.

Vivere e vedere.

Lo vedo ovunque.

La vita comincia con me, tutto torna a me,

credetemi.

  Orhan Pamuk

 

 

L’aria innocente dell’estate. Solo la natura non conosce inganno

L’aria innocente dell’estate. Solo la natura non conosce inganno

Il frinire delle cicale segna i confini di un tempo non convenzionale, fra spighe e pelle ambrata, l’estate è un universo a se stante nel ciclo stagionale; tutto si muove e odora in modo differente, rallenta perfino nei pensieri, sono i giorni in cui la terra respira L’aria innocente dell’estate.

Un po’ casa, un po’ luoghi familiari fra le pagine di questo romanzo; l’ombra degli alberi che si proietta nei campi di grano appena falciati, il sudore degli agricoltori con la schiena china fra le spighe.

Mi è parso di ascoltare l’eco delle emozioni di quando ero bambina, le ginocchia graffiate dai rovi, le pozze di acqua ghiacciata che pian piano si prosciugano lasciano solo l’odore dell’umidità.

Eppure è un’altra epoca, siamo negli anni trenta, ma certe emozioni non seguono la linea orizzontale, cavalcano i tempi.

Edith è una giovane quattordicenne che ha appena finito la scuola, i suoi occhi guardano il mondo con lo stupore di chi lo ha appena conosciuto. Non si può definire una ragazza fortunata, nata alla fine della prima guerra mondiale nelle campagne inglesi segnate dalla forte depressione, figlia della sofferenza e del sacrificio.

Una ragazza è sveglia, intelligente, interessata a tante cose che non sempre sono adatte alle ragazzine della sua età. Tutto ciò basterebbe già per inserirla nella categoria delle persone particolari, ma lei è anche assetata di conoscenza e studio. Si trova a confrontarsi timidamente con la vita, a scegliere le persone che stuzzicano il desiderio di ampliare i suoi orizzonti.

La famiglia di Edith è dedita alla fatica e al sudore nei campi, proiettata solo alla sopravvivenza e alla gestione della fattoria, non c’è spazio per le frivolezze, non c’è spazio per ciò che cresce oltre il campo.

Ne L’aria innocente dell’estate gli occhi di Edith guardano con emozione e poesia ogni particolare meraviglioso che la natura sa concedere, ma piangono per i limiti del suo piccolo mondo, chiuso e intriso di dinamiche patriarcali.

Visitare i miei nonni materni significava viaggiare indietro nel tempo.

Era come se per loro tutto ciò che era moderno

(dai trasporti a motore alle strade asfaltate, fino alla radio)

non esistesse e non sarebbe mai esistito.

I passaggi fra epoche, il sospetto e la superstizione sono erbacce difficili da estirpare definitivamente, puntualmente spuntano ricordandoci a cosa e a chi apparteniamo.

Eppure, la ritualità di certi gesti che, come preghiere, si ripetono identici nonostante i decenni, quel loro sapore antico è in grado di far sentire al sicuro chi si trova in balia dell’imprevedibilità della natura.

Nell’Aria innocente dell’estate non ho potuto evitare di innamorarmi; alcuni personaggi del libro ci avvolgono nel loro essere in perfetta simbiosi con gli animali,perdendo l’atteggiamento di dominatore della natura, tipico degli esseri umani e integrandosi ad essa.

Sapevo che prima di sera avrebbe trovato il modo di sorprendermi da sola,

e quel pensiero mi metteva sul chi vive e conferiva una strana, speciale intensità a tutto ciò che mi circondava. Quando ripenso a quel giorno, mi torna in mente il cerbiatto che qualche anno prima avevamo salvato e curato:

il modo in cui si immobilizzava ogni volta che uno di noi si avvicinava al recinto.

È strano, stupido in realtà, ma certe volte mi viene da piangere al pensiero di quella povera creatura.

Melissa Harrison ha saputo sapientemente usare metafore naturali per raccontarci i passaggi della vita, la perdita dell’innocenza, le ingiustizie.

Lo fa con pennellate delicate, tutto il libro è intriso di poesia bucolica che potrebbe essere riassunto in un quadro che val la pena soffermarsi a guardare.

Antico e moderno insieme, ma soprattutto commovente ed evocativo.

Un gioiello che a Melissa è valso l’EU Prize for Literature e libro dell’anno per New Statesman, The Observer, The Irish Time e Bbc History Magazine.

Un libro adatto a chi vuole ancora un po’ di estate dell’infanzia, con i lunghi sonnellini pomeridiani, le merende all’aperto e i sogni che si intrecciano al frinire delle cicale. Un libro con un ritmo lento e consolatore, non adatto a chi cerca colpi di scena, ma sottili veli, fra magia e ricordo, da attraversare.

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Questa Constance porta il maltempo, bambina,

allo stesso modo del vento.


La Papessa di Milano.Fascino, mistero e lotte per la parità, nella Milano dei Visconti

La Papessa di Milano.Fascino, mistero e lotte per la parità, nella Milano dei Visconti

La distanza da percorrere oggi, cari viaggiatori, non è quantificabile in chilometri, ma in anni; ben ottocento, spero siate pronti per camminare nella Milano del medioevo con : La Papessa di Milano.

Chi è alla ricerca del vero, ci si potrà avvicinare soltanto facendo un approfondito lavoro di ricerca, a volte mettendosi in gioco e mettendo da parte ciò che è stato imparato dietro i banchi di scuola.
Questo perchè le epoche storiche, studiate a grandi linee e in maniera generica, possono in realtà riservare preziosi colpi di scena, scendendo nei particolari.

Addentrandoci nella vita di personaggi nascosti fra le pagine dei libri di storia.

Questo è il prezioso lavoro di riscoperta e divulgazione che compie Livio Gambarini con La Papessa di Milano.

Ci troviamo totalmente immersi nella Milano del 1200, un periodo particolarmente importante per la città e per il fermento socio-politico e religioso che preme per manifestarsi.

Grazie ad una ricostruzione minuziosa e ad un’eccellente caratterizzazione dei personaggi, La Papessa di Milano è uno dei romanzi storici più belli che io abbia mai letto.

Ci troviamo nel pieno della battaglia fra la famiglia Visconti e i Della Torre, fra guerre di potere per riappropriarsi della città.

Livio Gambarini trasforma il romanzo storico in un trascinante racconto, mai scontato e ricco di emozionanti sorprese.

Inevitabilmente ritorno ai banchi di scuola e mi domando quanto gioverebbe ai giovani conoscere anche certi particolari specifici, ma di fondamentale importanza, per una migliore comprensione del periodo. Quante curiosità, quante emozioni perse in virtù di una conoscenza generale e approssimativa.

Non si tratta solo del racconto dei fatti accaduti, ne La Papessa di Milano ci sporchiamo le mani di sangue e sudore dei cavalli, respiriamo l’olezzo delle strade e della paura di nuove ripercussioni .

Non soltanto due famiglie in lotta, ma esseri umani, non nemico ed eroe, ma personaggi di cui ho imparato ad amare le varie sfumature. Un racconto in cui non si fa il tifo per il buono o il cattivo, ma in cui si volta la pagina trattenendo il respiro per ciò che sta per accadere.
Come se non bastasse, come accade quando in una lettura di tarocchi, si estrae una carta completamente fuori luogo; c’è Maifreda.

Come le era venuto in mente di imporre l’estrema unzione a un cristiano, lei che era una donna?

La chiesa era chiarissima a riguardo,

il sacerdozio e la somministrazione dei sacramenti spettavano agli uomini.

Maifreda aveva tradito il voto di obbedienza. La sua anima era macchiata.

La Papessa di Milano mette in luce la condizione femminile dell’epoca,ma anche la volontà di alcune donne, di sovvertire il sistema, di rifondare la Chiesa, addirittura di riscrivere i fondamenti delle leggi che tenevano insieme tutto il sistema clericale.

Un nuovo Vangelo, un nuovo Papa, anzi una Papessa.

Maifreda Pirovano fù la donna che nel 1300 guidò il gruppo dei Figli dello Spirito Santo, osando rivendicare la parità dei diritti fra uomini e donne, la stessa Maifreda che celebrò nel 1300 la messa come pontefice.
Non una donna qualunque, ma una Pirovano, cioè una delle famiglie più potenti a Milano che ricoprirono importantissimi ruoli soprattutto religiosi nella Milano del Medioevo.

Maifreda e Matteo Visconti erano cugini e fra loro l’amicizia e la parentela divenne qualcosa di più …

Una donna forte, potente,che gradualmente si spoglia dei limiti imposti dalla società medioevale e dalla Chiesa. Una donna predestinata a compiere un viaggio controcorrente .


Ed ecco la storia che si ripete, la società che allunga i suoi tentacoli per bloccare chi cerca di essere diverso, soprattutto quando si parla di donne, i nomi si ripetono e riecheggiano nei millenni: strega, pazza, eretica.

Gli eventi della famiglia Visconti si intrecciano con gli arcani, raccontano di sangue, lotte, onori e tradimenti, ma raccontano anche di un Papa che vuole schiacciare ogni tentativo di deragliamento dai dettami cattolici. Bonifacio VIII fu infatti il pontefice che inasprì le regole dell’inquisizione.

La ruota della fortuna gira in modi che nessun essere umano può pienamente comprendere e questo libro ci racconta con correttezza e precisione la storia per quella che è. Intrisa di odio e rivalità, di amore rubato e di crudeltà inaudita.

Impossibile non innamorarsi di questa parte di storia, difficile non lasciarsi trascinare dall’impeto dei personaggi raccontati nella Papessa di Milano.


Un capolavoro in cui la storia è la protagonista assoluta, senza necessità di belletto.


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Se voleva cambiare le cose,

doveva essere lei a ergersi,

e a fare ciò ch’era necessario.

Weyward. A cavallo del tempo, fra donne e magia, conoscenza e istinto.

Weyward. A cavallo del tempo, fra donne e magia, conoscenza e istinto.

La bellezza di alcuni libri sta nella capacità di condurre il lettore in quel confine liminale, in cui gli universi razionalmente separati, della fantasia e della realtà, si fondono perfettamente: Weyward.

Cavalchiamo i tempi tra le pagine, imprigionate in catene familiari che ci conducono dritti sotto la pelle delle donne, dentro il cuore dei loro misteri, nelle piaghe dei loro dolori.

Tre donne danzano tra cinque secoli, si sfiorano nei sogni, si consegnano eredità partorendosi.Sono le donne Weyward.

Potrebbe essere difficile intendere il tempo come una linea proiettata verso il futuro, poiché queste donne hanno la capacità di trasformare la linea in una ruota, danzando in cerchio dentro il tempo.

Era piuttosto facile scomparire tra le pieghe della storia.

(da Il giardino segreto)

Le donne Weyward si rifiutano di stare fra le pieghe composte di una società che, in ogni tempo cerca di incasellarle nel ruolo che si addice al loro sesso.

Sono dotate di una sensibilità particolare e di curiosità selvaggia, quella spinta che porta a scavare pur sapendo che, ciò che è nascosto, non sempre andrà a loro beneficio.

Altha, Violet e Kate, ma non solo. Sono il simbolo di tutte le donne che hanno lottato per seguire il proprio istinto.

Strega.

E’ una parola che sguscia dalla bocca di un serpente,

gocciola dalla lingua densa e nera come catrame.

Non avevamo mai pensato a noi in questi termini, mia madre e io.

(…)Dopotutto mi aveva chiamato Altha.

Non Alice, che significa “nobildonna”,

né Agnes, “agnello di Dio”.

Altha. “Guaritrice”.


Strega, come donna, sono parole brutalmente strumentalizzate, nelle menti più perverse richiamano qualcosa di sporco, sordido, oscuro e proibito.
Nel cuore delle donne Weyward invece evocano unione, sostegno, conoscenza, guarigione.


Altha, Violet e Kate, ma non solo. C’è anche un piccolo cottage, appartenuto alle donne da generazioni che trasuda secoli di lotte e studi, di solitudine e lacrime.

Un piccolo luogo fisico ma senza tempo, un’ancora di salvataggio che accoglie le donne di questa famiglia che hanno bisogno di riprendere in mano la propria vita.

Le violenze scorrono fra i secoli, sono radicate nelle strutture sociali ed è difficile riuscire a divincolarsi, se non portandosi dietro un bagaglio pesante di accuse.

il continuo tentativo di plagiare le donne Weyward serpeggia attraverso le catene del tempo, si stringe attorno alla loro gola pur di piegarle e renderle conformi alle leggi degli uomini.

Strega, prostituta, madre degenere, continui e costanti sono i tentativi per tarpare loro le ali, per circoscrivere le loro capacità.

Sono state costrette a cambiare per amore o per violenza, e spesso le due cose hanno combaciato perfettamente.
Altha,Violet e Kate. Un corvo, una damigella, un’ape.

Tutto è creato dalla magia,

le foglie e gli alberi, gli uccelli e i fiori, i tassi e le volpi, gli scoiattoli e le persone …

Quindi la magia deve essere intorno a noi .

Non è soltanto un romanzo di rivendicazione femminile, tutto è pervaso da una delicatezza vibrante.
E se ci fermiamo ai piedi di un albero, in riva al fiume, nei luoghi incontaminati lo possiamo sentire anche noi.


E’ leggero come il battito d’ali di un insetto, profuma di terra umida e muschio: è il respiro della natura, è la magia che tutto pervade e che ci hanno insegnato a temere.


Possiamo idealmente allungare la mano e toccare quelle delle protagoniste di questo racconto. Non sono diverse da molte di noi, hanno soltanto bisogno di essere ricordate, perché riportando alla luce l’archetipo della donna/guaritrice/dea, possiamo trovare nuova forza e nuova spinta per risvegliare la magia anche in questo secolo.


Ringrazio la casa editrice Fazi per avermi dato la possibilità di leggere in anteprima questo prezioso libro.

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Le sorelle fatali, la mano nella mano,

corriere del mare e della terra,

così girano, girano intorno.

Tre a me, e tre a te,

E ancora treper fare nove.

Silenzio –  L’incantesimo è pronto.

William Shakespeare, Macbeth

L’apparizione. Il miracolo è guardare col cuore.

L’apparizione. Il miracolo è guardare col cuore.

Oggi miei cari viaggiatori, vi accompagno in un viaggio in Bretagna, ma non a cuor leggero, poiché ciò di cui vi voglio parlare è dell’Apparizione, scritto da Victoria Mas.

Vengo colta da uno strisciante scetticismo ogni volta che ho davanti un libro che tocca argomenti di questa portata.
La prima sensazione è quella di avere in mano un delicato e fragile oggetto che il mio stesso pensiero potrebbe incrinare.

La seconda è quella di venire travolta da una serie di emozioni che spesso fatico ad esternare, innalzando il muro del raziocinio, ma la marea in questo caso mi ha travolta.

L’apparizione ci parla di soprannaturale, nella forma di apparizioni mariane, lo fa con delicatezza e semplicità, nella piena consapevolezza della fragilità dell’argomento.


Isaac non reagiva.

Immobile,con le braccia lungo i corpo,

sembrava fissare un punto preciso nel cielo.

Come si affronta un evento di tale portata che distrugge ogni ancora e ci lascia nella deriva spirituale?


Victoria Mas non ci vuole convincere di niente. Ci accompagna davanti all’apparizione come la più silenziosa delle guide, ci racconta i fatti e poi sta a noi decidere quale emozione ascoltare.

Ho sentito l’inevitabile spirito di adattamento che devono aver vissuto i personaggi.
Credere per fede o attendere i fatti. Ascoltare il cuore, perdendosi negli occhi di un giovane che vive l’estasi dell’apparizione, o restare ancorati alla realtà nuda e cruda.

Una comunità intera si adatta e si plasma in base a questo evento che la scuote come un terremoto interiore.


La semplicità degli occhi di un ragazzo, incontra la fede incondizionata, lo scetticismo, la paura.


Si scontra anche con l’incredulità di chi si sente migliore, di chi è convinto di meritare quel dono.
La folla esige prove, si lascia contagiare dalla necessità di toccare anche ciò che è intangibile.
La folla ironizza quando non trova la via per comprendere qualcosa che è fuori dal comune, si infuria quando non è in grado di comprendere ciò che va oltre la quotidianità.


Nell’Apparizione si sottolineano i caratteri psicologici di una piccola comunità isolata.

I ruoli sociali sono molto chiari e spesso chi detiene certi poteri e si sente escluso da ciò che non gli è chiaro, tende a trascinare le folle verso la deriva del cinismo, verso la paura di ciò che non si conosce, fino a sfociare in violenza.


C’è una frase simbolica in questo libro che evidenzia un altro aspetto spesso poco preso in considerazione:

In tutta sincerità spero che quel ragazzo dica il falso (…).

Essere veggenti non è mai una buona cosa.


Un evento di tale intensità porta necessariamente ad un cambiamento che, all’interno di ogni abitante, assume mille sfaccettature differenti.

Spesso chi ha questo genere di “apparizioni” è costretto a passare nel setaccio delle opinioni altrui.

Gli scettici vorrebbero sezionarlo in laboratorio pur di trovare il fattore scatenante, i bisognosi di un miracolo personale rivendicano il loro diritto ad essere parte attiva nell’evento.
Nella sua semplicità questa frase identifica il calvario che deve vivere chi si trova in questa particolare condizione.

Dio in persona sarebbe potuto apparire in quel momento

e loro avrebbero voluto vedere di più, si,

avere più prove, più concretezza:

era dal tempo di Abramo che gli uomini non si accontentavano mai.


L’apparizione ci lascia liberi di scegliere la chiave di lettura che più si avvicina al nostro sentire, avvicinandoci agli abitanti dell’isola e presentandoli nella loro umanità e fragilità.

L’analisi di suor Anne, delle sue aspettative e della sua reticenza sorprendono e lasciano senza fiato.

Alla fine aveva capito che si può peccare anche solo aspettandosi qualcosa.


Dopo Il ballo delle pazze, le aspettative verso il nuovo libro di Victoria Mas erano davvero le più disparate,ma l’autrice è riuscita a sorprendermi totalmente.
Nella sua semplicità L’apparizione è un libro dalle mille sfumature, un piccolo, prezioso gioiello.

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“Sei coraggioso ad accettare l’ignoto”

“E’ lì che troviamo noi stessi credo”

I chiostri di New York. Volta l’arcano dell’ambizione

I chiostri di New York. Volta l’arcano dell’ambizione

L’imprevedibilità della vita porta l’animo umano all’inevitabile curiosità verso il domani, lo racconta la storia, ce ne parlano le carte e le pagine dei Chiostri di New York.


Ci affanniamo continuamente a scavare, sondare, analizzare questo misterioso universo che è la vita, una curiosità che abbiamo coltivato fin dai tempi passati.
Bastava un fulmine scagliato su un albero per pensare all’ira degli dei, o una settima figlia femmina per portare sventura.
Leggende, superstizioni, letture delle varie sfaccettature della vita.


Quando la maestria umana però riesce ad incasellare la sfida dell’uomo con il destino, allora nascono cose davvero preziose.
A quel punto coppe e bastoni non diventano solo scommesse da fare su un tavolo in compagnia di amici.


Le carte si vestono di arte arcana, trasformandosi nel chiaro segno, nella risposta alla domanda, nel responso dell’oracolo.

Tra l’egittomania della Francia del XVIII secolo e l’atmosfera di una corte che amava segreti e misteri,

i tarocchi svilupparono un uso completamente differente.

Ma credo che ci sia ancora da dibattere sulle pratiche occulte nel XV secolo,

specialmente nelle zone tra Venezia, Ferrara e Milano.

Un’area che era una specie di triangolo d’oro per pratiche magiche sperimentali.

Ne I chiostri di New York c’è la ricerca del segreto a tutti i costi e con ogni mezzo, lecito o meno.


Passeggiare tra gli antichi chiostri del museo di Cloister deve aver avuto un grande fascino per la giovane ricercatrice Ann.

Intricati labirinti nei quali la via d’uscita non sempre è chiara.

Ma in lei c’è la passione verso la ricerca, l’emozione nell’avvicinarsi ad oggetti dal valore simbolico, che risalgono a secoli addietro.
La passione verso la conoscenza è un tarlo che non lascia mai in pace, né di giorno, né di notte; logora fino a che non raggiunge il più alto grado di soddisfacimento.
A volte però la tenacia verso questa ricerca può portare ad abbattere tutto ciò che ci sta intorno, oggetti e persone, che assumono valore in base all’uso che se ne farà per raggiungere l’obiettivo.

Nei Chiostri di New York, oltre alla ricerca storico artistica del primo mazzo di carte usato per la divinazione, si intrecciano vite e storie d’amore, raramente oneste, troppo spesso manipolate.

Dal gioco delle carte al gioco mortale.

Ciò che più ho amato in queste pagine è stata l’interessante fusione tra storia, storia dell’arte e storia dell’occulto.

C’era bisogno di un po’ di magia per rendere sopportabile un’infanzia opprimente.

Così fra le pieghe di una Papessa che cela le vesti della Sacerdotessa, restano incastrati ricordi, fantasmi del passato che riemergono a ricordare chi siamo veramente.
Altre volte l’asso di spade taglia tutto senza guardarsi indietro, decapitando ogni bocciolo di sincera tenerezza.

I Chiostri di New York sono l’esordio narrativo di Kathy Hays che, da sapiente insegnate di storia dell’arte, ha saputo dosare mistero, storia e qualche goccia letale di Belladonna.

Quando il destino è già scritto,

l’ambizione può uccidere

La tensione è palpabile fra le pagine, ma anche la determinazione ad ottenere ciò che si desidera a tutti costi . Come se un nuovo arcano maggiore torreggiasse su tutti: l’ambizione.
Ma c’è anche chi, nel silenzio apparente delle carte, sa trovare rivelazioni e un indomito coraggio per crederci ciecamente.
Mi sono domandata alla fine, se fossero proprio le carte a decidere il destino degli uomini e non solo a raccontarlo.

I chiostri di New York

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Sostenevamo che le carte, come molte cose nella vita durante il Rinascimento, avessero un duplice scopo:erano sì usate per giocare ai tarocchi, ma anche per predire il futuro.