Non chiedere chi ha vinto, non ha vinto nessuno; con questa frase di Oriana Fallaci, vorrei accompagnarvi fra le righe del libro La cosa più bella.
Cari viaggiatori, questa volta torniamo indietro nel tempo, fino agli anni più bui della storia del nostro pianeta. 1944, seconda guerra mondiale e un paesino del centro Italia in cui da tempo non splende il sole.
La fame, il terrore, le malattie e la lotta continua alla sopravvivenza attanagliano gli animi degli abitanti annebbiando la vista e i pensieri.
Un paese”cannibale”, questa è la parola che mi viene in mente quando penso alle pagine appena lette di La cosa più bella.
Poveri sempre più poveri e ricchi sempre più miseri, disposti qualsiasi cosa pur di conservare almeno un’apparenza del loro status.
Come un branco di cani randagi a cui è stato lanciato un tozzo di pane duro, sopravvive solo il più forte.
Anche le forze stanno però scemando nel paese di Clara Bibbio, maestra senza più scolari in una scuola di macerie.
Eravamo mezzadri, i padroni ancora mangiavano, ma noi, noi che avevamo? Niente. Mio padre si era impegnato anche la camicia per permettermi di studiare da maestra, ma la guerra si era portata via tutto.
Niente: cio’ che è rimasto alla povera gente, l’unica speranza è nel giorno che verrà.
Sopravvivere non soltanto ai tedeschi, ma anche al gelo, alla fame, alla desolazione più assoluta.
Sopravvivere a se stessi.
Eppure anche nella sofferenza è possibile credere, guardare qualcuno negli occhi e amare.
Clara ha il coraggio di guardare le persone oltre il loro status, oltre la parte che recitano e il vestito che indossano.
CLARA HA CORAGGIO,
oltre la fame, i sopprusi, il gelo che spacca la carne, Clara vuole credere nell’amore e sentirsi viva.
Un romanzo diverso dalle mie solite letture eppure una sorpresa.
La mia paura era quella di trovarmi davanti ad un libro sdolcinato e traboccante d’amore fuori luogo, mi sono sbagliata. Questo romanzo porta le grida della disperazione, il freddo di una pistola puntata alla schiena, l’indescrivibile consapevolezza di aver perduto ogni potere sul proprio destino. Cristina Barberis non ci parla di una semplice storia d’amore, ma di una lotta interiore profonda, per non scendere a patti con la propria coscienza e riuscire a superare il giudizio per le proprie scelte.
Un libro che trabocca di emozioni e trascina senza pietà dentro la guerra, non solo quella fatta di sparatorie e sangue, ma anche quella quotidiana, fatta di emozioni e persone .
Siamo Foresta io e te, sembra quasi una frase magica.
Parole sempre più lontane dalla nostra percezione.
Una natura selvaggia e prorompente, che si rivela nella sua bellezza è per noi qualcosa di distante e separato.
Eppure in ogni istante lei ci racconta che siamo parte di un tutto, parte di una foresta che ogni anno soffre sempre un pò di più e noi siamo sempre più lontani da lei.
Nadia Al Omari e Richolly Rosazza hanno fuso dolci e toccanti parole ad immagini delicate e dai colori tenui, per introdurre i bambini ad un argomento non facile.
Lo fanno accompagnandoci nel sogno di una bambina.
All’improvviso ho sentito un rumore assordante. La foresta ha gridato e l’eco mi ha raggiunta. E’ stato spaventoso.
La piccola sa già da dove proviene l’urlo di dolore. Osserva, respira, cerca il contatto, cerca il suo cuore ma…
I battiti che sentivo rimbombare non erano quelli del tuo cuore, ma dei passi pesanti di chi gli alberi li porta via.
E’solo un sogno? Si, per questa volta.
Le illustrazioni su due pagine di Siamo foresta io e te ci invitano ad esplorare mentre veniamo avvolti da un’atmosfera calda e sognante.
Non occorrono tante parole, il segreto è osservare con attenzione ogni piccolo particolare.
Siamo nella foresta, possiamo toccare le ali del pappagallo, nasconderci fra le grandi foglie o perfino fare amicizia con una piccola scimmietta .
Tutto è vita e la bambina può osservare il suo gigante da lontano, può salire sui suoi rami e scrutare l’orizzonte, vedere il resto del mondo in tutte le sue sfumature, belle e brutte.
Ancora una volta lo sguardo di Jana, mia figlia di 9 anni, verso Siamo foresta io e te è riuscito a sorprendermi. Non ha avuto bisogno di molte parole, ma teneva il libro stretto vicino al cuore e i suoi occhi brillavano di speranza e amarezza:
” Non siamo divisi in questo mondo, facciamo parte di creature a cui spesso non ci avviciniamo perchè sembrano molto distanti dal nostro modo di comunicare. Ho capito che non servono le parole quando si appartiene l’uno all’altro, solo il rispetto e l’amore”.
Cammina sicura nella foresta poichè niente le potrà mai accadere, lei è nel suo luogo del cuore, ama e viene amata, lei è foresta e noi siamo lei.
Aria, luce, verde.
Chiudo un libro, ma resta aperta la porta del cuore.
Oggi cari viaggiatori, L’Alchimista Imperfetta ci apre le porte del grande castello di Pembroke, la contessa vi indica le scale che si inerpicano fino all’ultimo piano, ci sta invitando nel suo laboratorio e vi da il benvenuto, siate cauti e buona esplorazione!
Siamo in Inghilterra a cavallo tra il 1500 e il 1600, periodo di grande fermento politico e sociale, il Rinascimento avanza e le menti di molti nobili si lasciano solleticare dalla passione per la poesia e lo studio della filosofia.
Non tocca a tutti la stessa sorte però, come sempre, se non si ha la fortuna di nascere fra trine e merletti la conoscenza si paga a caro prezzo.
Nonostante l’era delle innovazioni sia sempre più luminosa, ancora si muore per accuse di stregoneria.
Specialmente se si è donne, se si nasce con la voglia di aiutare gli altri e con la malsana curiosità di conoscere ciò che ancora, resta appannaggio di pochi, così nasce L’Alchimista Imperfetta.
Rose e Mary sono due donne estremamente diverse che stringono un legame prezioso grazie ad una serie di apparenti casualità, ma, come direbbe l’Alchimista Imperfetta:
“Gli incontri non accadono mai per caso”
Un libro nel quale si respira prepotentemente la contrapposizione tra vecchio e nuovo, tra la voglia di evolversi a nuove conoscenze e lasciarsi andare liberamente al proprio sentire e l’ignoranza che opprime i cuori, rifiutando e condannando ogni forma di conoscenza che non sia quella canonica.
Le due donne si incontrano in questo clima difficile e stimolante al contempo.
Rose, figlia di una donna sopravvissuta alla condanna per stregoneria, ma destinata a non poter togliere mai questa macchia dal suo nome.
Ha la capacità di vedere e disegnare ciò che sta oltre il velo, determinata e sicura, una donna destinata al rogo se Mary non l’avesse protetta tra le mura di Pembroke.
Quel pomeriggio, Simon tracciò un cerchio e accendemmo candele ai quattro punti cardinali, rivolgendoci verso ciascuna delle quattro direzioni.
Poi mi chiese di invocare gli elementi della terra e dell’acqua, data la mia affinità con il mondo naturale, mentre lui evocò il fuoco e l’aria.
Mary Sidney Herbert è un personaggio storico che si è distinto nell’Inghilterra rinascimentale per la sua mente geniale e le sue capacità letterarie.
Una donna all’avanguardia, capace di distinguersi anche nei salotti letterari destinati soltanto agli uomini.
La sua posizione in società le è stata da aiuto e da prigione, si è spesso trovata costretta a dover mediare la sua creatività e i suoi comportamenti pur di accondiscendere al volere di un marito che la amava “secondo gli stereotipi del tempo“, ma lei voleva e meritava molto di più.
Sono e non sono; congelo eppure brucio, ché da me in un altro me son tramutata.
Amica della regina, si ritiene che il suo dramma su Antonio e Cleopatra abbia persino influenzato Shakespeare.
Partendo dalle attestazioni storiche della Contessa di Pembroke , l’autrice Naomi Miller costruisce il delicato romanzo L’Alchimista imperfetta, dove la vita di due donne di origini estremamente diverse si intrecciano indissolubilmente come in un uroboro.
Due anime legate dal bisogno di rompere gli schemi oppressivi dell’epoca, che le voleva intrise di etichetta, apparente pudore e sempre un passo indietro agli uomini.
Complici le passioni per la letteratura, il disegno, l’alchimia e le erbe, esse riescono a lasciare un segno in un’epoca solo apparentemente illuminata. I capitoli scorrono descrivendo sempre il punto di vista e il vissuto delle due protagoniste, una strategia utile per sottolineare come la differente provenienza delle due donne le conduca a soluzioni e strategie diverse.
L’unico appunto che mi sento di fare è che la doppia descrizione di un medesimo fatto a lungo andare ha rischiato di appesantire il racconto. L’Alchimista Imperfetta scorre seguendo il processo dell’Opus Alchymicum e, attraverso Nigredo, Albedo e Rubedo le vite delle protagoniste si intrecciano, si innalzano, prendono forma nella loro espressione artistica, fino ad arrivare alla comprensione alchemica che :
il fine non è la conclusione, ma, come l’uroboro, la continua ricerca attraverso la conoscenza.
L’interezza può nascere da frammenti ricomposti nel modo giusto
Prima di approdare nel mondo fatato di Malice, cari viaggiatori, voglio che teniate bene a mente una frase: spesso ciò che luccica è soltanto illusione.
Stiamo per superare le barriere del conformismo e giungere in un regno felice solo in apparenza, un luogo in cui serpeggiano malessere e divisioni.
Le fiabe, prima o poi le abbiamo lette un po’ tutti, ci hanno trascinato dentro mondi onirici patinati e scintillanti, fatti di baci in grado di guarire ogni malanno. Sono baci del vero amore, ad uso esclusivo di principi e principesse. Baci elargiti esclusivamente a patto di essere miti donzelle in pericolo, la cui unica salvezza dalla cattiveria di streghe e orchi, può essere un maschio ( meglio se bianco e dal capello biondo) a cavallo del suo destriero.
Notate un po’ di rabbia nelle mie parole? Non posso farne a meno.
Ruoli precisi e personaggi perfettamente incasellati all’interno del sistema patriarcale. Icone perfette del bello e del giusto, preconfezionate per le giovani menti e pronte per essere emulate. Se poi per sbaglio però capita di nascere povera, meno bella, o con qualche caratteristica non solo fisica che contraddistingue dalla massa … beh peggio per noi, nelle fiabe non sono contemplati gli errori.
E cosa accade quando il disprezzo, il senso di colpa e di inadeguatezza vengono perpetrati nel tempo? Nasce il mostro.
Con questi presupposti nasce il mondo di Malice, per assestare un calcio al muro degli stereotipi di genere.
Una protagonista il cui destino è stato segnato dal colore del proprio sangue, dalle divisioni sociali di un popolo schiavo e schiavista contemporaneamente.
Un regno manipolatore e ossessionato, che vive apparentemente felice all’interno di stereotipi molto rigidi che, un po’ per paura, un po’ per incapacità, non riesce a superare.
La diversità diventa l’arma da scagliare contro.
Alyce ne paga il duro prezzo da tutta la vita, perché lei non è e non sarà mai una Grazia, a lei è riservato il titolo di Grazia Oscura.
Grazia, come no. Esiliata in una stanza ricavata da uno sgabuzzino della cucina . Somiglia più all’antro di un drago che al salottino di una Grazia. L’Antro della Grazia Oscura.
Malice non è solo il retelling di una fiaba molto conosciuta, è il seme di una lotta per spezzare le catene del giudizio.
La rabbia e l’umiliazione danzano dentro di me, le loro spine affondano nella mia pelle, nelle ossa. Il mio sguardo si vela di rosso, vorrei solo poter dare a queste persone ciò che desiderano. Sputare sulle loro facce il mio maledettissimo sangue e vederle appassire. Avvelenare il loro vino. Ucciderne i loro figli.
Lo stile narrativo è semplice ma accurato, le descrizioni minuziose ci proiettano all’interno delle terre di Briar.
Avrei preferito sentirmi maggiormente trascinata dentro i cuori delle due donne protagoniste, assaporarne le sfumature delle loro emozioni, vivere la magia di un sentimento che cresce.
Ho trovato invece deliziosa la descrizione del riconoscimento del proprio potere, un’entità viva che cresce dentro Alyce .
Potere come simbolo che autorizza Alyce ad essere pienamente se stessa, compresa la rabbia e l’enorme forza distruttiva che la vita di accuse e frustrazioni le ha fatto crescere dentro.
Ora il cucciolo sporco e abbandonato si trasforma nella creatura potente e indistruttibile.
Alyce trasmuta il proprio dolore in devastazione contro chi l’ha sempre sminuita, contro chi non ha mai saputo guardare oltre e non ha mai creduto in lei.
Se vogliono un mostro, ne avranno uno.
Nelle parole di Malice si sente fortemente la lotta interiore delle protagoniste fra l’accettazione di ciò che sono, e ciò che invece devono essere, pur di sentirsi integrate nel loro mondo di falsità.
Una lotta che conosciamo molto bene anche nella realtà e che spesso, con grande dolore, ci costringe a trovare soluzioni che imbrigliano in compromessi troppo stretti.
Malice è il primo di una dilogia, attendo la traduzione in italiano del prossimo libro per proseguire con il racconto.
Lo aspetto perché l’ultima pagina mi ha lasciata con l’amaro in bocca e una domanda costante: quando il mostro viene spinto all’estremo, quando la sua rabbia e desiderio di vendetta diventano incontenibili, è sempre e solo colpa del mostro?
Ormai non posso più nascondermi: nutro una passione smodata per le creature dell’oscurità …
Gabriel Pacheco e Chiara Lossani con il libro illustrato Barbablù ci accompagnano dentro una fiaba conosciuta, donandole sfumature insolite e atmosfere teatrali.
Un viaggio sorprendente ed inaspettato, questa volta cari lettori possiamo decidere se salire su un tappeto volante o a cavallo di un pennello che gocciola tempera; scegliete voi e che sia un buon viaggio!
Pacheco si conferma ancora una volta, per me e mia figlia Jana, l’illustratore in possesso della scintilla che ci ha stimolate a leggere e scoprire anche nella stagione più calda.
Quando arriva il crepuscolo cadono i veli, insieme a Jana proseguiamo il viaggio nella scoperta di storie vecchie e nuove, di libri che sprigionano caroselli di immagini dal carisma incontenibile e parole che restano dentro al cuore; come il seme dentro la terra, in attesa del momento giusto per germogliare.
Aprire Barbablù è come sprofondare nella barba irsuta e blu del mostro, dice Jana.
In effetti la maestria di questo fantastico illustratore è stata proprio quella di riuscire ad associare sensazioni pesanti e soffocanti ad un colore solitamente associato ad emozioni ben più leggere. Il blu diventa plumbeo, quasi grigio e altre volte freddo e crudele come una lama.
Nettamente diverso dal blu che vira verso l’avvolgente azzurro, soffice e confortevole dell’Aggiustacuori.
I disegni sono di una bellezza spettacolare, eterei e quasi surreali, ricchi di mille sfaccettature e particolari, dentro ogni pagina si può perdere la cognizione del tempo poichè si viene risucchiati dalla loro intensità. Si può perdere l’orientamento nel guardare il paesaggio alle porte del castello o nel rigoglioso giardino delle sorelle Il viso e gli occhi delle donne sono eleganti, magici, in perfetto equilibrio fra sogno e fiaba.
Occhi nascosti da un alone scuro, pozzi profondi nei quali smarrirsi.
Domina il blu, soffocante ed oppressivo, blu è la barba dell’uomo crudele, il libro di Anna nel suo giardino, i cavalli che corrono all’impazzata nel bosco, il blu vira verso il gelo profondo quando si arriva al suo castello e blu sono i nastri che adornano Catia e la legano, facendola diventare la nuova moglie di Barbablù.
Solo una volpe rompe lo schema, la stessa volpe che ritroveremo nella stanza degli orrori.
Le figue esili ed eleganti si congedano ed il sipario si chiude soltanto per un istante, prima di riaprirsi l’immaginario veste nuovi abiti, quelli del racconto che Chiara Lossani ci propone in una nuova sfumatura.
Lei miscela sapientemente la fiaba di Perraul al libro di Clarissa Pinkola Estès “Donne che corrono coi lupi”.
Il segreto del Signor Barbablù
É Catia a raccontare del suo viaggio all’interno del castello e della sua curiosità che non si placa, ci accompagna fino all’inferno, dentro la stanza degli orrori, dove la chiave, dal grande valore simbolico, si sporca di sangue.
“Ha le mani che sembrano zampe!”
“Ma quanti anelli!”
“Ha occhi senza luce…”
“Ma è così gentile!”
“Dicono che nel suo castello nasconda un segreto…”
La determinazione, il coraggio e il supporto costante della sua amata sorella Anna la porteranno ad un nuovo rifiorire, distruggendo la catena di morte e disperazione che l’aveva preceduta e portando la vita della donna ad una nuova primavera.
Le terrificanti scoperte del dottor Kraus.Le Cogas è un meraviglioso libro illustrato da Ilenia Loddo che riesce a dare forma ad una fra le creature più temute del leggendario mondo sardo.
Cari lettori, mentre vi trovate in mezzo al mare state pensando se la scelta di viaggiare su un vecchio galeone dei pirati sia stata quella giusta? Tenetevi forte perché la vera avventura inizierà dopo aver toccato terra! Anche il capitano scruta l’orizzonte e i suoi occhi scintillano al ricordo delle innumerevoli leggende legate all’isola di Ichnusa, allo stesso tempo un brivido gli percorre la schiena, poiché strane creature abitano quell’isola. Alcune si celano fra gli abitanti dei paesini nascosti fra le rocce di granito, hanno occhi di donna e sono molto, molto pericolose. Inutile continuare a rimuginare, in lontananza già si vedono le spigolose coste della Sardegna.
Dalla maestria dell’illustratrice Ilenia Loddo è nato Le terrificanti scoperte del dottor Kraus.Le Cogas i cui personaggi sono vivi e pulsanti nella loro oscurità: spiriti antichi e leggendari che da tempo immemore affollano i racconti de “sos contos de foghile” “i racconti che anticamente venivano fatti attorno al fuoco”.
Veniamo immediatamente catapultati nell’immaginario più terrificante dell’isola, lasciando che lo smarrimento più totale ci pervada e l’oscurità delle pagine ci tolga il fiato. L’unica via di scampo?
Forse seguire gli occhi brillanti di una creatura felina.
Si raccontano storie in Sardegna da così tanti anni che ormai è difficile delineare il confine tra realtà e leggenda. Il dottor Kraus, Rufus Kraus, fu un esploratore che proprio in Sardegna perse la vita in un tragico incidente. Approdò nell’isola per indagare sulla veridicità di alcune inquietanti leggende e su alcuni personaggi insoliti: Le Cogas, terrificanti creature predatrici di vita.
Sono Rufus Kraus, o meglio, ero Rufus Kraus.
Un tempo professore e grande studioso di fenomeni naturali,
ora fantasma
Durante il giorno esse si confondono perfettamente con gli abitanti del paese. Assumono le sembianze di giovani donne, ma in realtà si tratta di creature mutaforma che di notte si aggirano alla ricerca di sangue.
Villacidro- Medio Campidano- Sud della Sardegna
È in questo paese,
sorto ai piedi del Monte Linas,
che sono nate storie su creature terrificanti,
da fare invidia a quelle che hanno animato i migliori
racconti horror del mondo.
Proprio qui, da secoli, vivono
le Cogas,
temibili streghe vampiro
Prima del suo incidente il dottor Kraus riuscì ad identificare alcuni precisi indizi che potevano essere d’aiuto nell’identificare queste creature.
Si può nascere Cogas se si è la settima figlia femmina oppure si può diventare una creatura oscura attraverso rituali che l’esploratore ci descriverà. Ma perché queste creature sono tanto temute? Perché la notte si introducono nelle case in cui c’è un nuovo nato per succhiarne tutto il sangue!
Prediligono i neonati non ancora battezzati,
creaturine innocenti e dal dolce sapore.
Spesso li soffocano dopo averli assaggiati;
altre volte li rapiscono e li tengono in vita
per divorarli lentamente.
Gli abitanti dell’isola mettono in atto tutta una serie di rituali per impedire alle Cogas di introdursi in casa e per preservare la vita del bambino.
Ilenia Loddo con Le terrificanti scoperte del dottor Kraus.Le Cogas attinge a piene mani nelle leggende di quest’isola misteriosa dando una forma a delle creature che, almeno una volta, hanno frequentato gli incubi peggiori di noi sardi.
Un illustrato per adulti e ragazzini coraggiosi. Solo fantasia? Venite a scoprirlo… Attendiamo con impazienza nuove avventure!
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