La collana di cui fa parte questo volume è Memorie dal Futuro e il titolo dell’opera solista del 2023, la di cui firma è Nicola Catellani, è Futuri Inattesi.
Per chi ancora non lo sapesse, per poter far parte della collana Memorie dal Futuro è necessario essersi distinti più volte nel Trofeo RiLL.
Questa monografia di Nicola Catellani non era inattesa, anzi.
Futuri Inattesi era da me attesa anche non sapendo che sarebbe stata pubblicata.
Lo stile di Nicola, spero mi permetta di potergli dare del Tu, è camaleontico.
Non c’è Io narrante che lo metta a disagio, non esiste impostazione di linguaggio che lo intimorisca, Lui prende la penna e sferza racconti che sono intrisi di fantascienza e irrealtà a tal punto che me li vedo accadere in salotto…
Come se fossi presente anche io.
Chi non ha mai incontrato Quel signore in salotto sta mentendo e io lo so.
Il primo racconto dell’antologia è Tutto calmo, tutto lucente mi ha fatto pensare al Vangelo e non solo perché è ambientato a ridosso delle festività natalizie.
In fondo quando si parla di creature cosmiche anche il microbo spaziale più lontano è fratello del Salvatore della Cristianità, no?
“In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me.” (Vangelo secondo Matteo)
Ed è bene ricordarlo, può salvarvi la vita e non solo.
Un solo atto di gentilezza può anche risollevare una vita che aveva perso il suo significato e Il fantastico Binomio dimostra che: le parole hanno un peso ma lo ha anche lo spirito con cui le si legge e le si pronuncia.
Futuri Inattesi è un ricettacolo di vita reale ambientato in un milione di mondi che non esistono ma stazionano al di là della superficie dello specchio che riflette il nostro.
Nicola che, ormai, dopo aver più volte letto i suoi racconti, è diventato come un amico ci racconta anche di un futuro che non è affatto lontano se l’umanità continua su questa china.
Quando di noi rimarrà solo un vecchio apparecchio radio che racconta le nostre storie, forse scopriremo che l’umanità avrà bisogno, di nuovo, di essere salvata dalle parole di chi non avrà paura di osare anche solo un pochino.
Futuri Inattesi non è una sorpresa che mi è piombata in mano, non è un gioco di stile da parte del suo autore e del suo curatore ma è una un insieme di presenti di cui non possiamo rinnegare l’attualità e la necessità.
Come sempre non posso fare altro che ringraziare l’associazione RiLL e tutti gli autori per queste fantastiche opere che mi onorate di poter leggere.
Volete sapere dove trovare Futuri Inattesi? Schiacciate la parola LINK
“… tutte le storie del mondo infondo sono contenute nelle ventisei lettere dell’alfabeto. Le lettere sono sempre le stesse, sono solo le combinazioni che cambiano. E con le stesse lettere si formano parole, con le parole frasi, con le frasi capitoli e con i capitoli storie.”
Il 2023 mi ha regalato molte ose, come spesso mi capita negli anni dispari, tra queste mi trovo tra le mani, cosa ceh accade anche negli anni pari, una delle favolose antologie di racconti del Trofeo RiLL. Il racconto vincitore del Trofeo è “Le case che abbiamo perso” di Francesco Corigliano e come da consuetudine il racconto battezza l’antologia.
Le case che abbiamo perso è un racconto che va letto ben più di una volta.
In esso ci sono più significati di quelli ceh si possono contare sulle dita di una mano.
Quanti sono i pezzi di se stessi che si possono perdere prima di considerarsi davvero perduti?
Quanto può sopportare l’essere umano prima di lasciare andare alla deriva tutto quello che ritiene importante e lo ancora a questo mondo?
Voi sapete rispondere? Io no.
Ho perso molte case, ho lasciato andare delle parti di me che erano importanti e non torneranno più.
Posso ancora considerarmi una persona intera? Costruire una mia interezza che porta in sé anche i buchi delle mancanze e gli oboli pagati perché esse non mi distruggessero?
Rispondere non è semplice.
Afferrare quello che questo racconto trasmette è complicato, al termine della lettura ero come confusa.
“Questo lo ricordo. Il dolore è una buona colla per la memoria, no?”
A proposito di perdersi…
Le case che abbiamo perso nasconde molti altri racconti
Un altro racconto che mi ha colpita è La Pinza Storica di Talita Isla e vincitore del Premio Visiones 2023.
Se la Terra smettesse di muoversi e l’umanità fosse al capolinea, come si potrebbe scegliere di non morire?
Il nostro corpo dovrebbe essere conservato e la non coscienza preservata e in mondo, il nostro, in cui l’IA sta facendo passi da gigante non sembra totalmente lontano lo spazio di cui l’autrice ci parla in questo racconto.
Quando ormai si è solo una coscienza racchiusa in una stringa di codice, si potrà scegliere se avere una coscienza che può ancora essere determinante per altre vite che sono alla deriva o saremo ancora vittime dell’egoismo che non ci permetterà di accogliere l’Altro?
Ogni anno mi è difficile parlare di tutti i racconti che racchiudono l’antologia, posso solo dire che ognuno merita di essere letto e che ognuno ha un lettore che lo aspetta.
Nella sezione dedicata al concorso SFIDA non potete perdere Dove i morti viaggiano veloci che rielabora l’antica leggenda di un incontro che è prefissato e nessuno di noi può sperare di sfuggire, nemmeno tentando di cambiare strada.
Tra voi, miei lettori, so che si celano anime romantiche e allora il racconto di Laura Silvestri fa per voi: Assuntina e la Luna non vi deve sfuggire.
Purtroppo per me, lo spazio è troppo poco, mi servirebbe un server per parlarvi di ogni singola antologia ma vi lascio in fondo all’articolo l’indirizzo del sito dei RiLL dove potrete acquistare le antologie nate dal Trofeo RiLL e, perché no, scoprire come potere partecipare voi stessi al Trofeo con un vostro racconto.
Ringrazio l’associazione RiLL per avermi permesso anche quest’anno di potere addentrarmi nella meraviglia del Trofeo RiLL e dintorni.
Al prossimo anno!
Volete raggiungere l’associazione RiLL? Ecco a voi l’indirizzo che state cercando https://www.rill.it/
Ecco perchè non dobbiamo lasciare corpi negli edifici. Perchè quelli che conoscono la nostra morte, divengono dimentichi della propria; e della morte si fanno alfieri, quei cimiteri ambulanti, a ricordarci che la steppa nonè, e mai sarà, terra nostra.”
La vita non la scegliamo, questo si sa, ma alle volte le condizioni sono talmente avverse da non farci trovare una via di fuga, nemmeno per tirare un respiro; Kia lo sa e non ha più paura di Passeggiare la notte.
Leila Mottley è al suo romanzo d’esordio, ma il suo libro è già stato inserito tra i finalisti del Booker Prize. La sua è stata una scelta davvero audace e per niente semplice, ci trascina per i capelli dentro la periferia di Oakland, in California.
Qui la vita non è fare esperienza, è sopravvivere, giorno dopo giorno, cercando di mangiare e pagare qualche bolletta. Kia ha solo diciassette anni e l’esperienza di una quarantenne, ha la pelle e il cuore scottati dalla vita che vuole solo prenderla a calci. Degrado, fame, emarginazione; persino le buche nella strada parlano di un quartiere completamente abbandonato, di abitanti che cercano di andare avanti come possono, di non annegare nella disperazione.
Passeggiare la notte è un romanzo che taglia le vene, crudo come solo la vita sa essere, descritto mirabilmente con il corpo e la pelle di Kiara.
Il corpo è l’unica cosa che le rimane ed è poco più che una bambina, nessuna possibilità di studio, nessuna prospettiva di lavoro. Marcus, suo frastello, affoga il dolore nelle rime stentate della musica rap, sognando di diventare famoso. Si nutre di sogni, mentre Kia vuole cibo e soldi per pagare l’affitto, per cercare in qualche modo ti tenere unito quel poco che rimane di una famiglia. Ormai il vuoto preme, il padre è morto, la sorellina pure, la mamma ha tentato il suicidio e offre soluzioni in cambio di redenzione. Purtroppo ciò che hanno visto i due fratelli è davvero troppo per non lasciare un segno indelebile, per fargli smettere di pensare al perdono ma soltanto alla sopravvivenza a tutti i costi.
Ancheggia, rallenta, accelera.
Ci sono tantissimi modi di passeggiare per la strada,
ma nessuno ti renderà immune ai proiettili.
Kia si arrende alla strada, dopo l’ennesimo no, dopo che ogni tentativo di normalità ha ottenuto solo una porta in faccia. Veste la sua pelle di corazze e diviene insensibile, ora tutto può attraversarla, lei non sentirà niente, nemmeno le botte, le pistole puntate alla fronte, il bisogno degli uomini di sentirsi potenti sul suo corpo fragile. Almeno in questo modo l’affitto sarà pagato e ci sarà cibo in tavola. Non lo fa soltanto per se stessa, c’è anche Trevor, piccola creatura venuta al mondo per crescere da sola, guardando la madre vivere per una nuova dose. Anche lui deve mangiare, anche lui merita di vivere.
Questo bambino è una meraviglia.
La mia pioggia di autunno.
L’ultima immagine che ho del sole prima che tramonti.
Il giorno non è possibile senza Trevor.
Non sono neanche sicura che il sole esista, senza Trevor.
Vite difficili che si incrociano e si fondono, anche se la lotta è continua e quotidiana, anche se non c’è mai tempo per tirare respiro o per dormire sereni, c’è comunque spazio per l’amore. Un amore che assume forme particolari, che cicatrizza le ferite e cristallizza le lacrime, disegna impercettibili spazi sacri nella spazzatura e muove cuori pietrificati.
Leila Mottley scrive un romanzo affilato e pericoloso, la ricchezza di descrizioni e aggettivi lasciano il lettore stordito e completamente in balia del mondo che descrive.
Le forme di lotta descritte sono molteplici : lotta al sistema corrotto, agli abusi, al razzismo, tutto fuso all’interno della lotta quotidiana per la sopravvivenza. Talvolta ho persino pensato che fosse troppo per una sola vita, ma, come una positiva forma di dipendenza, resto in attesa del suo prossimo romanzo.
Tutti abbiamo avuto un primo amore che non era esattamente reale. Non so, magari un attore o un’attrice, il personaggio di un libro, il protagonista di un cartone animato e potrei continuare tutto il giorno. Dedalo & Dharma di Manlio Castagna inizia proprio così, con quella che i ragazzi chiamerebbero “crush” per la protagonista di un film. Ora, però, sono curiosa, chi è stato il vostro primo amore?
Io ne ho avuti 3. Il primo è stato Benjamin Price (Holly e Benji), poi è arrivato Pegasus de I Cavalieri dello Zodiaco (effettivamente potevo scegliere meglio) e per ultimo, visto che sentivo il bisogno di un amore serio, mi sono presa una sbandata (mai finita) per Ottaviano Augusto che è stato reale ma deceduto da qualche secolo.
Torniamo al libro di Manlio Castagna.
Dedalo & Dharma è una storia di giovani ragazzi e la celebrazione di un amore sconfinato per il cinema.
Lo potete appurare dall’impaginazione del libro e dalle sue splendide illustrazioni, opere di Kalina Muhova.
Chi conosce l’autore sa che l’amore per il cinema trapela da ogni suo scritto e ogni sua opera è un set cinematografico aperto su mondi incantati anche quando sono reali ma qui è diverso.
Dedalo & Dharma è qualcosa di personale.
Il fiorire nella coscienza di un adolescente della sua vera vocazione e passione e, perché no, raccontare che il vero amore può uscire da uno schermo e rapire il tuo cuore.
Dedalo, avrete notato che ha lo stesso nome del costruttore del labirinto di Cnosso, è un costruttore involontario di connessioni e di strade che portano in ogni dove.
È il centro del crocevia della vita dei suoi amici, della sua famiglia e dell’avventura che lo porterà a scoprire che l’amore muove il sole e le altre stelle ma è anche in grado di intrecciare la vita di un singolo a tutto ciò che lo circonda.
Ho trovato in Dedalo e Dharma scene che sono diventate iconiche del cinema. Alcune, forse, non sono altro che frutto della mia immaginazione.
Castagna ama Tarantino e questo è chiaro fin dall’inizio ma anche Fellini, Il cinema muto, il western e il cinema di animazione.
Tutto finisce nella sua penna e nella sua narrazione e i suoi protagonisti si trovano a varcare mondi di cellulosa trovando anche la forza di apprendere che, a volte, amare vuol dire lasciar andare.
In fondo, nella vita non si sa mai, nulla va mai perso realmente e quello che poteva non sembrare tangibile ha comunque ripercussioni sulla vita di tutti i giorni.
La M.J. di Spiderman non ricorda chi sia Peter alla fine di No way Home ma non vuol dire che sarà così per sempre, certi sentimenti non possono non avere un’eco attraverso lo spazio e il tempo, giusto?
Dedalo e Dharma è un libro che parla di percorsi, di scelte e di amore che poi, alla fine, sono la stessa cosa.
Volete conoscere la trama di Dedalo & Dharma. Fuga dal Cinema Kazan? Cliccate la parola LINK
Le meduse non hanno orecchie, edito Piemme, è un romanzo che mi ha coinvolta tanto.
Louise, la protagonista di questa storia è nata sorda da un orecchio e con l’altro sente ben poco.
Trent’anni trascorsi a cercare di vivere una vita normale, fingendo di aver compreso tutto nelle conversazioni di tutti i giorni, quando invece le viene molto difficile percepire alcuni suoni.
Posso dirvi che questa condizione ti logora a lungo andare e ve lo dico perché anche io ho una riduzione dell’udito, specialmente da un orecchio dal quale sento pochissimo.
Leggere il suo viaggio attraverso una condizione in bilico tra l’essere considerata a tutti gli effetti sorda mi ha toccato nel profondo, facendomi sentire compresa e meno sola.
Louise si trova a dover spiegare a chi la circonda quanto sia difficile e complicata la sua vita. Non essere del tutto partecipe nelle conversazioni a causa di una condizione che ti sei ritrovata a vivere è stressante.
Vieni compatito, passi per bugiarda e superficiale, e tantissime altre cose ma raramente si comprende che si tratta di una malattia che rende invalidi.
La vita di una persona invalida è complicata e ci vorrebbe più delicatezza.
L’esclusione non è la via più semplice ma quella più vigliacca.
Ciò che l’autrice racconta in Le meduse non hanno orecchie è la quotidianità, la vita reale, l’approccio verso una condizione in grado di portarti verso il silenzio e rischia di spegnerti.
Questo romanzo è speciale.
Dona speranza e ci apre gli occhi verso ciò che di bello può portare un cambiamento anche se non lo abbiamo scelto noi.
Quando ho letto la trama di Appetricchio di Fabienne Agliardi ho saputo che dovevo leggerlo.
Il libro, edito per Fazi Editore, esce oggi, 05 Settembre 2023, in tutte le librerie. Il mio consiglio preliminare è di prenderlo in mano e guardare la copertina, chiudete gli occhi e senza sbirciare in quarta di copertina o tra le pagine, ditemi di cosa parla.
Appetricchio è una favola? Un fantasy? Parla di misteri ricchi di magia?
Si e no, dipende dal vostro concetto di magia.
La prima reazione che ho avuto con questo libro in mano è stata di stupore. Dovete sapere che da bambina passavo le estati in un posto che molto assomigliava a Petricchio.
Un paese dove tutti si conoscono, tutti sanno chi sei e tutti sanno “a chi appartieni”.
Se non fosse reale potreste pensare che uno stregone o un re abbia potere assoluto sui suoi sudditi e che questi siano marchiati ovunque essi siano.
In alcuni paesi del sud è vera anche questo e nessuno vi dirà mai il contrario. Beh, forse qualcuno si ma sta mentendo.
A certi paesi non si sfugge: ti chiamano anche se non ci torni.
Sei marchiato e non puoi farci nulla, anzi più li neghi e più il sigillo brucia.
È magia ed è stregoneria? Sì.
Appetricchio parla di un paese lucano, arroccato sui monti e autoesiliato dallo stivale.
Perché si è autoesiliato? Beh, il motivo è esilarante. Il ponte che lo collega al mondo è inagibile e nessuno è arrivato per sistemarlo.
Così l’unico modo è abbandonare i mezzi prima dell’inutilizzabile passaggio. Se si è fortunati si trova un paesano che può accompagnarvi, se si è sfortunati l’unica scelta è farsela a piedi.
Voi penserete che si tratta della solita storia di abbandono nel sud Italia ma non è solo questo.
La realtà è che la comunità di Appetricchio è… incurante e quasi insofferente all’esistenza del mondo al di fuori.
Sanno che esiste un’Italia da qualche parte ma è fuori dal paese, lontana e straniera.
La mia seconda reazione a questo libro è stata quasi respingente.
Mi sono detta: “è troppo vero, il mondo civile non deve sapere di questo!“
Vi ho detto che da questi posti non si sfugge nemmeno se si va dall’altra parte del mondo ma questa caratteristica peculiare ha sia lati positivi che lati negativi.
I lati negativi della cultura di questi posti sono il rifiuto di conoscere qualsiasi cosa non sia nel confine del paese, l’istaurarsi di meccanismi sociali che possono sembrare asfissianti e l’utilizzo delle consuetudini come fossero leggi scritte sulle 12 tavole.
Se da un lato il paese chiama dall’altro distrugge, quello che c’è nel mezzo è l’impossibilità di sottrarsi a questa dicotomia per il troppo amore e per la pressione del marchio di quell’antico stregone che con la sua magia tutto soggioga.
La magia e la follia, l’amore e l’orrore sono un’antica storia che molto ha in comune con il genere fantasy e con la fiaba, soprattutto se si aggiunge un’ambientazione che è troppo aliena per essere vera.
Appetricchio è vera.
Ve lo dico io che ci sono cresciuta, anche se non si chiama così.
Ve lo dico io che sono marchiata come la famiglia Bresciani, anche se io non vivo a Brescia e la mia Petricchio è in una regione diversa dalla Lucania.
Fabienne Agliardi ha creato uno spaccato reale di una fiaba che ricorda, insegna e perfino spaventa.
Non si può far altro che amare o fuggire ma proprio per questo Appetricchio vi tratterrà al suo interno senza più lasciarvi andare.
Vuoi conoscere la trama di Appetricchio? Clicca la parola LINK