Chi non ha approfondito la vita del celebre scrittore Conan Doyle, non potrà sapere quanto Sherlock Holmes e la storia dello spiritismo siano profondamente legate fra loro.
Un investigatore e la ricerca di esperienze paranormali, sembrano due elementi assolutamente distanti, eppure sono accomunati da almeno due elementi: il primo è la decisione di porre il metodo deduttivo sia per costruire, investigare e risolvere i gialli del nostro Sherlock, sia nelle ricerche e nelle esperienze spiritiche affrontate dal signor Doyle. Ovviamente l’altro punto in comune è il fulcro creativo che ha portato alla nascita di uno degli investigatori più famosi al mondo, nonché di un’antologia illustrata (The history of spiritualism) pubblicata nel 1926 che tratta lo spiritismo secondo il rigoroso metodo scientifico; ovviamente mi riferisco allo stesso Doyle.
La casa editrice Venexia ripropone Storia dello Spiritismo con una copertina molto accattivante, per la gioia di tutti gli appassionati dell’argomento, io per prima.
Non tutti conoscono la passione di Doyle per lo studio dello spiritismo, egli partecipò a numerose sedute, spesso condotte dalla moglie che pareva essere un tramite per gli spiriti. Non solo metodo e rigore quindi, ma anche coinvolgimento in prima linea. Egli fu un fermo sostenitore e ricercatore di prove della vita oltre la morte e lavorò sodo in questa direzione, utilizzando, appunto, il metodo scientifico. Anche la prova dell’esistenza di una vita oltre la morte doveva essere provata in modo sperimentale.
Ed ecco che la seduta spiritica diviene una sorta di laboratorio nel quale raccogliere ed analizzare dati, anche se appartengono al soprannaturale.
Ovviamente non sono sempre state rose e fiori, Doyle si trovò vittima di aspre accuse, sia da parte degli spiritisti che da parte degli scientisti. Inoltre la figura del medium era difficile da comprendere per chi applicava il metodo scientifico, per non parlare dell’atteggiamento positivo e non cinico da dover assumere durante la seduta, poiché anche questo poteva inficiare l’esito positivo della stessa. Ciascun medium manifestava la presenza di spiriti attraverso fenomeni estremamente personali e differenti, ovviamente tutto ciò era estremamente difficile da catalogare secondo un metodo scientifico.
Nel riportare le notizie e le numerose testimonianze,
Conan Doyle, che si definiva un semplice gramophone on the subject,
traccia una galleria di quadri e di ritratti non tanto diversi dalle agiografie dei santi cattolici.
Un libro di enorme interesse per gli appassionati. Ogni pagina è estremamente coinvolgente, a partire dall’introduzione stessa che, oltre a raccontare delle scoperte e dell’enorme lavoro di Conan Doyle, apre le porte verso il panorama intero dello spiritismo, dal passato fino al secolo scorso, toccando i punti critici e le diatribe fra materialisti e spiritisti. Storia della spiritismo si apre con l’analisi dei più grandi spiritisti e medium. Si parte con Emanuel Swedenborg per poi avanzare in maniera temporale, attraverso i movimenti americani, inglesi, francesi e italiani, sino alle soglie del 900. Gli ultimi capitoli sono invece dedicati alla fotografia spiritica e alle forme delle facoltà psichiche.In queste pagine ci si sofferma in particolar modo alla medianità vocale e alle impronte. In chiusura troviamo alcune considerazioni ed esperienze personali dell’autore. Un libro che merita attenzione, rivolto a tutti gli appassionati dell’argomento che, con sua impronta estremamente rigorosa e metodica, offre uno nuovo punto di vista e amplia l’orizzonte verso la conoscenza spiritica.
Sempre più relegato a luoghi circoscritti, poco compreso e considerato quasi marginale, il mondo vegetale regge gli equilibri del mondo e ci sfida a cercare nuove e antiche modalità per entrarvi in contatto: Erboristeria emozionale.
Chi mi conosce sa bene quanto l’universo vegetale per me costituisca quel fondamento antico e silenzioso nel quale amo perdermi. Anni di studi mi hanno condotto a sviluppare un cammino spirituale e quotidiano tutto mio, quindi potete soltanto immaginare quanto il titolo di questo libro abbia stuzzicato la mia curiosità.
Erboristeria emozionale, dunque materia scientifica ed istinto fusi insieme, magia e tradizione; un libro che non può mancare nella mia libreria vegetale.
Le creature che popolano questo regno sono estremamente interessanti, val la pena studiarle e conoscerle approfonditamente, non soltanto perché sono in grado di portare guarigione fisica, ma anche per il riflesso che esse hanno nella nostra anima.
Un riflesso che non è possibile generalizzare, poiché come abbiamo l’imprinting con i nostri amati animali, allo stesso modo una pianta può risuonare, emotivamente e fisicamente, in maniera unica e sfacettata con ciascuno di noi.
Erboristeria emozionale offre un approccio differente dai soliti ricettari della salute, assolutamente utili, ma troppo spesso generalizzanti.
Questo libro invece cambia il punto di vista, ci porta a comprendere come ogni cellula sia strettamente legata a tutto l’universo, non soltanto quello esterno, ma anche quello interiore.
Le energie sono impronte emotive,
ossia percezioni tangibili di esperienze che hanno avuto un impatto,
sia individuale che ambientale,
legate tanto al corpo quanto ai luoghi.
Ciò che agisce dentro si manifesta anche fuori quindi, ma non solo, le erbe sono il legame duraturo con la tradizione e la ritualità, esse portano la memoria della terra che stiamo percorrendo attraverso le loro radici.
Ne conservano i segni, le gioie, le difficoltà. I rituali con le erbe, le preghiere e le misture, il lavoro pratico e quello spirituale è ciò che può guidare verso una guarigione completa. Non sempre ciò che desideriamo avere dal mondo vegetale viene esaudito, questo lo so per esperienza personale. Spesso poniamo delle aspettative precise verso una pianta che abbiamo conosciuto e studiato, ma il cambiamento che lei è in grado di donarci, non sempre combacia con le nostre aspettative. Il mio consiglio è sempre quello di porsi con un atteggiamento di totale fiducia e apertura, poiché loro lavoreranno sempre per il nostro massimo bene.
Erboristeria emozionale si apre con una serie di importantissime indicazioni su come lavorare con le erbe.
Una parte molto utile per chi è alle prime armi; le autrici vi consegneranno infatti i primi strumenti per avvicinarsi a questo mondo, oltre che spiegarvi le tecniche per le varie lavorazioni erboristiche e magiche. Segue poi un elenco in ordine alfabetico delle erbe, oltre duecento, dettagliato e prezioso perché suddivide la parte emozionale da quella più tradizionale, oltre ad indicare il momento giusto per la raccolta e le parti della pianta da utilizzare. Un libro completo che preferisco mettere vicino ai miei grimori piuttosto che ai libri di erboristeria. Un invito: lasciatevi tentare.
La conoscenza unita allo spirito di avventura è in grado di aprire le porte di nuovi mondi da esplorare. Così è stato per me da quando ho iniziato ad esplorare ed amare il mondo fatto di linfa.
Ho conosciuto un universo selvatico ed istintivo che è in grado di comunicare direttamente con quelle parti di noi che spesso non vogliamo osservare.
Uno spazio sacro che ci invita a prendere tempo, a respirare, a percepire anche le più piccole vibrazioni.
A fiorire, sfiorire, morire e rinascere in perfetto equilibrio.
Mi sono imbattuta, forse a causa del caldo torrido in una copertina che narra di un incendio. Forse, uno degli incendi più famosi al mondo: Roma brucia, Nerone e l’incendio che mise fine ad una dinastia è un saggio di Anthony A. Barrett ed è edito per Einaudi.
Non potete negarlo: se anche solo si accenna a Nerone la prima cosa che viene in mente a tutti è che diede fuoco a Roma; se invece nomino l’incendio di Roma la prima parola che viene in mente a tutti è? Nerone, ovviamente.
Olim erat… (C’era una volta…) qualcuno che disse di aver visto l’imperatore, sulla torre di Mecenate, cantare mentre le fiamme bruciavano Roma; qualcuno disse di averlo visto aggirarsi nelle vie della città intonando la storia della caduta di Troia; qualcun altro disse ancora che, per meglio rendere l’idea delle ultime ore della grande Ilio, Nerone avesse egli stesso acceso la città.
Qualcuno lo disse, altri lo scrissero e tutti ci credettero. Anche a distanza di secoli.
Ogni imperatore ha la sua croce da portare a spasso nei secoli, il suo cliché storico da cui non riesce a liberarsi nemmeno da morto.
Roma brucia è la condanna di Nerone.
Gli unici fatti certi sono che fece uccidere sua madre, molti altri membri della sua famiglia ma diede fuoco a Roma?
Roma bruciò nel 64 d.C. sotto il regno di Nerone.
Il 29 luglio del 64 d.C. per essere precisi.
La prima scintilla prese vita in una delle botteghe che affiancavano, o soffocavano, le vicinando del Circo Massimo e da lì iniziò la sua marcia inesorabile verso la gloria della fama storica.
Le fiamme si alzarono e fagocitarono tutto quello che era sulla loro strada.
Chiudete gli occhi, quello che sentite non è il crepitio del fuoco nel camino ma il ruggito di mille leoni.
Immaginate di essere in strada, di non poter scappare in nessuna direzione perché la strada che prima si apriva, davanti a voi, è appena stata travolta da altre fiamme che non sapete da dove possano essere apparse.
Lo sentite sulla vostra pelle: il vento, che quella notte è più simile ad una tormenta alimentata dai mantici di Vulcano, è rovente. La gente urla, cerca di salvare i propri averi e la propria vita, esattamente in questo ordine.
Tra il fumo, le fiamme, le urla, il vento qualcuno vede l’Imperatore muoversi tra le fiamme come se fosse sul suo palco preferito, in realtà sta facendo ben altro, e scorge anche taluni individui della guardia pretoriana o dei vigiles, che si prodigano per buttare a terra gli edifici e magari depredarli.
Sul fuoco vengono gettati secchi di terra e acqua ma, con quel vento, non c’è nulla che sia così veloce da permettere di salvare la città.
Tutto questo non durò una notte soltanto.
Roma, nel 64 d.C., brucia per 6 giorni e quando sembra che tutto si stia spegnando, le fiamme si rialzano ancora fino al nono giorno.
Le perdite in termini di vite umane sono inimmaginabili e i danni sono incalcolabili.
Roma brucia ma è stato Nerone?
Potrei raccontarvi che Nerone non era nemmeno a Roma quando l’incendio divampò. Troverete, però, nelle fonti, tarde, che abbiamo a disposizione: Svetonio, Tacito e Cassio Dione, che quando le fiamme sarebbero arrivate a lambire le sue proprietà si catapultò nell’Urbe per domare l’incendio.
Quali proprietà voleva salvare Nerone? Di sicuro non il Palatino che fu uno dei primi luoghi a subire la furia delle fiamme.
Perché era corso in città? Aveva altro da preservare ma forse, e dico forse, stava facendo quello che la famiglia imperiale aveva già fatto in passato: aiutare a sedare le fiamme.
Roma brucia ma era la prima volta?
Il problema degli incendi era così radicato nella vita della capitale dell’Impero che, fin dall’epoca repubblicana, si cercava di trovare qualcosa che potesse, se non mettere fine, almeno contenere efficacemente i danni e le perdite.
Ci provò anche Augusto. Dopo Nerone tentarono anche i Flavi. Ci riuscirono?
Si raccomandò di usare materiali refrattari al fuoco come le pietre di derivazione vulcanica, legni molto più resistenti, il contenimento delle altezze delle insulae abitative, ulteriori piccoli accorgimenti che potessero offrire al fuoco altro sfogo.
Ma la storia dell’Urbe insegna che l’incendio del 64 d.C. non fu l’ultimo e forse nemmeno il più disastroso.
Fu solo quello di cui tutti scrissero.
È stato quello che ha coinvolto un uomo che è passato alla storia, per lo più ingiustamente come un mostro incendiario.
Se proprio ci fu un colpevole fu il vento come d’altronde afferma anche Barrett. Siamo tutti portati a credere che se le fonti storiche raccontano un determinato fatto allora questo deve essere accaduto.
Ecco, no. Non è una verità inconfutabile.
In questo caso il problema è che l’unica voce coeva è quella di Plinio, Naturalis Historia, che non sembra molto concentrato sul fatto, anzi.
Le altre fonti già citate sono più tarde, frutto di altre opere che per noi sono perdute e derivazione anche di giudizi personali che non sono certo dalla parte del figlio di Agrippina ma, leggendo bene, nemmeno così a sfavore.
Le fonti storiche sono utili ma non definitive in assoluto.
Chi mai leggerebbe i quotidiani senza usare spirito critico e non avvalendosi di altre informazioni per comprendere una notizia?
Scusate, domanda sbagliata.
Roma brucia ma le fonti archeologiche non hanno nulla da dire?
Qualcosa si, ma tenete presente che la città non è rimasta ferma dopo l’incendio del 64 d.C. molto si è costruito e molto si è distrutto.
La stratigrafia è complessa e non basta identificare uno strato di annerimento per dire che corrisponde allo specifico evento in questione.
Insomma, non si può pensare che una volta arrivata a quello che pensiamo sia stato il suo massimo splendore, nessuno l’abbia più toccata per paura di cambiare qualcosa.
Esempio pratico: il luogo dove sorge casa mia, ai tempi dei romani, era quasi mare aperto.
Esempio più vicino all’incendio?
Al posto del tempio di Venere e Roma di età Adrianea, sorgeva il vestibolo della Domus Aurea e nel luogo in cui si erge il Colosseo (nome che deriva da una colossale statua di Nerone, innalzata per altro dopo la sua morte) si trovava un piccolo lago appartenente proprio al progetto edilizio della su citata domus.
Roma brucia e cosa accadde dopo l’incendio?
Nerone fece portare via i detriti a sue spese, alcuni vennero utilizzati per ricostruire.
Fu costretto a tassare la popolazione, non il popolo ma i grandi possidenti di Roma, per recuperare il denaro per ricostruire la città e, nessuno lo nega, finanziare anche il suo progetto della Domus Aurea.
Questo non aiutò la popolarità dell’ultimo dei Giulio Claudi presso il senato.
L’incendio e la successiva crisi monetaria portarono anche ad una forte svalutazione della monetazione argentea e nemmeno questo portò felicità a coloro che i soldi li avevano e nemmeno alla classe media se vogliamo proprio essere pignoli.
Perché le disgrazie non arrivano mai sole, ci fu una non ben identificata pestilenza che portò altre morti e altro malcontento.
C’è stata anche la questione della pretestuosa accusa di aver perseguitato i cristiani accusandoli delle fiamme.
È vero che vennero accusati dei cristiani e le fonti raccontano, le solite di prima, che la rappresaglia di Nerone fu crudele e ingiusta ma non totalmente indiscriminata.
“Tacito non vuole illuminare il lettore, bensì confonderlo ancor di più, dando un pezzettino di colpa a Nerone e un altro ai cristiani, ch’egli entrambi odiava” Yavetz, Z.
Su una cosa però siamo d’accordo: fu la prima volta in cui i cristiani subirono punizioni dal potere centrale e non per motivi religiosi.
Le fonti sono, come ho già detto lacunose, ma sarebbe stato interesse degli autori cristiani aumentare il carico delle accuse su Nerone ma, nella realtà, si potrebbe dire che quasi non tocchino l’argomento.
È difficile comprendere lo sviluppo pedissequo di avvenimenti che si sono rimescolati nel tempo, narrati solo a molti anni di distanza. Molte vicissitudini hanno portato alla perdita delle fonti coeve.
Fanno parte delle vicissitudini anche gli incendi.
Nerone, inoltre, dopo la furia delle fiamme, a seguito delle accuse che gli piovvero addosso, diventò paranoico e niente affatto incline alla pazienza. Questo portò al crollo totale della fiducia presso il senato e quella fu fine.
Quindi, in conclusione, Nerone fu la causa dell’incendio di Roma? O ne diventò uno dei capri espiatori?
Dovete leggere il saggio di Anthony A. Barrett per saperlo, continuare a porvi domande e leggere altro ancora.
L’autore vi pone i fatti così come appaiono, ponendo in contrapposizione le discrepanze di tutto quello che è stato trovato fino ad ora. Domande e ancora domande ma nessuna Storia è mai scritta del tutto.
Nerone ha ancora molto altro da raccontare: avete scorto cosa è apparso di recente al di sotto di Palazzo della Rovere a Roma?
Volete sapere dove trovare la vostra copia di Roma Brucia? Cliccate sulla parola LINK
“Svetonio riportava un detto popolare secondo cui Roma si stava tramutando in una sola casa e i Romani avrebbero fatto meglio a emigrare a Veio, sempre che la casa di Nerone non avesse inghiottito anche quella cittadina”
Un viaggio sfida quello di oggi, vi propongo di tuffarci all’interno di una pozza colma di colori e di lasciarli penetrare, attraverso le narici, la bocca, la pelle, dentro il nostro corpo fino a diventare noi stessi colore; il legame mondo-colore nella storia è imprescindibile: Il Mondo dei colori : una storia culturale in sette tonalità.
Questo libro è un meraviglioso viaggio ispirato al racconto persiano Haft Paykar (sette bellezze) in cui sono proprio i colori a raccontarci le loro storie e il legame che si è instaurato con la storia dell’umanità stessa, non soltanto nella storia dell’arte, ma in tutta l’evoluzione. Il colore è un universo multiforme e sfaccettato, dato non soltanto dall’oggetto ma anche da chi lo percepisce. Chiedendo a diverse persone il colore di uno stesso oggetto potremo notare che difficilmente esse forniranno la stessa sfumatura, poiché anche la percezione del colore cambia in funzione della persona che lo osserva. Tutto ciò avviene secondo operazioni cromatiche compiute dal nostro cervello.
Il colore è un processo “una danza fra soggetti e oggetti, mente e materia”.
Grazie ai colori trovavo tanta bellezza anche nella banalità.
James Fox insegna Storia dell’Arte all’ Emmanuel College di Cambrige e con Il mondo dei colori. Una storia culturale in sette tonalità, ci accompagna in un affascinante viaggio attraverso lo sviluppo delle civiltà, prendendo in considerazione il ruolo che hanno avuto sette colori all’interno di esse. Un saggio estremamente affascinante che apre le porte verso infiniti campi di esplorazione se si usa come punto di partenza il colore. Nero, rosso, giallo, blu, bianco, viola, verde ed un intricato dedalo di civiltà umana che tocca non solo l’arte ma anche l’antropologia, la religione, la chimica, la biologia, la filosofia e molto altro.
Ne Il mondo a colori: una storia culturale in sette tonalità l’autore ci presenta il colore stesso come una creatura multi sfaccettata ed estremamente complessa che non è stato solamente oggetto, ma strumento socio-culturale, forma di espressione più potente del linguaggio stesso. Affondando le mani nei colori che l’autore esplora, ci si rende conto di quanto ogni singola tonalità abbia avuto ( e ha tutt’ora) un importante influsso all’interno di ogni civiltà e del suo sviluppo.
In principio vi era solo tenebra nascosta dalla tenebra.
Incontriamo allora il colore “non colore” più odiato e temuto nella storia: il nero. Quella porta sconosciuta che ci accompagna verso l’origine di tutto. Colui che richiama la primigenia oscurità, khoshekh è il termine ebraico, duro e gutturale. Nella storia il nero è stato associato al terrore, allo sconosciuto.Negli ultimi anni però è stato rivalutato diventando l’icona assoluta dell’alta moda e del design.
I miti della creazione di tutto il mono iniziano descrivendo l’oscurità turbolenta, le tenebre in continuo movimento.
Allora non c’era ciò che non è, né ciò che è. Non c’era lo spazio né la volta celeste che gli sta sopra. (…) Oltre a Ciò niente altro esisteva. Nāsadīya sūkta o Inno del principio buio, tratto dal Ragveda (1500 a.C.)
Ne Il Mondo a colori, James Fox ci spiega che non si può legare un colore singolo ad ogni civiltà. Tuttavia, in alcuni momenti storici di una data civiltà, alcuni colori hanno dominato più di altri. Penso immediatamente al meraviglioso blu oltremare negli artisti rinascimentali e dell’epoca barocca.
Il blu è uno dei colori più amati in assoluto ( lo dicono i sondaggi) ma in realtà è un colore abbastanza moderno a livello culturale. Esso infatti non esisteva prima del Medioevo. Il blu oltremare è stato creato alchemicamente e poi usato dai più grandi pittori del Rinascimento e non solo. Scrittori come Colerige, Wordsworth,Byron, Shelley e Keats lo collegavano a fenomeni profondi e oscuri.
Invano! L’azzurro trionfa,
lo sento che canta nelle campane, anima,
che si fa voce e più ci spaventa con la sua cruda vittoria,
ed esce dal vivo metallo in celesti angelus! Mallarmè
Questo viaggio meraviglioso de Il mondo dei colori ci conduce anche attraverso il colore del potere e della sessualità, in grado di parlare del corpo al corpo. E’ stato il colore più usato dalle civiltà primitive: il rosso, per poi accompagnarci attraverso tutti gli altri meravigliosi universi di colore e storia umana.
Un saggio coinvolgente ed emozionante. Mi piacerebbe soffermarmi ancora su ogni colore per raccontarvi ciò che mi ha maggiormente colpito, ma questo è il mio viaggio e posso solo condividerne piccole istantanee.
Spero di cuore però di aver stuzzicato la vostra curiosità con le mie parole.
Antropocentrismo sfrenato, questo è il quadro mondiale in cui ci muoviamo, Marco Valsesia con La vita segreta delle api, cerca di spostare il centro, mostrandoci la perfezione e invitandoci a cambiare punto di vista.
In un mondo che corre a velocità sfrenata, che consuma più di quanto produce e che produce in maniera sconsiderata.
Sprechi ed esuberi, progresso a tutti i costi. Senza prendere in considerazione le ripercussioni all’interno di sistemi ecologici delicati. Ecco un libro che ci accompagna verso l’esperienza fatta con coscienza.
Un racconto delicato La vita segreta delle api, portato avanti con amore dall’autore che si prende il tempo per parlarci della preziosa eredità ricevuta: la conoscenza del mondo delle api.
Un microcosmo quasi perfetto che ha tanto da insegnare all’uomo sulle dinamiche di cura e collaborazione, di sostegno e ingegno per garantire il benessere di tutti i componenti dell’alveare.
Non vi aspettate una storia dolce come il prodotto finito di questi insetti meravigliosi. Le dinamiche dell’alveare sono spesso spietate, ma sempre finalizzate al sostegno dell’intera comunità.
Quello che a noi sembra disordine,
per le api è una perfetta alchimia di equilibri e precisione.
La vita segreta delle api intreccia delicate esperienze di vita, conoscenza, esperienza e simbiosi.
L’eredità che il nonno ha lasciato a Marco è paragonabile alla formula segreta che potrebbe salvarci dalla distruzione. Si tratta di conoscenze essenziali per la sopravvivenza di una specie e del pianeta stesso.
Inevitabilmente il mio pensiero ha vagato verso un altro libro che considero molto importante: La nazione delle piante di Vito Mancuso.
Pur cambiando la specie vivente dalle api alle piante, il pensiero di base si radica sulla necessità di conoscere le dinamiche che intercorrono fra appartenenti della stessa specie.
C’è da sorprendersi, c’è da imparare davvero tanto sul rispetto degli ecosistemi, sul fatto che si può davvero vivere senza distruggere.
La corsa degli esseri umani ci distrae troppo dalla consapevolezza che la salute dell’intero pianeta sia strettamente ed indissolubilmente connessa alla sopravvivenza della specie. Sia delle api che delle piante e degli uomini.
Le api vivono poco più di un mese ma spendono l’intera vita lavorando esclusivamente per la comunità. L’interesse personale non esiste, poiché ciò che importa è garantire la cura della prole. Questa a sua volta garantirà nuovo sostegno all’intero alveare.
Le api sono un grande esempio di unione per il benessere di tutti al fine di garantire la sopravvivenza di tutti.
L’organizzazione della comunità e la sua capacità di comunicazione
sono l’aspetto più misterioso ed affascinante di questa specie.
Un’organizzazione perfetta e gerarchica con specificità e competenze particolari, in grado di tessere un rapporto di reciproco sostegno con la natura circostante.
Lasciatevi affascinare da questo mondo. La vita segreta delle api vi lascerà incantati nello scoprire la perfezione di questi impollinatori dalle incredibili capacità.
Non starò a raccontarvi particolari della Vita segreta delle api, voglio lasciarvi la delizia di entrare in questo meraviglioso mondo.
Ci tengo però ad esprimere il mio stupore nello scoprire le abilità comunicative di questi insetti, in grado di trasmettere mappe precise dei luoghi in cui trovare maggiore nutrimento.
La base di ogni società complessa e strutturata è racchiusa nella comunicazione tra gli individui che ne fanno parte.
Non può coesistere una stretta collaborazione tra loro senza scambio di informazioni
Vi invito dunque a leggere questo libro, a conoscere nuovi ed emozionanti mondi e a porre importanti riflessioni sulla necessità di un “decentramento” della specie umana.
Cari viaggiatori, quello di cui vi voglio parlare oggi è un viaggio molto atteso, attraverso l’universo della parola scritta, tutta al femminile: Parole d’altro genere. Come le scrittrici hanno cambiato il mondo. A cura di Vera Gheno.
Vi parlo di “viaggio tanto atteso” non perché si tratta di un libro originale, ma per la maestria e la serietà con cui esso è scritto.
Diciamo che in questi ultimi anni le raccolte di autrici pullulano all’interno del mercato editoriale. Ne troviamo di tutte le salse e, a dire il vero, trovo che facciano tutte il giusto lavoro di conoscenza e divulgazione che troppo spesso è stato volontariamente omesso.
C’è però una parte importante del libro che credo vada particolarmente presa in considerazione: tutti i discorsi che vengono fatti intorno alla vita, alle opere o a determinati scritti citati nel libro.
E in questo Vera Gheno eccelle.
Se sei una scrittrice,
prima o poi,
da qualche parte, ti chiederanno:
“ Ti consideri prima una scrittrice o una donna?”.
Attenzione. Chi lo chiede odia e teme sia la scrittura che le donne.
Margaret Atwood
Per chi ancora non la conosce, Vera Gheno è una sociolinguista, specializzata in comunicazione digitale, ha collaborato per vent’anni con l’Accademia della Crusca. Insegna all’università di Firenze ed è una Donna Femminista intersezionale.
Parole d’altro genere non si limita alla mera elencazione e presentazione di scrittrici passate. Con grande originalità si sofferma sul modo in cui queste donne sono riuscite a lasciare il segno, soprattutto dentro il nostro modo di pensare.
La diversità, ci racconta nell’introduzione, è la parola chiave del libro.
Infatti l’autrice cerca di diversificare riguardo la cultura, le etnie, ma anche le disabilità.
Vera Gheno assegna ad ognuna di loro una parola che in qualche modo ci indica la strada verso la scoperta del pensiero dell’autrice.
Una carrellata di scrittrici mirabilmente precedute da un lemma e dal pensiero dell’autrice.
Termina poi con una serie di preziosissimi consigli di lettura contemporanei. Uno spazio interessantissimo per chi desidera ampliare la propria conoscenza.
Ed è nello spirito della sorellanza che ho affrontato la costruzione di questo libro,
che adesso non attende altro che di essere letto.
Saffo, Sulpicia, Chiara d’assisi, Mary Wollstonecraft, Matilde Serao, insieme a molte altre vi delizieranno con i loro pensieri controcorrente.
Non mi dilungherò volutamente su di loro perché non vorrei rischiare di svelare troppo, proprio perché val la pena prendersi del tempo, magari ogni giorno, per leggere ciò che questo libro ci propone su ciascuna.
Sono pagine pungenti ed interessanti quelle che troviamo in Parole d’altro genere.
Esplorano il mondo femminile in ogni epoca e cercano di sfondare a colpi di parole i muri imposti dal patriarcato
Non dovremo dimenticare mai che queste scrittrici sono state volutamente messe in disparte.
Oscurate da una letteratura maschile che ha dominato soprattutto all’interno dei testi scolastici, precludendo ai giovani la possibilità di godere di nuove forme di pensiero.
E’ il momento di diventare ponte verso una più ampia conoscenza e di dare alle parole di queste autrici il posto che meritano.
Lo scopo è quello di riuscire a riscrivere il passato e di offrire un nuovo futuro con una prospettiva di possibilità più ampia.
Vera Gheno compie un prezioso lavoro di ricerca e riesce a dare voce a donne che per troppo tempo sono state messe a tacere. Invece sono esistite, hanno scritto, lottato e rischiato.
Parole d’altro genere le riporta alla luce, le colloca nel giusto posto e ci dona uno strumento prezioso per osservare il passato con un grandangolo, non un cambio di prospettiva ma un ampliamento; quello che poi ci darà la capacità di scelte diversificate per il futuro.
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