Buongiorno viaggiatori, oggi vi parlo di Piccole umane debolezze di Megan Nolan edito da NN editore che ringrazio per la copia digitale.
Ammetto che questo è il primo libro che leggo dell’autrice e sono rimasta piacevolmente colpita.
La storia è ambientata a Londra nel 1990 e subito ci troviamo davanti a un fatto che sconvolge l’intera città: la morte della piccola Mia Enright che aveva solo tre anni.
Inizia subito a circolare la voce che getta i sospetti su Lucy Green , una bambina che ha alle spalle una famiglia difficile. La sua storia mi ha colpito parecchio.
A indagare sulla faccenda un giornalista parecchio scrupoloso, Tom, che cerca in ogni modo di trovare la notizia bomba che gli permetterà di fare carriera.
Ed è proprio grazie alle sue domande che la Nolan ci farà conoscere le debolezze di una famiglia piegata dalle difficoltà della vita.
Tom pensava spesso alla nonna, mettendosi subito nei suoi panni e immaginando come si sentisse ad aver capito subito come stavano le cose senza impedire che peggiorassero.
Ciò che mi ha colpito maggiormente in questo romanzo è la capacità di far arrivare, attraverso i personaggi, la vita vera, senza filtri. I vari personaggi arrivano al lettore in modo immediato e l’impatto crea un legame che inevitabilmente porta a riflettere.
Cosa mi ha colpito di più in Piccole umane debolezze?
Raccontare dettagli di una trama che va scoperta pian piano rende impossibile non cadere nello spoiler quindi mi limiterò a dirvi quelle che sono le mie impressioni personali.
Sono entrata in apnea nel momento in cui ho iniziato a leggere la storia di Carmel, Lucy e la sua nonna e non sono riuscita a smettere di leggere.
Uno stile di scrittura diretto e scorrevole, ricco di dettagli fondamentali quando si parla di sentimenti, che spesso viene sottovalutato ma in questo caso è stato curato in modo perfetto.
Un racconto dove i pregiudizi non mancano, carico di dolore che naviga attraverso parole che lasciano il segno.
Una storia che colpisce per la sua durezza ma contemporaneamente dona speranza.
Se invece vuoi recuperare la recensione scritta dalla nostra Francesca di Strega, un’altra uscita targata NN editore puoi farlo qui.
Diversi vicini avevano dichiarato alla polizia che Lucy era stata l’ultima persona a vedere Mia Enright prima della sua morte, e che era andata via con lei dalla piazza dove stavano giocando. Aveva trascorsi violenti e proveniva da una famiglia discutibile.
Buongiorno viaggiatori, oggi vi parlo de “ il mio omicidio “, un thriller originale, inaspettato e decisamente sorprendente che ho letto in anteprima grazie alla casa editrice.
Il mio omicidio non è solo un thriller ma anche un distopico e un romanzo che tratta argomenti importanti come la maternità e la depressione post partum e tanto altro… ma andiamo per gradi.
Lou, la nostra protagonista è una donna sposata e madre di una bimba di nome Nova.
La sua vita viene interrotta da un serial killer che le toglie la vita, ma l’autrice è pronta a stupire con il primo colpo di scena.
Perché Il mio omicidio è così particolare e originale?
Perché grazie alla commissione di replicazione, le viene data la possibilità di vivere ancora grazie alla clonazione.
Sì avete capito bene! Lou, dalle prime pagine, si ritrova a dover rivivere quello che definisce il mio omicidio, attraverso le persone che la circondano.
Ma Lou non è l’unica vittima del serial killer ad aver ricevuto una nuova vita dalla commissione.
Lei e le altre quattro “sopravvissute” si incontravano il martedì pomeriggio per condividere il ritorno alle proprie vite.
Ma le donne del gruppo non avevano reagito come mi ero aspettata. Al contrario, avevano replicato con una raffica di streotipi: Fai una pausa. Te la meriti. Hai tutta la vita per lavorare. […] Se avessi un bebè, lo amerei troppo per separarmene. E avevo sentito la vergogna invadermi fino alla pianta dei piedi…
L’autrice de Il mio omicidio ci porta ad affezionarci a Lou mentre cerca la verità sul suo omicidio. Un percorso pieno di domande, dove l’apparenza nasconde l’inaspettato e ci regala un colpo di scena dietro l’altro tra una riflessione e l’altra.
Ci racconta il suo rapporto con la maternità, ma ci permette di avere anche un punto di vista diverso come quello della madre del serial killer che affronta il dolore della condanna del figlio.
Io non sono riuscita a staccarmi dalle pagine, merito di una scrittura magnetica, un ritmo scorrevole e colpi di scena che tengono con il fiato sospeso fino all’ultima pagina.
Se penso a Lou, immagino come per lei non sia stato facile gestire tutto. Proprio quando inizia a indagare si scontra con qualcosa di sconvolgente.
Buongiorno viaggiatori, oggi vi parlo di Bucaneve edito Rizzoli.
Ambre è una ragazza di vent’anni che si scontra duramente con la solitudine e questo la porta a un tentativo di suicidio che non va a buon fine grazie all’intervento di Philippe.
«Ambre!» L’urlo squarciò la stanza come un colpo di frusta. Cadde in ginocchio, le prese i polsi inerti, li strinse forte. Senza volerlo, riaffiorarono vecchi riflessi condizionati. Come se il suo cervello fosse passato in modalità automatica. Fermare l’emorragia. Prendere degli asciugamani, avvolgerli attorno ai polsi, premere per contenere il flusso.
I suoi genitori preferiscono il silenzio e non si preoccupano minimamente di fare sentire la loro figlia amata, questo comportamento compromette il loro rapporto e porta Ambre a dipendere totalmente da un’uomo sposato, Philippe, che la “usa” solo per spassarsela… altro motivo che la spinge verso il gesto disperato.
Da questo momento inizia per lei una nuova vita in un hotel dove inizia la stagione come cameriera e si trova a doversi confrontare con gli altri dipendenti.
Melissa da Costa, in Bucaneve, ci presenta diversi personaggi che provano a fare i conti con le delusioni delle loro vite.
Ambre deve giocarsi bene la sua seconda possibilità ed è facile per chi legge affezionarsi a lei e seguire il suo percorso di rinascita e crescita con molto interesse.
Ho avuto modo di apprezzare l’autrice con i suoi due precedenti romanzi che ho amato tanto.
Un romanzo che grazie ai numerosi personaggi ci pone di fronte alla vita vera, fatta di sacrifici, sbagli, sofferenza ma soprattutto di ricerca del proprio posto in un mondo che non smette di sorprendere.
Vuoi leggere la trama di Bucaneve e acquistare la tua copia? Schiaccia la parola LINK
Sono due giorni che ho la sensazione di essere ridotta in mille pezzi. Come se fossi esplosa di dolore. Oscillo a seconda del vento, mi sparpaglio, sempre sul punto di dissolvermi. Divento indifferente a tutto ciò che accade attorno a me. E un attimo dopo, torno a provare sensazioni violentissime. E non so nemmeno cosa sia peggio.
Buongiorno viaggiatori, oggi vi parlo dell’esordio letterario di Beatrice Salvioni, autrice de La Malnata edito da Einaudi.
Protagoniste di questa storia, ambientata in epoca fascista, sono due ragazzine appartenenti a ceti sociali diversi. Nonostante questo, La Malnata e Francesca sfideranno i pregiudizi diventando amiche.
Hanno caratteri molto differenti:
La Malnata, non mostra alcuna vergogna, gioca con i maschi e ostenta una ribellione che nasconde un peso che sarebbe difficile da sopportare per chiunque, figuriamoci per una ragazzina.
Francesca invece, appartiene alla classe borghese e dunque deve mostrare educazione e comportarsi come una brava ragazza.
L’amicizia tra le due giovani cresce e si evolve per tutto il romanzo.
La Malnata mi è piaciuto per diversi motivi.
L’inizio del romanzo cattura all’istante ed è proprio in queste prime parole che ho compreso il potenziale di questa storia.
Una partenza con il botto, spietata.
L’amicizia tra Francesca e La Malnata è il centro di tutto.
Un legame che mostra come sia importante ascoltare il nostro istinto, andando contro i pregiudizi se necessario.
La vita è la nostra e nessuno può dirci cosa pensare e chi frequentare.
Certo, il periodo storico scelto dall’autrice non rende le cose facili ma queste due giovani donzelle dimostreranno di avere coraggio da vendere.
La Salvioni ci racconta l’amicizia tra le due anche attraverso la situazioni familiari di entrambe.
A casa della famiglia Merlini si respira allegria nonostante le difficoltà e la situazione difficile portata da due lutti devastanti che vedranno La malnata costretta a portarne le colpe ingiustamente.
A casa Strada invece troviamo una situazione ben diversa, il padre sempre a lavoro e la madre attenta solo alla reputazione della figlia che deve trovare un buon partito da sposare.
Ed è proprio la mancanza di affetto vissuta da Francesca che la spinge verso La Malnata.
Ci sono altri personaggi che ruotano intorno alle due ma per quanto abbia apprezzato la caratterizzazione perfetta, a mio avviso Francesca e La Malnata sono indimenticabili.
Nonostante la fama e il pregiudizio le due ragazze mostrano di essere di gran lunga più mature di chiunque altro. Per me questo romanzo è promosso a pieni voti.
Le cose che mi spiegava la Malnata erano semplici e misteriose insieme, come la rotazione dei pianeti o la formazione delle montagne, ma ricoperte della vergogna e della reticenza dei grandi, che le rendevano proibite, clandestine, e per questo interessanti.
Buongiorno viaggiatori, oggi vi parlo de Il dono, il nuovo thriller di Paola Barbato, che ho divorato. Può un gesto di solidarietà come la donazione degli organi nascondere qualcosa di male? Un dono che dovrebbe ridare speranza a chi lo riceve invece porta qualcosa di inaspettato.
Paola Barbato è un’autrice che stimo molto per la sua immensa bravura, i suoi thriller sono imperdibili.
Ne “Il dono” ha superato ogni aspettativa, mettendo tra le mani dei lettori un thriller che parla di male sì, ma lo fa attraverso la tematica dei trapianti, affrontata e approfondita alla perfezione anche dal punto di vista medico e psicologico.
Un thriller curato nei minimi dettagli che racconta le varie esperienze provate dai trapiantati, partendo proprio dal cuore ricevuto da un giornalista molto conosciuto che in seguito alla ricezione di questo “dono” toglie la vita ai suoi genitori.
“È stato il mio cuore!”
Quando l’ispettrice Flavia Mariani va a interrogarlo nell’infermeria del carcere dove è stato portato in seguito all’omicidio si aspetta tutt’altro e non è certo preparata di fronte alle parole del giornalista.
A tutti sembrano pura follia, un modo per ottenere l’infermità ma a lei no… qualcosa non le torna e con testardaggine si batte per iniziare a indagare su quel caso che si direbbe già risolto.
Può un serial killer continuare a fare del male anche dopo la sua morte?
La Barbato grazie a questo romanzo ci offre diversi spunti di riflessione, catturando completamente l’attenzione grazie alla sua scrittura magnetica che mette a nudo l’animo umano attraverso dei personaggi totalmente veri e credibili.
Scopriremo attraverso i capitoli a loro dedicati cosa si prova a dover attendere un organo con la paura di non farcela e come si vive dopo il trapianto. Ed è proprio qui che il mistero inizia a conquistare il lettore con una trama ricca di colpi di scena.
Le indagini guidate da Flavia Mariani cattureranno tutta la vostra attenzione, ho apprezzato la tenacia e la forza di questa donna che non si fa scrupoli nell’andare oltre alle apparenze alla ricerca della verità.
Riuscirà insieme alla sua squadra a scoprire chi ha ricevuto gli organi di Valerio Felici, un ragazzo apparentemente per bene che in seguito alla sua morte rivela di esser stato uno spietato serial killer?
Posso dire senza ombra di dubbio che “il dono” è uno dei thriller più belli che io abbia letto nell’ultimo periodo e vi consiglio di recuperarlo quanto prima!
Buongiorno viaggiatori, il libro di cui vi parlo oggi è Tutto il bene, tutto il male di Carola Carulli, pubblicato da Adriano Salani Editore.
Carola Carulli, giornalista, si occupa di cultura da molti anni. È conduttrice del Tg2, cura le rubriche “Achab” e “Tg2 Weekend” dedicate alla lettura.
Segue come inviata i più grandi eventi musicali, letterari e cinematografici. È autrice di diversi documentari.
Tutto il bene, tutto il male è il suo primo romanzo.
Alma era una ribelle di natura. Una di quelle a cui non stava bene niente. Detestava sua madre Clara, donna piena di amanti e rimorsi, superficiale e fragilissima, con un sogno, quello di diventare ballerina, che si era infranto insieme alle sue gambe a seguito di un brutto incidente dal quale si era salvata per miracolo.
Leggendo queste parole verrebbe da pensare che questo sia un altro libro sul rapporto difficile tra madre e figlia, ma posso senza ombra di dubbio dirvi che troverete molto di più.
Partiamo dal principio, Clara e suo marito, un uomo perbene che aveva scelto per comodità e per garantirsi una vita dignitosa, hanno due figlie, Sarah e Alma.
Tutto il bene, tutto il male è un romanzo che parla di mancanze.
Tutto si sgretola quando i due si separano e le figlie scelgono con quale genitore restare.
Sarah resta con la madre e Alma sceglie il padre, ed è così che le due sorelle crescono con caratteri completamente diversi per l’esempio che hanno ricevuto.
Alma è il personaggio che più mi ha scatenato emozioni, soprattutto nel rapporto con la nipote Sveva, figlia di Sarah.
Alma e Sveva, apparentemente ribelli e complicate , ma che si capiscono soprattutto nei momenti di dolore.
Hanno vissuto sulla loro pelle il dolore dell’abbandono, il sentirsi sole e non amate.
Due donne che si aiutano a vicenda a rialzarsi riprendendo a camminare con tutte le ferite che si portano dietro, perché a volte la vita sa essere dura.
Due donne che vivono sulla loro pelle il male fatto dalle parole di chi dovrebbe volere solo in nostro bene.
E sono proprio i loro punti di vista ad alternarsi per tutto il romanzo che è un vero e proprio viaggio alla scoperta del bene e del male che possono influire sulla nostra vita.
Tutto il bene, tutto il male è un romanzo che ci fa capire come i sentimenti siano complicati.
Ci fa riflettere su come sia necessario conquistare e lavorare per creare un rapporto con le persone e che non basta la parentela per averne uno.
Come per un giardino che per essere bello ha bisogno di cura e amore, non solo quando ci si ricorda, ma sempre.
L’autrice è stata brava nel raccontare pezzi di vita in cui il lettore può immedesimarsi con estrema delicatezza, un linguaggio immediato che colpisce ma allo stesso tempo regala una lettura scorrevole che vola pagina dopo pagina.
I social per lei erano pagine bianche che le persone usavano per esternare qualunque opinione senza che nessuno glielo possa impedire. Lo trovava spaventoso, «perché la verità non la puoi dire a tutti». Non poteva tollerarlo. «È un TSO a cielo aperto» diceva, «qualunque cosa cerchi, finisci per trovare frasi terribili scritte senza vergogna, […] Body shaming, bestemmie, litigate tra mariti e mogli […] un mondo parallelo pieno di gente crudele […] E il bello» continuava «è che quella gente poi, nella vita reale, si comporta in tutt’altro modo».
Un romanzo pieno di riflessioni sul mondo, sui sentimenti, su come le persone si comportano, su come a volte si usino i social in modo del tutto sbagliato per cercare quelle attenzioni che nella vita reale non si hanno.
Per certe persone il bisogno e la ricerca di attenzioni possono essere un qualcosa che porta a rovinare la vita tra incertezze, dolore rabbia e chiusura.
Un romanzo che arriva dritto al cuore, parole che restano e portano inevitabilmente a capire che siamo tutti imperfetti, ma è proprio l’imperfezione a renderci unici.
Non si può restare indifferenti dopo aver letto questo libro, per me è stata una vera e propria lezione di vita.