Maledizione Notre-Dame

Maledizione Notre-Dame

Ci sono patti silenziosi, sussurrati nella penombra, inneggiano creature malvagie che emergono solo se evocate, come l’accordo sancito tra il demonio e il fabbro Biscornet che diede origine alla Maledizione Notre-Dame.

Biscornet è il fabbro divenuto famoso per aver creato le serrature delle porte di Notre-Dame, ma dentro quei meccanismi intricati pare si nasconda lo zampino del diavolo.

A quanto pare i servizi di Biscornet non si sono esauriti mentre era in vita.

Filippo il Bello è disposto a tutto pur di riuscire a salvare il proprio regno, persino ad attraversare quella porta nella notte il cui la luna è completamente nascosta.

Barbara Frale, storica esperta di Medioevo e storia dei Templari, ci trascina nel 1300 per farci assaporare la vita di grandi personaggi come Bonifacio VIII, Dante Alighieri e Filippo il Bello, re di Francia.

Maddalena viene rapita, panico e rabbia si diffondono mentre tante persone iniziano a costruire congetture sul mandante.
Lei non è una donna qualunque, bensì la nipote del Papa e questo pare essere un gesto di sfida verso il suo potere.
Un ordito fatto di ricerca storica e grande passione si intreccia ad una trama interessante ed avvincente.

Intrighi, suspance e piani segreti giocano una partita con la storia.

Maledizione Notre-Dame ci porta dentro il tornado provocato dallo scontro tra il potere temporale e quello spirituale.

I detentori di questi poteri sono: Filippo il Bello, re di Francia e il suo nemico Bonifacio VIII, che alla mera spiritualità preferisce il gioco politico e strategico.

Attorno a loro ruotano personaggi estremamente affascinanti, oltre al Sommo Poeta, si avvicendano uomini di grande saggezza, cultori della conoscenza, alchimisti, medici straordinari al confine fra scienza e magia.

Maledizione Notre-Dame è il quarto di una serie di romanzi storici che per il momento vede il suo epilogo con la morte dell’ultimo Templare e di Francesco il Bello , ma tutto lascia presagire un seguito.

La caratterizzazione di questi personaggi è ciò che ha attirato maggiormente la mia attenzione, insieme alle descrizioni minuziose dei luoghi, degli abiti e delle usanze del tempo.

Quest’ultimo punto, seppur interessante, ha però rischiato di allontanarmi dal racconto, costringendomi a tornare spesso indietro, superando le minuziose descrizioni, per potermi concentrare esclusivamente sui fatti.

Ripercorrere parti di un periodo storico, magari poco conosciuto, ha comunque un grande fascino.

Maledizione Notre-Dame è sicuramente un libro che ameranno gli amanti del genere.

Un libro in cui storia e fantasia sanno mescolarsi insieme come il più prezioso elisir alchemico!

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Maledizione Notre-Dame
Il secondo piano. una storia di ebrei, suore, coraggio e carità

Il secondo piano. una storia di ebrei, suore, coraggio e carità

27 gennaio, il giorno in cui si prendono le vanghe e si riesuma il ricordo delle trincee, delle fosse comuni, dei corpi lacerati, affamati, abusati; ma Il Secondo piano di un monastero conserva ancora la luce della speranza.


Un giorno che non può, non deve essere solo un giorno, ma si sa, per convenzione e comodità occorre attribuirgli una data.


Proprio il 27 gennaio del 1945 le truppe dell’armata rossa arrivarono nella città polacca di Oświęcim, per primi a liberare i pochi superstiti.


In tedesco Oświęcim si chiama Auschwitz, loro furono i primi a venire a conoscenza dell’orrore del genocidio nazista.


Tra le vie del ghetto di questi fatti non si aveva la certezza, ma durante l’ultimo shabbat prima dello sgombero le famiglie avevano un freddo più intenso, misto a paura di qualcosa che non conoscevano completamente.


Dicono che stanno arrivando-

E sono arrivati con tutta la loro devastazione.


Alcuni sono stati informati prima e si sono nascosti nelle campagne, gli altri sono stati spinti a forza dentro le camionette.
Urla, percosse, terrore nella notte.
Smarrimento.

Il secondo piano è quello di un monastero di suore francescane votate alla carità.


Le finestre del secondo piano sono chiuse,

-C’è disordine dicono- ,
ma anche quando il sole splende arrogante fra le bombe, non riesce ad entrare nel Secondo piano.


Le sorelle fanno la carità in ogni modo possibile, in tempo di guerra, con le strade vuote e soltanto persone nascoste negli angoli più bui, loro affrontano le guardie tedesche.


Dentro il monastero di via Poggio Moiano le notizie arrivano filtrate dal parroco della chiesa accanto e le preghiere alla Vergine si innalzano sempre più accorate affinché possano arrivare i giorni di pace.


Non ci sono solo preghiere nel monastero dove Madre Ignazia è la Badessa.

Il pane basta appena, viene diviso in pezzi piccoli, sempre più piccoli, a volte viene cosparso da un velo di marmellata, quella che doveva essere barattata con le uova, per rendere felice chi, a mala pena, riesce a stare in silenzio.


C’è solo una scala a separarli dalla guerra, dei gradini che sono garanzia di sopravvivenza a costo di sacrifici.


In situazioni di emergenza ci sono scelte importanti da fare, di comune accordo le regole si possono trasgredire in virtù dell’umanità e del sostegno reciproco.


I ritmi della vita del monastero si discostano minimamente da quelli usuali: preghiera, lavoro, cura dell’orto e del giardino, ancora preghiera,cura dell’altare, ricamo;

e poi ci sono le scale del secondo piano che vengono calpestate spesso, ma senza dare nell’occhio.

I romanzi che parlano di questo periodo storico sono spesso caratterizzati da molta violenza, Ritanna Armeni sceglie di dedicarsi ad un altro aspetto, più nascosto, anzi quasi invisibile: i rapporti umani.


In un periodo in cui non c’era tempo per i sentimentalismi perché bisognava cercare di salvare la pelle, ci sono piccoli mondi, in questo caso al femminile, dove la priorità è quella di sostenersi e sostenere chi è perseguitato.


Un romanzo dai toni delicati, per quanto lo si può essere in tempo di guerra, parole che sembrano entrare in punta di piedi e con discrezione dentro un luogo sacro, che raccontano di scelte di vita, di sacrifici compiuti con gioia, anche a costo della propria vita.


Ritanna Armeni scrive uno splendido romanzo fatto di coraggio e silenzio, fatto di fede vera, quella che vede Dio negli occhi delle persone e non solo nelle statue degli altari.

Un romanzo di sostegno femminile.

Un consiglio, non trascurate la postfazione!

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Il re del grano e la regina di primavera. Cosa sfugge agli occhi?

Il re del grano e la regina di primavera. Cosa sfugge agli occhi?

Quando ho letto il titolo di questo libro, nella mia mente si sono create immagini che rievocano scenari ancestrali. Naomi Mitchinson, nel 1931 circa, scrive Il Re del Grano e la Regina di Primavera, edito nella nuova traduzione per Fazi nel 2022 e inserito nella collana Lainya.

Questo libro è considerato uno dei capolavori del fantasy e, anche se con qualche riserva, si può dire che la fama sia meritata.

Ma Il Re del Grano e la Regina di Primavera è molto più di questo.

Cosa non sapete de Il Re del Grano e della Regina di Primavera?

Normalmente non leggo le altre recensioni scritte in merito a libri che sto analizzando per non essere, in qualche modo influenzata dai giudizi altrui ma, questa volta l’ho fatto.

Potete leggere che questa è la storia di Erif Der (la Regina di Primavera) e di Tarrik (il Re del Grano), di come l prima cercò, per ordine di suo padre e suo fratello, di ammaliare con la magia Tarrik per poter poi ottenere il potere sulla comunità di Marob.

Il che non stava a significare avere solo il potere politico ma anche quello religioso.

Scoprirete che Marob non è una città esistita ma immaginaria all’interno del territorio degli Sciti e che in questa popolazioni le donne sono detentrici di poteri magici.

Vi diranno che Erif Der e Fililla (uno degli altri personaggi femminili) sono l’emblema di donna che lotta contro una società patriarcale e che, attraverso la forza di volontà e un carattere incandescente, ottiene un’emancipazione dai costumi sociali della sua epoca.

Tutto questo è vero, ma c’è molto di più. Altrimenti nelle 790 pagine di questo libro vi perdereste senza trovarne il capo e la coda.

Cosa, quindi, c’è da scoprire ne Il Re del grano e la Regina di Primavera?

Siamo pressappoco in età ellenistica, Alessandro è già passato a miglior vita (cosa che davvero gli auguro) e i diadochi hanno messo a ferro e fuoco il suo impero riducendolo in frantumi.

La narrazione inizia in Scizia, territorio più o meno compreso tra il Volga e il Dnestr (per aiutarvi è, grosso modo, il luogo in cui oggi si combatte una guerra), e tocca molti altri territori famosi: Sparta, Megalopoli e Alessandria.

Alcuni dei personaggi sono realmente esistiti, come potete constatare dalla casa regnante di Sparta che dei fasti dell’antica città guerriera ha ormai solo il nome.

Ma fino a qui non vi ho ancora detto cosa non avete ancora scoperto di questo corposo ma bel libro.

Non fatevi fuorviare dalla ricerca della bellezza di Berris, dalla fame di toccare l’intangibile di Tarrik e dalla lotta all’emancipazione di Erif e Fililla.

Il Re del grano e la Regina di Primavera nasconde il suo vero significato in un capitolo che potrebbe passare inosservato.

Sto parlando della cerimonia del raccolto. Tutte le culture toccate da Naomi Mitchinson hanno in comune la celebrazione del raccolto, è un rito di passaggio ed è qualcosa di ancestrale per ogni popolazione a prescindere dai riti religiosi che questa pratichi.

Sapete cosa hanno in comune tutte queste popolazioni nel libro?

Tutte sono in un momento di mutamento in cui l’ordine è sul punto di spezzarsi, sono tutte in un inverno in cui solo un apparente distruzione invernale può portare alla rinascita primaverile.

Affrontare un “male” necessario per consentire alla terra di rinascere, questo avviene in natura e nelle civiltà, anche se gli esseri umani spesso hanno modi davvero discutibili di mettere in pratica questo meccanismo di rifioritura.

La Mitchinson crea una storia che solo in apparenza è una storia tra ragione e sentimento, tra filosofia e magia, in questo il suo amico Tolkien le ha ben insegnato.

Nascondere tra le trame la struttura di segreti che, forse, non hanno bisogno di essere spiegati a chi vuol intendere.

C’è ancora molto altro da scoprire e non sempre i protagonisti ve lo renderanno facile!

Vi auguro una buona lettura e fatemi sapere cosa ne pensate.

Il Re del Grano e la Regina di Primavera

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Altri suggerimenti per le vostre letture? Le lupe di Pompei di Elodie Harper. Vite amare in un lupanare e Lo sguardo di Medusa. Un mito che non smette di essere cantato e abusato.

Ari il campo, ma non è tuo. Perchè il campo dovrebbe ascoltarti? La terra chiusa non vuole l’aratro, e fredda e dura sarà per il seme. Perchè dovrebbe venire la primavera?

Il canto di Messalina. Melodia distorta di un’imperatrice.

Il canto di Messalina. Melodia distorta di un’imperatrice.

Tra tutti i personaggi femminile della storia antica che nella mia vita da lettrice e da storica, ho conosciuto, lo ammetto: tutte mi aspettavo tranne la più improbabile di tutte. Antonella Prenner, per Rizzoli, pubblica Il canto di Messalina.

In fondo, perché no?

Perché la scandalosa imperatrice di Roma non dovrebbe aver voce, in questo periodo storico, in cui tutte le eroine delle leggende prendono voce per smascherare l’ingiusto trattamento che è stato riservato loro?

Figlia di Domizia Lepida, nipote della sorella di Augusto, e di Marco Valerio Messalla Barbato, Messalina è, se non la più famosa, una delle più famigerate matrone della casa imperiale.

Antonella Prenner, forse ha infiorettato la vita di questa giovine, ma ci restituisce una Valeria Messalina viva e ebbra di passioni.

Sapete, quando ho visto questa pubblicazione, mi aspettavo che la scrittrice mi avrebbe raccontato di una Valeria Messalina che le fonti avevano distorto, che mi avrebbe narrato un’imperatrice distrutta ingiustamente dalla tradizione che ne ha narrato le gesta.

Mi aspettavo un libro in cui non mi sarei riconosciuta come storica e che avrei storto il naso ben più di qualche volta.

Come è andata? Il canto di Messalina è un canone inverso, è una melodia dissonante e straziata.

Non sono così abile con le parole, probabilmente non riuscirò in poche righe a dirvi cosa c’è da sapere su questo personaggio ma farò quello che posso.

Valeria Messalina prende il suo nome dal padre, le ragazze del suo tempo non hanno la possibilità di ricevere un nome scelto tra milioni di possibilità.

A Roma le ragazze ereditano il nome della loro Gens paterna.

Le donne romane erano più libere delle donne greche, soprattutto quelle nate nelle famiglie più abbienti, ma non pensiate che potessero avere chissà quale margine di azione.

Non avrebbe mai potuto scegliere di sposarsi per amore, nemmeno se suo padre fosse stato vivo lo avrebbe permesso.

Era davvero molto giovane, per i canoni moderni lo sarebbe stata troppo.

Il canto di Messalina cosa vi mostra che ancora non sapete?

Suppongo che nell’immaginazione di tutti, Messalina sia quanto di più vicina ad una donna che si può definire poco virtuosa.

Famosa per i suoi complotti, per gli omicidi commissionati e per la libertà discinta nell’amministrare il suo corpo.

A suo confronto, le accuse degli storici mosse contro Livia Drusilla, Giulia e Agrippina maggiore sembrano delle reprimente per educande.

Messalina e il suo canto… non c’è giuria che possa assolverla, nemmeno al giorno d’oggi.

Il canto di Messalina, ve l’ho già detto: non è una melodia pastorale, non è un valzer.

La sindrome di Messalina è un fenomeno riconosciuto dalla psicologia e vi rimando alle pubblicazioni scientifiche per sapere di cosa si tratta ma posso dirvi che i nomi delle sindromi non spiegano la personalità della persona che dona loro l’appellativo.

Fatico a trovare le parole per questo libro che mi ha sorpreso. L’ho letto in due giorni e mi ha completamente stravolta.

Messalina NON è una vittima, l’imperatrice vive in una follia dissociativa.

È difficile accettare, per noi ma anche per le persone come Messalina, che ci sia qualcuno al mondo che non percepisce la realtà di quello che si percepisce e che si vede. Queste persone insistono di essere nella ragione e per chi sta loro attorno è un gioco al massacro.

L’atmosfera della lettura di questo spartito è dissonante.

Il canto di Messalina è la strozzata cacofonia di una musica che suona nelle orecchie di chi la canta in maniera differente di come arriva a chi la ascolta.

La danza di una menade che non ha visto finire il baccanale e ancora balla senza la musica ad accompagnarla.

Questa è una marcia di morte e la giovane Valeria Messalina non se ne accorse prima del barlume d’argento.

Vorrei che teneste a mente questo, perché nel libro è ben presente quest’atmosfera: Messalina cercherà di irretirvi alle sue ragioni ma, davanti a voi, è ben presente la realtà che lei sta distorcendo.

Potreste essere in accordo sul fatto che è stata data in sposa ad un uomo molto più anziano di lei e che lei non volesse.

Suo marito fu scelto dai suoi genitori su consiglio dell’imperatore, non è nulla di strano per quel tempo, ma Caligola non era una persona a cui si potesse dire di No.

Claudio non solo era anziano ma anche claudicante e balbuziente. Insomma, per una bellissima giovane quale era Messalina, non era quello che si dice un adone.

Roma, ahimè, non è governata da sentimenti o da favole ma da alleanze.

Chi ha mai avuto tra le mani l’Apolokyntosis di Seneca ha un’idea di come lo zio di Caligola apparisse ai suoi detrattori.

Messalina ha molti spettri nella mente che si agitano convulsi: Valerio Messalla, Giulia e Agrippina Maggiore. La giovane imperatrice coltiva questi nomi come miti senza rendersi conto che le loro storie non sono la sua.

Messalina è arrogante, talmente da non comprendere. Non ascolta nessuno finché non sente quello che vuole lei.

Non vi confondete: Valeria Messalina NON è un eroina moderna.

Non ha bisogno di amore ma di assoggettare le volontà ai suoi capricci.

Si dice che nella gens giulio-claudia scorresse il gene della pazzia e forse è così ma…

Messalina canta alla sua cara luna una canzone non sente nessun altro.

Si è prefissa una missione che non aveva motivo di esistere, ha compiuto atti indicibili per il puro piacere di esercitare un potere che era il riflesso della luce di altri.

Lei guardava l’uomo che era stata costretta a sposare ma non vedeva Claudio.

Eternamente insoddisfatta per i motivi più volubili, tenterà di convincervi che il mondo è contro di lei.

Tenterà di essere la sirena che vi conduce nelle profondità del mare.

Non c’è davvero giuria che potrebbe assolverla. Non c’è coro che potrebbe assecondare la sua musica, nessuna Circe a comprendere i suoi incantesimi. Nemmeno Medea comprenderebbe la sua ira.

A differenza delle donne che Messalina prende ad esempio per giustificare la sua condotta, Livia Drusilla e Tiberio non avrebbe dovuto mandare nessuno a metterla a tacere: non c’è bisogno di far uccidere chi si distrugge da solo.

Il canto di Messalina

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Era felice perchè vedeva il suo proposito vicino, le mani sulla pelle di suo marito flaccida, pallida, fredda di morte, lo avrebbe accarezzato, trafitto da una spada o rosso di sangue ancora fresco, oppure livido al collo per il segno della corda, gli occhi sbarrati in cerca del respiro interrotto, e gli avrebbe dato un bacio sulle labbra esangui, l’ultimo, l’unico vero. Ma possibile che felicità significasse dare la morte?

100 Natali: A Christmas World Regency & Victorian. Le tradizioni svelate.

100 Natali: A Christmas World Regency & Victorian. Le tradizioni svelate.

Le festività natalizie si avvicinano e ognuno di noi aspetta il Natale rispettando le tradizioni della propria famiglia o, se siete come me, secondo le tradizioni che considera confacenti alla propria personalità. Ma come è facile perdersi e lasciarsi trasportare tra le molte usanze per le festività e, quando si pensa al Natale, spesso, capita di pensare all’Inghilterra e al suo charme centenario in merito di festeggiamenti. Infatti, questo Natale ho prontamente provveduto a mostrarvi un testo che potrebbe donarvi qualche spunto in più: 100 Natali: A Christmas World Regency & Victorian di Antonia Romagnoli.

Questo libro è un saggio sul Natale, un compendio di come gli inglesi, durante il periodo della reggenza e il regno della regina Vittoria, hanno formato il loro Natale e lo hanno reso immortale.

Ma non è solo questo.

100 Natali: A Christmas World Regency & Victorian è un ricettacolo di storie, origini e segreti di tutto quello che al giorno d’oggi è ancora simbolo del giorno di Festa per eccellenza.

Volete sapere da quale periodo storico i nostri amici di oltre Manica hanno ereditato i loro segreti per le loro dodici notti? 100 Natali lo sa e la sua autrice ve lo racconta.

Per essere precisi i periodi storici in esame vi verranno presentati separatamente ma scoprirete che molte tradizioni sono simili ma si sono evolute trasformandosi in qualcosa che ha un sapore vittoriano ma somiglia molto a quello che per noi è il vero spirito natalizio.

Siete amanti dei due periodi storici di cui stiamo parlando e vi piacerebbe organizzare le festività seguendo le giuste tappe? 100 Natali vi preparerà dalle scarpette agli abiti e lo farà con la stessa grazia con cui lo farebbe una vostra amica.

100 Natali: A Christmas World Regency & Victorian vi catapulterà nel mondo di Dickens, Jane Austen e tutti i loro personaggi.

A me è capitato di voler riprodurre la colazione delle sorelle March offerta dal Signor Laurence, oppure di voler sfidare l’inaccessibilità di Mr. Scrooge e preparargli un giusto pranzo di Natale ma… come fare?

Per un giorno potremmo essere come le Benedetta della cucina: ci divertiremo cucinando.

Se avete 100 Natali avrete a disposizione le ricette per preparare un ottimo pranzo pienamente rispettoso dell’epoca.

Proviamo le ricette e diciamoci se ci sono piaciute… la cucina inglese può non piacere a tutti ma io la trovo deliziosa. Dovete solo entrare nell’atmosfera.

Ma tutto questo non basta.

Chi di voi non è stato affascinato dai cantori natalizi? Io ho un amore smisurato per una delle carole più tetre di sempre.

No, non mi riferisco a Auld Lang Syne ma a Carol of the Bells. Ma da dove trae la sua origine, sapete che in realtà deriva da un canto ucraino, poi ri-arrangiato e adattato per diventare un canto natalizio?

Quando sento quel coro mi vengono ancora i brividi…oltre a ricordarmi un certo ragazzino che tiene in scacco i due ladri che vogliono svaligiargli la casa…ricordate vero Mamma, ho perso l’aereo?

Lo so che non ha niente a che fare con il Natale Regency o Vittoriano ma ormai vederlo è una tradizione e abbiamo in comune Carol of the Bells, quindi perché no?

Ma tutto questo non sarebbe sufficientemente natalizio se 100 Natali: A Christmas World Regency & Victorian non avesse in serbo per voi anche i racconti sulle leggende natalizie e i suoi simboli più conosciuti e i giochi di società che potrebbero allietare le vostre serate.

Per una volta scoprirete che un divertimento semplice e un tantino licenzioso potrebbe rendere speciale un periodo già magico per se stesso.

Perché non provare?

Se non vi ho convinto fino ad ora in merito a questo libro, voglio aggiungere che il corredo fotografico e meraviglioso e l’autrice ha fatto un lavoro di ricerca che non comprende solo notizie che potremmo facilmente reperire ma anche i segreti nascosti solo nella letteratura mai tradotta in italiano, quindi ora siamo possessori di particolari che nessuno ha mai condiviso con noi.

Ora siete convinti? Bene, ora vado nelle mie cucine e dico a miei servi (ovvero a me stessa) di iniziare a preparare l’occorrente, venite con me?

100 Natali: A Christmas World Regency & Victorian

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“Vivrò nel passato, nel presente e nel futuro!” Ripetè Scrooge scendendo dal letto.

Canto di Natale – C. Dickens

Le lupe di Pompei di Elodie Harper. Vite amare in un lupanare

Le lupe di Pompei di Elodie Harper. Vite amare in un lupanare

Ogni lettura per me è diversa. Alcune volte la mia attenzione si impiglia, viene trascinata dalle maglie della storia e la passione per la narrazione aumenta fio a che non mi trovo completamente travolta dalla storia. Questa volta la storia mi ha travolta ma non nella maniera consueta: Le Lupe di Pompei di Elodie Harper, edito per Fazi nel 2022, è stata più una catena che mi ha immobilizzata e mi sono accorta di cosa succedeva solo quando mi sono sentita soffocare.

Questo libro è solo il primo di quella che si preannuncia una trilogia davvero interessante.

Lo ammetto con i lettori, questo libro mi è finito tra le mani perché mi aspettavo una storia interessante ma leggera.

La copertina non fa pensare ad un libro frivolo ma dona al colpo d’occhio un tocco seducente che permette di acquistare questa storia per poi svegliare il lettore con tutta calma, giusto un passo dopo aver varcato la soglia del Lupanare.

Quasi tutti sanno che i Lupanari nella società romana erano i postriboli in cui le donne svolgevano il mestiere di prostitute.

Ma, oltre ad immaginare l’ovvietà della condizione di queste donne (non che non ci fossero degli uomini) schiave e prigioniere, vi siete mai soffermati a pensare che queste fossero delle vite appartenenti ad esseri umani?

Sembra una domanda scontata o una critica ma non vuole esserlo. Si sorvola sempre sulle vite delle persone che vissero molti secoli prima di noi, non ci si chiede mai come fosse essere loro.

La vita di una schiava o di uno schiavo, per la maggior parte di loro, era dura. Stenti e fatica erano all’ordine del giorno e della notte e solo qualcuno trovava un padrone giusto, di questi ultimi solo una parte finiva di riacquistare la propria libertà.

Ne Le lupe di Pompei riacquistare la propria libertà è per lo più un miraggio.

Questo è un libro sulle umili della storia.

Il libro è ambientato a Pompei solo qualche anno prima della grande eruzione e non molti anni dopo un grande terremoto che sconvolse la regione partenopea e non solo.

Elodie Harper ha ricostruito una Pompei viva, una pittura molto più che vivida di una cittadina che era un crocevia di genti e molte etnie diverse.

Ha dipinto il mondo degli schiavi in modo che ne Le lupe di Pompei il lettore potesse sentire le catene e potesse finire strozzato da queste.

Le vite narrate sono cinque, ognuna delle ragazze fa i conti con la vita come meglio riesce.

Delle cinque è Amara quella che il lettore segue più da vicino ma attraverso lei e alla sua presa di consapevolezza del mondo in cui vive, si capisce che nemmeno il punto di vista più vicino è sempre abile nel capire quello che lo circonda.

All’inizio della lettura non capivo se il libro mi piacesse. Le lupe di Pompei non si è fatto amare subito, mi sono affidata alla fine ricerca storica dell’autrice e ho deciso di prendere per mano la sua protagonista per capire cosa ci fosse che non riuscivo a capire.

Sapete cosa stava succedendo? Le lupe di Pompei mi stava mostrando delle realtà che il mio cervello non stava accettando.

Mi sono data della sciocca da sola, in fondo sono un’archeologa e conosco i luoghi. Quello che non mettevo a fuoco e che conosco i luoghi, conosco il loro uso e liquidavo come quello che succedeva al suo interno come la conseguenza di un dato di fatto.

Il cinema e la letteratura ci hanno più volte detto cosa capitava alle prigioniere di guerra, alle indigenti. Io stessa ho parlato delle donne di Troia nella mia ultima recensione su Il pianto delle troiane, eppure ho dimenticato.

Ho dimenticato che non solo le protagoniste di una storia famosa come la guerra di Troia hanno avuto un epilogo tragico ma è anche la sorte di altre protagoniste di “guerre” molto più piccole e non cantate dalla storia.

Le lupe di Pompei erano donne con un’anima esattamente come la mia e le vostre e si sono guadagnate il diritto di raccontare la loro storia.

Le lupe di Pompei

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Da morti non si vale niente.

Graffito a Pompei