Buongiorno viaggiatori, oggi vi parlo di un libro edito Bompiani: L’avvelenatore di Emanuele Altissimo.
Tutto inizia quando il padre di Arno Paternoster viene trovato morto nella sua casa.
Si tratta di omicidio e proprio Arno è il primo sospettato.
Quanto un padre può essere avvelenatore per la vita di un figlio?
Arno ha sempre avuto con suo padre un rapporto difficile che lo ha portato a prenderne le distanze.
Perché l’avvelenatore mi è piaciuto?
Nella narrazione, Emanuele Altissimo, ci accompagna nella vita di Arno e della sua famiglia ma non solo, facendo emergere piccoli segreti.
Piccoli dettagli che serviranno al lettore per riflettere su temi importanti.
I rapporti familiari sono complessi, c’è chi riesce a viverne il rapporto in modo sereno e chi invece sente il bisogno di allontanarsi e tagliare i ponti.
Incomprensioni, punti di vista differenti … ci sono tanti motivi che possono portare a decisioni drastiche.
I personaggi che l’autore ci presenta sono ben caratterizzati ed è difficile non immedesimarsi in alcune circostanze.
il romanzo di emanuele altissimo propone un tema attuale.
L’avvelenamento dei terreni fatto solo per guadagnare.
Un thriller ben strutturato, scorrevole, che si addentra nelle tematiche familiari dove questioni irrisolte portano alla luce tensioni, segreti e qualcosa di inaspettato.
Una lettura che mi è piaciuta e consiglio a tutti soprattutto per l’aspetto psicologico.
Negli ultimi anni molti libri diventano famosi sui social network prima ancora che nelle librerie. Di solito non mi incuriosiscono perché ho una sorta di spirito da bastian contrario ma una copertina mi ha incuriosita: Anime di pietra di Lloyd Devereux Richards edito per Piemme che ringrazio per la copia.
La copertina è bellissima, mi ricorda un disegno fatto con il gesso su lastre di ardesia.
Inoltre, come spesso accade, il mio cervello l’ha associata ad un altro libro che ho amato (fidatevi, lo ha fatto senza un vero motivo apparente visto che le due hanno in comune solo l’immagine di un albero) quindi ho deciso che dovevo leggerlo.
Anime di Pietra è un Thriller.
La protagonista Christine Prusik è un’antropologa forense e si trova ad essere assegnata, con un ruolo di comando, ad un’indagine che mostra da subito qualche cosa di strano: qualche elemento dei delitti risuona come un’eco di un evento passato.
L’antropologia è una scienza affascinante e negli ultimi anni le serie tv hanno offerto numerosi esempi su cosa un antropologo esperto possa arrivare a comprendere dal solo concatenarsi di alcuni comportamenti.
Sappiamo, ormai tutti credo, dalla cronaca e dalle sempre presenti serie tv, che i serial killer spesso hanno comportamenti, ripetitivi al limite della compulsione, che poi definiscono quella che viene chiamata: Firma.
La firma dell’assassino di Anime di pietra consiste nell’inserire piccoli animali di pietra all’interno dell’esofago delle sue vittime.
Questo particolare modus operandi ricorda molto una pratica messa in atto da una popolazione indigena della Nuova Guinea.
Quando l’agente Prusik se ne rende conto Anime di pietra inizia a sembrare l’opera di un serial killer piuttosto efferato.
Quello che Christine non sa è come le due cose si colleghino e perché tutto questo viene ad incidere sul suo passato.
All’indagine su questi strani ed efferati omicidi si associa anche un’indagine psicologica su una tematica che al pubblico piace sempre moltissimo ma che non vi rivelo per non rovinarvi il libro.
Chi mi conosce sa che con i Thriller io ho un rapporto scostante.
Di solito non è un genere che apprezzo. Alcuni mi sorprendono, però.
Anime di pietra lo ha fatto? Nel complesso è stato molto interessante e piacevole ma qualcosa non mi ha proprio convinta, anche se mi rendo conto che quello che non ha fatto impazzire me deve, per forza di cose perché io non sono il giudizio del mondo, essere molto piaciuto ad altri.
Anime di pietra è un buon thriller, ne ha tutti gli elementi e la lettura è scorrevole.
La storia narrata tiene in tensione il lettore anche se non posso dire che la trama sia la più originale che abbia mai visto, però ci sono spunti piuttosto interessanti che stimolano il lettore a volerne sapere di più, o almeno lo hanno fatto con me.
Cosa invece non mi ha convinto?
Ormai siamo abituati ad una sorta di necessità nell’avere un protagonista femminile e non c’è nulla di male in questo, ognuno sceglie il protagonista che desidera.
Se la storia regge lo fa anche se il protagonista è una capra ma è davvero sempre necessario inserire la romance tra i protagonisti? Un’agente donna non può essere brava, professionale e risolvere i crimini senza per forza dover avere problematiche di cuore?
In fondo la nostra Christine di problemi ne ha più che a sufficienza senza per forza dover annettere anche il teorema della donna in carriera che però ha bisogno di essere “salvata”, no?
Questo particolare elemento è stato l’unico che ha stonato nella mia percezione del romanzo. Perché il libro, come vi ho detto è piacevole, ben scritto e offre dei bellissimi spunti di approfondimento culturale per chi fosse interessato.
Vuoi scoprire la trama di Anime di pietra? Clicca sulla parola LINK
“Dopo aver mangiato gli organi interni delle persone assassinate, il feroce clan degli altipiani della Nuova Guinea depositava i talismani di pietra nei corpi delle vittime.”
Buongiorno viaggiatori! Oggi voglio parlarvi di “Posto sbagliato momento sbagliato”, l’ultimo thriller che ho letto grazie a Fazi editore.
Posto sbagliato momento sbagliato è uno dei thriller più chiacchierati del momento.
Perché? Cerco di rispondere facendovi qualche domanda…
Si può impedire un omicidio che è già avvenuto?
Quanto conosciamo realmente chi ci sta accanto?
E se si potesse tornare indietro nel tempo per rimediare a un errore troppo grande?
Posto sbagliato al momento sbagliato risponde a tutte questi interrogativi e a molto altro.
Una madre che, mentre aspetta che suo figlio diciottenne torni a casa, assiste a qualcosa che la sconvolge.
Un omicidio e l’assassino è proprio lui, suo figlio. Come si sopravvive a qualcosa del genere?
Una vita distrutta, un futuro andato in mille pezzi, se non fosse che: Jen, dopo essere andata a dormire si risveglia sempre in un giorno precedente all’omicidio.
La questione sembrerebbe intrigante ma un’ottima presentazione da sola non basta.
Devo essere onesta e dirvi che purtroppo ci sono state delle cose che non mi hanno convinta rendendo questa lettura, a mio avviso, a tratti noiosa, soprattutto perché quando si tratta di thriller cerco suspense, ritmo e personaggi accattivanti e qui non ho trovato nulla di tutto ciò.
In un thriller psicologico, la caratterizzazione dei personaggi deve essere curata nei minimi dettagli e qui purtroppo ho trovato la prima cosa che mi ha fatto storcere il naso.
Ho trovato che l’autrice sia stata superficiale non prestando la giusta attenzione ai dettagli.
Anche sulla scrittura ho avuto qualche difficoltà perché non era abbastanza scorrevole, mi sono mancati colpi di scena e quando li ho trovati erano deboli e troppo dilazionati, e questo ha reso il tutto un po’ piatto.
Sono molto dispiaciuta nel dirvi che la trama dal potenziale ottimo, secondo me, non è stata gestita nel migliore dei modi durante la stesura del romanzo.
Ciò non toglie che questa possa essere una lettura adatta a chi cerca un ritmo più lento, ma per me si è rivelata deludente.
L’imprevedibilità della vita porta l’animo umano all’inevitabile curiosità verso il domani, lo racconta la storia, ce ne parlano le carte e le pagine dei Chiostri di New York.
Ci affanniamo continuamente a scavare, sondare, analizzare questo misterioso universo che è la vita, una curiosità che abbiamo coltivato fin dai tempi passati. Bastava un fulmine scagliato su un albero per pensare all’ira degli dei, o una settima figlia femmina per portare sventura. Leggende, superstizioni, letture delle varie sfaccettature della vita.
Quando la maestria umana però riesce ad incasellare la sfida dell’uomo con il destino, allora nascono cose davvero preziose. A quel punto coppe e bastoni non diventano solo scommesse da fare su un tavolo in compagnia di amici.
Le carte si vestono di arte arcana, trasformandosi nel chiaro segno, nella risposta alla domanda, nel responso dell’oracolo.
Tra l’egittomania della Francia del XVIII secolo e l’atmosfera di una corte che amava segreti e misteri,
i tarocchi svilupparono un uso completamente differente.
Ma credo che ci sia ancora da dibattere sulle pratiche occulte nel XV secolo,
specialmente nelle zone tra Venezia, Ferrara e Milano.
Un’area che era una specie di triangolo d’oro per pratiche magiche sperimentali.
Ne I chiostri di New York c’è la ricerca del segreto a tutti i costi e con ogni mezzo, lecito o meno.
Passeggiare tra gli antichi chiostri del museo di Cloister deve aver avuto un grande fascino per la giovane ricercatrice Ann.
Intricati labirinti nei quali la via d’uscita non sempre è chiara.
Ma in lei c’è la passione verso la ricerca, l’emozione nell’avvicinarsi ad oggetti dal valore simbolico, che risalgono a secoli addietro. La passione verso la conoscenza è un tarlo che non lascia mai in pace, né di giorno, né di notte; logora fino a che non raggiunge il più alto grado di soddisfacimento. A volte però la tenacia verso questa ricerca può portare ad abbattere tutto ciò che ci sta intorno, oggetti e persone, che assumono valore in base all’uso che se ne farà per raggiungere l’obiettivo.
Nei Chiostri di New York, oltre alla ricerca storico artistica del primo mazzo di carte usato per la divinazione, si intrecciano vite e storie d’amore, raramente oneste, troppo spesso manipolate.
Dal gioco delle carte al gioco mortale.
Ciò che più ho amato in queste pagine è stata l’interessante fusione tra storia, storia dell’arte e storia dell’occulto.
C’era bisogno di un po’ di magia per rendere sopportabile un’infanzia opprimente.
Così fra le pieghe di una Papessa che cela le vesti della Sacerdotessa, restano incastrati ricordi, fantasmi del passato che riemergono a ricordare chi siamo veramente. Altre volte l’asso di spade taglia tutto senza guardarsi indietro, decapitando ogni bocciolo di sincera tenerezza.
I Chiostri di New York sono l’esordio narrativo di Kathy Hays che, da sapiente insegnate di storia dell’arte, ha saputo dosare mistero, storia e qualche goccia letale di Belladonna.
Quando il destino è già scritto,
l’ambizione può uccidere
La tensione è palpabile fra le pagine, ma anche la determinazione ad ottenere ciò che si desidera a tutti costi . Come se un nuovo arcano maggiore torreggiasse su tutti: l’ambizione. Ma c’è anche chi, nel silenzio apparente delle carte, sa trovare rivelazioni e un indomito coraggio per crederci ciecamente. Mi sono domandata alla fine, se fossero proprio le carte a decidere il destino degli uomini e non solo a raccontarlo.
Sostenevamo che le carte, come molte cose nella vita durante il Rinascimento, avessero un duplice scopo:erano sì usate per giocare ai tarocchi, ma anche per predire il futuro.
Buongiorno viaggiatori, oggi vi parlo de “ il mio omicidio “, un thriller originale, inaspettato e decisamente sorprendente che ho letto in anteprima grazie alla casa editrice.
Il mio omicidio non è solo un thriller ma anche un distopico e un romanzo che tratta argomenti importanti come la maternità e la depressione post partum e tanto altro… ma andiamo per gradi.
Lou, la nostra protagonista è una donna sposata e madre di una bimba di nome Nova.
La sua vita viene interrotta da un serial killer che le toglie la vita, ma l’autrice è pronta a stupire con il primo colpo di scena.
Perché Il mio omicidio è così particolare e originale?
Perché grazie alla commissione di replicazione, le viene data la possibilità di vivere ancora grazie alla clonazione.
Sì avete capito bene! Lou, dalle prime pagine, si ritrova a dover rivivere quello che definisce il mio omicidio, attraverso le persone che la circondano.
Ma Lou non è l’unica vittima del serial killer ad aver ricevuto una nuova vita dalla commissione.
Lei e le altre quattro “sopravvissute” si incontravano il martedì pomeriggio per condividere il ritorno alle proprie vite.
Ma le donne del gruppo non avevano reagito come mi ero aspettata. Al contrario, avevano replicato con una raffica di streotipi: Fai una pausa. Te la meriti. Hai tutta la vita per lavorare. […] Se avessi un bebè, lo amerei troppo per separarmene. E avevo sentito la vergogna invadermi fino alla pianta dei piedi…
L’autrice de Il mio omicidio ci porta ad affezionarci a Lou mentre cerca la verità sul suo omicidio. Un percorso pieno di domande, dove l’apparenza nasconde l’inaspettato e ci regala un colpo di scena dietro l’altro tra una riflessione e l’altra.
Ci racconta il suo rapporto con la maternità, ma ci permette di avere anche un punto di vista diverso come quello della madre del serial killer che affronta il dolore della condanna del figlio.
Io non sono riuscita a staccarmi dalle pagine, merito di una scrittura magnetica, un ritmo scorrevole e colpi di scena che tengono con il fiato sospeso fino all’ultima pagina.
Se penso a Lou, immagino come per lei non sia stato facile gestire tutto. Proprio quando inizia a indagare si scontra con qualcosa di sconvolgente.
Buongiorno viaggiatori, oggi vi parlo de Il dono, il nuovo thriller di Paola Barbato, che ho divorato. Può un gesto di solidarietà come la donazione degli organi nascondere qualcosa di male? Un dono che dovrebbe ridare speranza a chi lo riceve invece porta qualcosa di inaspettato.
Paola Barbato è un’autrice che stimo molto per la sua immensa bravura, i suoi thriller sono imperdibili.
Ne “Il dono” ha superato ogni aspettativa, mettendo tra le mani dei lettori un thriller che parla di male sì, ma lo fa attraverso la tematica dei trapianti, affrontata e approfondita alla perfezione anche dal punto di vista medico e psicologico.
Un thriller curato nei minimi dettagli che racconta le varie esperienze provate dai trapiantati, partendo proprio dal cuore ricevuto da un giornalista molto conosciuto che in seguito alla ricezione di questo “dono” toglie la vita ai suoi genitori.
“È stato il mio cuore!”
Quando l’ispettrice Flavia Mariani va a interrogarlo nell’infermeria del carcere dove è stato portato in seguito all’omicidio si aspetta tutt’altro e non è certo preparata di fronte alle parole del giornalista.
A tutti sembrano pura follia, un modo per ottenere l’infermità ma a lei no… qualcosa non le torna e con testardaggine si batte per iniziare a indagare su quel caso che si direbbe già risolto.
Può un serial killer continuare a fare del male anche dopo la sua morte?
La Barbato grazie a questo romanzo ci offre diversi spunti di riflessione, catturando completamente l’attenzione grazie alla sua scrittura magnetica che mette a nudo l’animo umano attraverso dei personaggi totalmente veri e credibili.
Scopriremo attraverso i capitoli a loro dedicati cosa si prova a dover attendere un organo con la paura di non farcela e come si vive dopo il trapianto. Ed è proprio qui che il mistero inizia a conquistare il lettore con una trama ricca di colpi di scena.
Le indagini guidate da Flavia Mariani cattureranno tutta la vostra attenzione, ho apprezzato la tenacia e la forza di questa donna che non si fa scrupoli nell’andare oltre alle apparenze alla ricerca della verità.
Riuscirà insieme alla sua squadra a scoprire chi ha ricevuto gli organi di Valerio Felici, un ragazzo apparentemente per bene che in seguito alla sua morte rivela di esser stato uno spietato serial killer?
Posso dire senza ombra di dubbio che “il dono” è uno dei thriller più belli che io abbia letto nell’ultimo periodo e vi consiglio di recuperarlo quanto prima!
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