Il canto di mr. Dickens. Fra Natale e valori immortali
Recensione a cura di Francesca
La vendetta degli dei. Da tragedia a show comico

Ostinati viaggiatori invernali, indomiti pionieri determinati a scoprire mondi anche nel periodo più rigido dell’anno, oggi vi accompagno nella Londra del 1843, dentro un racconto che parla del grande racconto di Natale : Il canto di mr. Dickens.


Non è facile entrare nel clima delle feste, almeno per me, occorre sempre un grande sforzo fisico e mentale.

Le luci mi abbagliano, così come l’eccessiva opulenza e il bisogno di trasformare un sentimento in un oggetto da donare. Tutto questo mi trascina dentro un vortice di disgusto dal quale sopravvivo solo grazie ad un sano distacco.


Allora mi trasformo nel vuoto, mentre tutto attorno a me si sforza di essere bello, luccicante e stucchevole.

Avevo bisogno di questo libro, di una lacrima sincera sotto le coperte, di un pensiero che mi accompagna fino al sonno e anche oltre.

Ho ritrovato un senso da dare a questo vortice confusionario grazie a Dickens e a Samantha Silva.


Ti sei rammollita Fra, mi sono detta più volte, ma la verità è che le atmosfere uggiose unite alle carrozze che sfrecciano nelle strade, il profumo del pane fresco e i bimbi che cercano di rubarne un pezzo, mi appartengono.

Ovviamente non ho duecento anni, ma il soffio di quei racconti eterni ed indimenticabili sono ricamati nel mio cuore di bambina e ancora oggi riescono a condizionare la mia visione del Natale.


Avevo tanti dubbi sulla scelta di questo libro e molta paura che la pretesa di voler raccontare la nascita di un capolavoro come A Christmas Carol fosse un’impresa troppo grande.


Invece Il canto di mr. Dickens mi ha saziato completamente ed immerso nell’unica atmosfera in cui avevo voglia di stare : la Londra umida e fangosa, quella dell’alta borghesia fatta di belletti e vizi, e quella di chi guarda da dietro le vetrine, sperando di riempire la pancia solo con sguardo, dei poveri signor nessuno affamati e senza voce.


Incontriamo un Dickens infelice e irrequieto, per niente pronto ad affrontare i bagordi natalizi.

Tante cose non vanno bene nella sua vita ed una sorta di inquietudine gli scorre sottopelle impedendogli di apprezzare le gioie che ha intorno.
I preparativi a Devonshire Terrace fervono, i suoi figli hanno lunghe liste di regali, i parenti bussano alla sua porta in continuazione con richieste o proposte che lui non “dovrebbe proprio farsi scappare”.

Ogni anno la stessa messa in scena che si ripete, ma questa volta qualcosa non va, The Life and Adventures of Martin Chuzzlewit non sta vendendo bene; forse un racconto di Natale potrebbe risollevare le sorti e riportare Dickens alla gloria che ora pare perduta, almeno così suggeriscono i suoi affamati editori.


Per un animo irrequieto come lui però, non è possibile affrontare un nuovo racconto senza prima scavare dentro la sua vita e ritornare nuovamente a credere.

Dickens conosceva benissimo quel trucco , ma sorrise ugualmente,

e non perché fosse eseguito con particolare maestria

– anzi, vi aveva colto una certa goffaggine-

ma per la verità di fondo di ogni spettacolo di magia, di ogni storia inventata, di ogni bugia:

il nostro grande bisogno di credere.

Per poter ritornare a credere in se stesso egli dovrà ripercorrere alcune tappe fondamentali della sua vita per risanarne le ferite e cercare di conservarne il più prezioso dei ricordi.


Eleanor Lovejoy, col suo mantello viola e il viso bianco e luminoso , lo accompagnerà nel suo cammino, con parole delicate ma mai illusorie gli donerà un nuovo sguardo su quel mondo che ora gli appare tanto superficiale.

Lovejoy, un cognome emblematico quanto tutti i personaggi di Dickens, Eleanor silenziosa come i primi fiocchi di neve gli farà aprire gli occhi verso il suo passato e lo preparerà al Natale presente.

“Che male potrà mai fare un fantasma?”

aveva chiesto lei, proprio in quella stanza.

Ma non si trattava affatto di una domanda.

Quella era la risposta.

I fantasmi ne Il canto di mr. Dickens hanno molti volti, si celano nelle sofferenze dell’infanzia, nella continua paura che le persone abbiano verso di lui sempre lo stesso scopo, si nascondono nei suoi stessi limiti e saranno proprio loro a suggerirgli il racconto .

“Alla fine credo davvero che il Natale inizi nel cuore”

La riscoperta del vero senso del Natale potrebbe apparire qualcosa di scontato, ma a me è sembrata una nuova scoperta, una rilettura con nuovi occhi :


Il grande dono del Natale è l’amore, ma per poterlo ricevere occorre saperlo donare.


Voglio ricordare un’ultima volta gli occhi del piccolo Timoty e la sua manina tesa per prendere quella di Dickens e continuare a credere nelle possibilità della vita, un’immagine che conserverò illibata dalla frenesia dei giorni che stanno per arrivare, in quell’angolo di cuore che desidera solo ispirazione e silenzio.
Buon Natale, qualunque cosa significhi per voi.

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