Se vi portassi a fare un viaggio a poche miglia dalla costa ligure? Andiamo a Zoagli, una piccola isola in cui non va mai nessuno e che è apparsa nelle tele di Arnold Böcklin. La chiamano L’isola dei morti, anche se il pittore la dipinse chiamandola “un luogo tranquillo”. Io l’ho scoperta quando Fabrizio Valenza mi ha donato una copia del suo libro: L’isola dei morti.
Ora che vi ho affascinato con questa tela dal fascino mistico e che siete volontariamente con me su questa barchetta in mezzo al mare, ora che non potete tornare indietro se non a nuoto, vi informo che è il 1885 e che non esistono il GPS e il cellulare e sull’isola non c’è che UN telefono ma l’unico numero che potete comporre è quello per richiamare il vostro Caronte.
Non preoccupatevi, né Dante né Virgilio verranno a salvarvi e, in fondo, non ce n’è bisogno. Andiamo in un posto tranquillo.
Di recente hanno tutti una passione morbosa per Mercoledì di Tim Burton ma io la amavo quando ancora il pubblico internazionale la riteneva la degna figlia di una coppia fuori testa, quando se ti chiamavano Mercoledì o Morticia era per insultarti e non per farti un complimento.
E questo cosa centra con L’isola dei morti?
Niente ma volevo dirvi che quando si parla di comportamenti riguardo alla morte io ci sono.
Un archeologo che non osa andare dove va un antropologo culturale sarebbe lo zimbello di tutti.
Potete accorgervene già dal dipinto, chi non ha pensato ai Re stregoni di Angmar guardando quelle sponde, evidentemente non ha una passione per Tolkien e forse nemmeno per Tim Burton, ma di fronte a voi ci sono grotte che sembrano tombe.
Andrea Nascimbeni è un antropologo e decide di voler indagare sul luogo, sulle tradizioni del luogo in merito alle inumazioni e come queste siano rimaste intatte nonostante il cattolicesimo.
Ve l’ho già detto che L’isola dei morti non è una meta turistica?
Il nostro studioso si accorge presto che c’è qualcosa di molto più che misterioso in questa isola. Sì, perché nessuno ne vuole parlare e chiunque fa di tutto per distoglierlo dalla sua intenzione.
Vi svelo in segreto: nessuno può dire a uno studioso dove non può andare a ficcare il naso. Se conoscete Indiana Jones o Lara Croft lo sapete bene.
Se avete sentito qualche diceria sulla spedizione che scoprì la tomba di Tutankhamon, ecco ora sapete anche che può non andare come speravate. Ma la storia sulla maledizione non è vera, non credete a tutto diamine.
Andrea, che forse ha più spirito di sopravvivenza di quanto lui stesso crede, si presenta a Rosina (che è la proprietaria dell’unico posto che potete chiamare locanda) con un nome diverso.
Forse perché qualcosa, oltre alle rimostranze di tutti riguardo al viaggio, non lo convince.
Nemmeno la locandiera lo vuole lì. Andrea insiste a chiamare il luogo L’isola dei morti, Rosina dice che per gli abitanti quel luogo non ha nome.
La locanda si chiama L’ultimo posto, vi è chiaro?
In effetti l’antropologia del luogo è singolare e il Nascimbeni se ne accorge prestissimo.
Benedetto ragazzo, una delle prime raccomandazioni che gli è stata fatta è quella di non farsi vedere dagli abitanti; la seconda è di andarsene prima del 32 di ottobre.
No, non mi sono sbagliata.
Durante il vagabondare del nostro personaggio, si è profilata davanti ai suoi occhi una pletora di individui che potrebbero farvi giungere ad una conclusione sbagliata, è successo anche a me.
Ma, come vi dicevo prima, non bisogna credere a tutto.
L’isola dei morti non si chiama così per il motivo che credete voi.
Alti cipressi adombrano il teatro di camere funebri che Andrea non tarda a trovare a caro prezzo.
Tra tutte le ipotesi che potrebbero giustificare una tale consuetudine funeraria, non sono sicura che il sesto senso di Andrea abbia subodorato quello esatto.
Io lo avevo immaginato? Sapete, quando noi studiosi siamo abituati a conoscere le abitudini di popoli molto antichi, anche quando questi popoli delle loro abitudini non ci hanno lasciato nulla se non i luoghi, ci capita spesso di fare la cosa più semplice: ovvero metterli in correlazione.
L’Isola dei morti non ha abitudini diverse da altre culture, solo che, per il nostro cervello, la possibilità che queste si verifichino in una società occidentale e sotto al sole della cattolicissima chiesa di Roma, rende la supposizione improbabile.
Quindi se una cosa sembra improbabile, viene scartata e capita di fare la figura degli sciocchi. Può capitare che alla fine tocchi riscrivere la storia delle scoperte sull’Umanità, non è una tragedia.
L’isola dei morti è antica e vive nel mondo al tempo presente.
Insomma, se nessuno vuole che gli esterni si facciano gli affari loro una ragione ci deve essere, giusto?
Quando la scopriremo sappiate che qualcuno deve chiamare Caronte, che si chiama Andrea anche lui, e deve farlo anche in fretta prima che succeda l’irreparabile.
Vi avevo avvertito che qui urlare AIUTO non sarebbe servito, vero?
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Mi auguro che ciò che leggerete nelle seguenti pagine, a voi solo dirette e non per gli occhi della Scienza, non vi induca a giudicarmi, ma che, anzi, possano muovervi a pietà della mia vita e della disperazione che la corrode.
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