Casa ci riserva la Vendetta degli dei di Hannah Lynn? State per scoprirlo.
Chi mi segue da un po’ sa che, ormai da tempo, mi impegno per leggere tutte le narrazioni che hanno a che fare con la rilettura del mito e, per fortuna, spesso, mi trovo coinvolta in miti che sono fedeli a loro stessi pur acquistando freschezza, potenza narrativa e nuovi significati.
Ma a questo servono i racconti che parlano di dèi e mortali: ad ispirare, a diffondere, ad insegnare, ad offrire spunti di crescita e limiti da vagliare.
Dove voglio portarvi in viaggio?
La Grecia antica è la nostra meta.
Micene è il regno coinvolto.
So che sarebbe affare di Artemide raccontarvi di quella città, in fondo, è stata lei ad essere testimone degli avvenimenti ma il compito di narrare è stato dato a me e Calliope mi ha appena prestato parte della sua ispirazione e donato il suo benestare quindi…
Miei cari fratelli e sorelle, miei amati astanti, accomodatevi e lasciate che vi parli di quando Agamennone, il re dei re, portò la sua tracotanza verso le porte della guerra più famosa della storia, del mito e della poesia epica: La guerra di Troia.
O meglio, vi parlerò della versione di Hannah Lynn della storia di Clitennestra, la sorella di Elena per cui la guerra ebbe inizio.
“Baggianate dico io”.
Torniamo a noi, il libro in questione è La vendetta degli Dei.
Agamennone offese mia sorella Artemide per una questione di caccia. Un povero daino che a lei piaceva particolarmente venne ucciso dal re di Micene e quando il vento per far partire le navi sparì Artemide capì che ad Agamennone andava forzata un pochino la mano.
Doveva decidere se per lui valesse di più l’onore della guerra o la sua famiglia.
Sapete tutti cosa scelse. Con un inganno fece credere ad Ifigenia e alla regina Clitennestra che la ragazza avrebbe sposato Achille.
“Per tutti i calici dell’Olimpo, lo avrei sposato anche io ma non è questo il punto”.
Ifigenia morì per amore dell’oro di suo padre e il vento tornò.
Nei 10 anni che quel bue vanaglorioso si prese il merito dei risultati di altri, a Micene governo la regina che si prese cura della città, della sua casa e dei suoi figli.
Lo fece come un re, di sicuro meglio del Suo re.
Furono dieci anni in cui la regina auspicò che l’uomo che l’aveva umiliata, aveva distrutto la sua vita a Sparta e ucciso il suo primo marito con il loro bambino, morisse per una ferita o una pestilenza.
Ma così non fu e non contento Agamennone portò a casa con sé anche una certa principessa troiana.
Comunque sia, mentre il re dei re era lontano, Clitennestra si innamorò della sua vita da regina libera e di Egisto cugino del sovrano.
“Non vi tedierò con la storia di Egisto, la famiglia di Agamennone è sempre stata un tantino…complicata per così dire”.
Quindi quando il magnificente vincitore di Ilio fece il suo ingresso a Micene accompagnato da Cassandra, la tragedia prende forma e soffia nel fuoco sulle ceneri di profezie, maledizioni e una rabbia che avrebbe fatto impallidire perfino Achille.
Clitennestra uccise sia suo marito che la principessa figlia di Priamo.
Quando, in questa storia, inizia la Vendetta degli dei?
Bella domanda, perché più che vendicarsi di un torto alle sacre leggi sembra che si divertano un sacco.
Decisamente più del dovuto.
Oreste, l’erede al trono miceneo, venne portato da un parente di Agamennone insieme a sua sorella Elettra che lo crebbe per avere vendetta per il loro padre.
Oreste per ordine di Apollo, interrogato a Delphi, uccise sua madre ed Egisto.
“Una vera tragedia questa antica legge che obbliga i figli a vendicare i loro padri!
Vedrete poi cosa accadrà quando il ragazzo verrà processato all’Areopago…
Certo, mio fratello Apollo era il suo difensore e mia sorella Athena fu chiamata a giudicare ma le Erinni avevano ragione: perché vendicare un padre è giusto mentre una madre non merita lo stesso?
Perché tutti i padri sono perfetti, forse?”
Questo retelling reinterpreta la storia della tragedia Orestea scritta da Eschilo con la quale l’autore vinse le Grandi Dionisie nel 458 a. C.
Il componimento era suddiviso in tre parti: Agamennone, Coefore e Eumenidi e vi era anche un poema satiresco: Proteo, creato per alleggerire l’atmosfera per il pubblico ormai provato dagli avvenimenti in scena.
Il Proteo è però perduto se non per qualche frammento e commenti posteriori alla sua stesura.
Dell’opera di Eschilo ci rimangono la sua potenza, i suoi insegnamenti e la profondità dei suoi protagonisti.
E questo libro? Cosa ci rimane de La vendetta degli dei?
Beh, ci sono molti buoni spunti, la storia la conosciamo, ma manca di…
Manca di profondità, manca l’abisso, non si sente la disperazione nella penna dell’autrice.
Non basta la tragedia già presente nella storia per rendere La Tragedia.
Quel poco di mordente che queste pagine avevano lo hanno perduto nelle ultime pagine: il processo a Oreste sembra un teatrino con una colonna sonora che ricorda programmi in onda negli anni ‘80 su quella vostra scatola animata.
L’autrice non menziona il Proteo ma se nella terza parte del libro la sua intenzione era quella di donare un po’ di leggerezza narrando con un tono da commedia i fatti del processo…l’impressione è che abbia calcato un tantino troppo la mano.
Mi è rimasto dell’amaro in bocca, il primo libro (il segreto di Medusa) era piaciuto anche ad Athena. Peccato, speriamo nelle prossime pagine sulle Amazzoni.
Volete leggere la trama de La vendetta degli dei? Seguite il questo link
Gli uomini non hanno più valore delle donne. I padri non valgono più delle madri. Pensate che un dio sarebbe qui a difendere una ragazza se questa avesse ucciso suo padre? Certo che no. Una ragazza sarebbe stata impiccata, o peggo.
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