Mi domandavo cari viaggiatori, se vi è mai capitato di non decidere la meta, di lasciavi semplicemente trasportare; io questa volta ho deciso di lasciar fare ai libri e la corrente mi ha portato verso La vita intima di Nicolò Ammaniti.
Un 2023 che ha inizio all’insegna di letture inusuali, mi sono trovata coinvolta e a volte torbidamente impantanata all’interno di nuovi stili narrativi, intricate emozioni che spesso spolverano aspetti di un vissuto volutamente lasciato in un angolo.
La vita intima arriva a sorpresa, un sussurro di un’amica che mi dice “Prova, secondo me ti piace molto e almeno molli per un attimo certi mallopponi!”
Ho provato e ancora assaggio dalle mie dita il sapore del mare.
Niccolò Ammaniti sorprende con una prosa eccellente e ironia pungente, spesso mi sono ritrovata a sorridere con gli occhi fissi al cielo, altre volte il sorriso diventa un ghigno amaro che fa sollevare soltanto un lato della bocca.
Ci si può illudere di essere felici senza sospettare minimamente di affogare nell’infelicità, vero Maria Cristina?
Chi meglio di te, la donna fra le donne: bellezza, posizione, denaro, tutto ciò che desideri viene esaudito in un attimo.
Eppure Maria Cristina non pensa, galleggia nella vita dentro una bolla che mitiga gli urti e le emozioni.
I ricordi dell’infanzia sono nebbiosi e lontani, quasi quelli di un’altra vita, come se non gli appartenessero. Maria Tristina la chiamano, la donna più bella del mondo, la moglie del presidente del consiglio, ricercatissima dalla stampa e dai gossip.
Avete presente quando si sta sott’acqua?
I suoni sono ovattati e distanti. Così sono gli eventi per questa donna, sembra che niente le appartenga veramente.
Ammaniti però la spoglia pian piano e un velo dopo l’altro la costringe a mettersi completamente nuda di fronte a quel passato che si trascina come un peso.
Le tornano alla mente i motivi che la spingono a galleggiare passivamente:
“ Ricorda Maria Cristina che la vita ti ha fatto dono di un bel corpo, ma dentro sei piena di acqua minerale, dunque giocati questa carta finché puoi”
Nella vita intimal’autore sembra divertirsi molto nel caratterizzare questa donna così perfetta e fragile, ma sconosciuta perfino a se stessa. Una donna che verrà spinta da una potente sberla a sporcarsi le unghie per scavare nella melma dei suoi ricordi.
Quante volte nella vita sappiamo di essere così prossimi alla verità da poter allungare una mano,
afferrarla e come una farfalla chiuderla nel palmo.
E invece facciamo un passo indietro certi che tra quei due petali colorati si nasconda l’orrore di quelle antenne ramificate,
di quelle zampette di mosca, di quella proboscide da zanzara.
Ed è giusto così.
Altre volte la verità urla,
ci chiama e ci implora di ascoltarla,
ci chiede di restituite senso alle cose e far luce a una vita orba.
E allora rischiamo tutto per amore suo.”
Perché nella tua agenda fitta di impegni, cara Maria Cristina, di sedute dal parrucchiere, di ore di fitness e serate di gala, volutamente non trovi lo spazio per affondare dentro ciò che eri?
Per ricordare di quell’estate in barca, della pelle bruciata e dei desideri spinti al limite, di tuo fratello che per vincere una nuova sfida con se stesso non è più tornato a galla?
Dov’è adesso tuo fratello? E tutti i tuoi sogni?
Forse sono stretti tra le chele di una grande aragosta che da quando eri poco più che bambina, non smette di stringere il tuo collo?
Maria Cristina guarda avanti e cerca di non sentire dolore, di non pensare, diventa lo strumento indispensabile di chi la vuole mettere in mostra.
Non mi spingerò oltre nella descrizione di questo splendido romanzo anche perché non sono gli eventi ciò che mi hanno colpito maggiormente, bensì una narrazione incredibile, una satira esplosiva e nel contempo non eccessiva, irriverente, tagliente ed umanamente erotica da rendere ogni pagina un frutto succoso nel quale affondare le labbra.
Tra luci e ombre si dipana un nuovo mistero per Carrisi: La casa delle Luci.
Viaggiatori siete pronti per il terzo misterioso viaggio all’interno delle case, accompagnati da Pietro Gerber?
Per il viaggiatore smarrito che è capitato qui senza conoscere i precedenti libri di Carrisi, mi sembra doverosa una premessa.
Nella casa delle voci conosciamo Pietro Gerber, psicologo specializzato in ipnosi per bambini, un personaggio caleidoscopico ed estremamente problematico che si evolverà insieme ai tre libri.
A differenza degli altri romanzi di Carrisi (ad esempio Io sono l’abisso) , più orientati verso la risoluzione di casi di crimini che coinvolgono serial killer, La casa delle voci e in generale tutta la trilogia, è ad alto contenuto psicologico.
Nel primo libro Gerber si trova a dover ipnotizzare Hanna che, nonostante sia un adulta, il trauma dentro il quale scavare è avvenuto quando era bambina.
Carrisi ci ha sempre abituato a storie avvincenti e ritmi molto serrati, ma nonostante qualche pregio, come la narrazione scorrevole, le trame avvincenti ed i personaggi ben caratterizzati, devo ammettere che il finale mi ha lasciato l’amaro in bocca, lasciandomi con più domande che risposte.
Ho faticato ad ingoiare questo rospo, sono sincera.
Nella casa senza ricordi, il secondo volume, ho preso consapevolezza di quanto a Carrisi piaccia disorientare i lettori e farli “arrabbiare” con un finale estremamente aperto e che ci lascia con mille dubbi.
Il paziente di Gerber, in questo caso si chiama Nico, un bambino che non parla e non ricorda nulla, soprattutto dove sia la sua mamma.
È proprio su questa amnesia che Gerber dovrà lavorare.
Eccoci giunti finalmente all’ultimo libro, vero protagonista di questa recensione.
La casa delle luci è il tredicesimo romanzo di Carrisi.
Pietro Gerber è ormai conosciuto come l’addormentatore dei bambini, un soprannome macabro, ma estremamente adatto, poiché induce i bambini ad uno stato di trance profondo per poter fare emergere i loro traumi sepolti ed aiutarli a trovare una soluzione.
Firenze, Gerber si trova ad attraversare un momento particolarmente difficile, tanto che inizia a mettere in dubbio le sue capacità lavorative.
Dopo il caso dell’Affabulatore, Gerber non era più stato più lo stesso. E tutti se n’ erano accorti.
Fino all’arrivo di Eva che ha estremamente bisogno del suo aiuto.
Pietro nutre diversi dubbi riguardo questo caso che reputa inadatto alle sue competenze.
L’addormentatore di bambini è sfinito e crede poco nelle sue capacità, vorrebbe rinunciare, ma la descrizione del un macabro amico immaginario di Eva stuzzica i suoi sensi.
Ciò che non si aspetta sono i risvolti che prendono le sedute di ipnosi, facendo emergere una personalità a lui conosciuta.
Da questo momento in poi non riuscirete più a staccarvi dalle pagine.
Il racconto si fa estremamente coinvolgente e saremo spronati a scoprire quale legame si cela fra Gerber e l’amico immaginario di Eva.
Fra i tre romanzi della trilogia ho trovato questo più nelle mie corde, il racconto è molto incalzante e si susseguono scene forti ed inquietanti.
Ovviamente non mi spingerò oltre, perché voglio che anche voi proviate lo stesso senso di profonda angoscia, come è capitato a me.
Finalmente un finale che lascia poco in sospeso, se non alcuni particolari che riguardano i due libri precedenti.
I tre libri possono essere letti in ordine cronologico, ma volendo anche singolarmente, io comunque lo sconsiglio.
Pur essendo un libro che ho letto con grande trasporto, continuo a preferire la serie de “Il suggeritore”.
Vuoi conoscere la trama de La casa delle luci? Allora clicca la parola Link
Lo psicologo sapeva che il peggio doveva ancora arrivare. La ragazza sembrava davvero spaventata. “A volte, accadeva anche nel cuore della notte: Eva si svegliava per giocare con lui.”
Ci sono elementi apparentemente separati gli uni dagli altri, parlo d prostituzione e maternità surrogata ; sono elementi che hanno in comune non soltanto il corpo della donna, ma il concetto stesso di libertà; di questo ci parla Libertà in vendita scritto da Valentina Pazè.
Viaggiatori, oggi non sono qui per offrire un viaggio fra misteriosi anfratti di mondi appena creati, oggi vi invito a sbattere il muso nella dura realtà, vi porto a spalancare gli occhi e strappare il velo delle verità più profonde che si nascondono nel corpo della donna.
Troppe volte vittima di abuso, troppe volte gestito da altri, il cui uso e sfruttamento continua ad essere motivo di dibattiti mirati più al profitto che alla vera liberalizzazione.
Una premessa importante, Valentina Panzè sottolinea già dalla prima pagina dell’introduzione le motivazioni che l’hanno spinta a scrivere questo libro: lo sconcerto verso tutte le nuove forme di sfruttamento . Non perde tempo in preamboli, ma si concentra immediatamente sulla ricerca della comprensione profonda del concetto di libertà.
E’ libertà scegliere di prostituirsi all’ interno di una struttura protetta, che fornisce sicurezza e possibilità di rifiutare i clienti, quando si è costretti a vivere all’interno di una società che spinge al raggiungimento di standard immediati, ad una competizione serrata e che altrettanto velocemente esclude dal mercato?
Denunciare un abuso o negare un rapporto non gradito all’interno di una struttura che dovrebbe tutelare, significa anche rischiare di perdere clienti, di conseguenza denaro, di conseguenza la possibilità di una vita decente.
Quali sono dunque i limiti della libertà o meglio, è possibile raggiungere “la libertà” ?
Ancora una volta:
Dietro la facciata presentabile di rapporti orizzontali,
tra pari, si nasconde la prevaricazione dei forti sui deboli. Troppo spesso lo sfruttamento viene chiamato
“accordo fra soggetti liberi e consenzienti”
Eppure chi rivendica la libertà a prostituirsi rivendica comunque la propria libertà,
esattamente come chi affitta il proprio utero
Non un libro di retorica, ma di profondo e sentito impegno, da qui il mio imbarazzo nell’essere consapevole di avere pochi strumenti per poter parlare di questo libro .
L’autrice inizia Libertà in vendita con un capitolo che personalmente ho trovato molto interessante, proprio perché necessito di informazioni e strumenti sul concetto di libertà.
Il primo capitolo si apre con un percorso filosofico e storico, con un’analisi del cammino che è stato svolto per comprendere e tutelare la vita, il primo bene.
Da Hobbes a Spinoza, passando attraverso il pensiero freudiano, socratico e aristotelico.
Non è stata una lettura facile , credo che nessun capitolo di questo libro scorrerà facilmente, ma lascerà un segno indelebile.
Due fazioni: le donne costrette a vendere il proprio corpo, in condizioni di bisogno estremo o di sfruttamento e dall’altra le donne che hanno scelto come lavoro quello di procurare piacere in cambio di un vantaggio economico.
In effetti come si fa, a priori, a stabilire che una persona è sfruttata o umiliata, se lei nega di esserlo? (…) Su quali basi è possibile limitare la libertà delle persone di decidere della propria vita,
di disporre di sé e del proprio corpo,
quando ciò avvenga senza comportare una lesione dei diritti altrui?
In Libertà in vendita si fa un’analisi approfondita dei limiti e delle possibilità, degli aspetti più palesi e dei risvolti più in ombra che comportano prostituirsi, nonché del pericolo oggettivo di questo mestiere.
Un libro che tocca argomenti scottanti che hanno come centro il corpo femminile e l’essenza stessa della libertà della donna, passando attraverso il tema intricato dei limiti dei diritti dell’autonomia del singolo.
Di recente avrete visto in libreria un libro dalla copertina spettacolare e vi sto per raccontare che la meraviglia non si ferma all’abito. Raybearer di Jordan Ifueko è un libro da leggere. Edito da Fazi, nella collana Lainya nel gennaio 2023 si prepara a diventare una storia iconica.
Negli ultimi anni mi sono trovata ad ammettere che molti libri pubblicati per quella fascia di lettori chiamata Young Adult mi disturbano.
Non so più se sono io che non mi rispecchio più nella mia vita da giovane adulta o davvero la letteratura per ragazzi è cambiata talmente tanto da darmi il mal di testa.
MA… MA tra milioni di titoli ci sono delle PERLE che ti fanno dire: “allora non è tutto perduto!”
Raybearer è letteralmente il portatore di raggio che stavamo aspettando.
Tarisai vive in un bellissimo castello ma nessuno vuole toccarla. Tutti si occupano di lei perché è figlia di Lady ma sono molto ben attenti a non farsi avvicinare più del dovuto.
Sua madre è una donna potente, rispettata ma, sopra ogni altra cosa, Lady è temuta.
Tarisai la ama con lo stesso ardore di una fiamma che bisogna dell’aria, con la stessa fame che la terra arida ha della pioggia ma Lady non c’è MAI se non rare volte in cui si informa dei progressi negli studi.
Rari segni di affetto e nessun incoraggiamento.
Passa la sua infanzia sottoponendosi a studi intensivi su qualsiasi materia, sulle culture dei popoli del regno e sui loro idiomi ma per sua madre non è mai abbastanza.
«Non meritiamo il fardello che i nostri genitori ci hanno imposto. Però non possiamo sconfiggere mostri che non affrontiamo»
Un giorno, due tutori sconosciuti vengono scelti per accompagnare Tarisai in capitale.
La bambina non capisce, non è mai uscita da casa sua. Lady le mostra un ritratto e le chiede se vorrebbe conoscere il bambino di cui la tela reca l’immagine e la piccola acconsente, potrebbe essere il suo primo amico e il Narrastoria sa che Tarisai anela l’affetto di qualcuno più del respiro.
Raybearer è un romanzo intricato. Quando pensi di capire, un’altra scatola si apre e ne fuoriescono magia e molto altro.
È la storia di una ragazzina che è stata allevata per uno scopo che non comprende, è stata concepita con l’inganno e mandata al macello costretta da un desiderio che non le appartiene.
Tarisai tenterà di ribellarsi e prendere le distanze dalla voce che le impone costantemente il suo compito ma non è facile.
Come si può scrollarsi di dosso l’unica persona che è sempre stata CASA e di cui hai sempre voluto l’amore e l’affetto?
Raybearer è anche la storia dei difficili rapporti che i giovani hanno con i loro genitori.
Ad un certo punto, volenti o meno, il distacco deve avvenire. Deve essere così: i figli non sono una proprietà e non sono uno strumento.
Raybearer è una storia di amicizia e di fiducia, di manipolazioni e antichi rancori.
È una storia ma anche una metafora ed è così che un fantasy deve essere.
Narrare i problemi del mondo trasportandoli in una storia appassionante che elabori realtà altrimenti difficili da assimilare nella vita quotidiana è un compito arduo e Raybearer compie l’atto di prendere il testimone di un retaggio che non sempre viene compreso.
Il fantasy non è una bella storia. Non è inserire creature immortali e soprannaturali. Non è creare un mondo che non è il nostro ma creato ad arte per impressionare il lettore.
Il Fantasy è la massima espressione della metafora ma non della strumentalizzazione.
Celare tra le righe qualcosa che è come un tesoro è un’arte raffinata. Una volta trovato, quel tesoro nascosto, nessuno può portartelo via: Nessuno.
Ho trovato Raybearer affascinante. Un libro ben scritto e mai una volta in queste pagine ho pensato che l’autrice stesse strumentalizzando la sua storia.
La narrazione è ponderata, carica di significati, mai volgare. Tra le pagine regna una poesia difficile da trovare e la puntualità di chi non è abituato a girare attorno ai nomi delle cose.
Questo è il primo volume di una dilogia che si preannuncia spettacolare.
Netflix ha già annunciato la produzione di una serie ispirata a queste pagine e la attendiamo tutti con ardore.
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“Non ho mai capito perché i mortali rendano sempre tutto così complicato. La storia di Am per uomini e donne è sempre stata semplice: siete eguali, creati per lavorare a fianco a fianco. Ma ogni volta che si tratta di potere, i mortali detestano la semplicità”
Samuele è il protagonista di questa storia, un bambino che ha la fortuna di poter viaggiare insieme alla sua mamma: Sara che di mestiere fa l’etologa; Il segreto della balena li porterà verso una nuova avventura in Nuova Zelanda.
Si tratta di un racconto per giovani ragazzi a patto che siano pronti a vivere con intensità le imprese del piccolo Samuele.
Samuele è un avventuriero ed un attento osservatore, non gli sfugge nemmeno un dettaglio di cose o persone, affamato di novità e di conoscenza.
Ogni occasione è quella giusta per vivere con la sua mamma una nuova avventura, per esplorare nuovi luoghi e conoscere persone ed animali.
Così accade anche questa volta: lui e la mamma si recano in Nuova Zelanda, perché qualcosa di brutto sta accadendo a questi meravigliosi cetacei.
La mamma di Samuele e il suo amico Marco, esperto di specie marine, iniziano le indagini.
Nel frattempo Samuele conosce Suki, altra giovane avventuriera.
I bambini, attratti dalla cuoca Georgie e dai suoi particolari tatuaggi, inizieranno a conoscere le tradizioni del popolo Maori e le loro leggende.
Per Samuele sono le vacanze di Pasqua, ma il ragazzo trascura volentieri i suoi obblighi scolastici per lasciare spazio alla conoscenza di questo meraviglioso luogo.
Un racconto che si divide in una duplice avventura: le indagini degli adulti e le scoperte dei due giovani esploratori.
Non solo divertimento però, anche la dolorosa consapevolezza del delicato ecosistema marino e di quanto la mano dell’uomo rischia di comprometterlo.
Una lettura scorrevole ed entusiasmante, le illustrazioni sono molto delicate, mi ha colpito molto il fatto che a tutti i personaggi illustrati manca il volto, non è però motivo di disturbo, perché il racconto è talmente coinvolgente da portare il lettore ad immaginare tutto.
Ho amato in particolar modo il fatto che Sara non menta mai a suo figlio, nonostante la verità non sia facile da digerire.
Lei preferisce essere sempre onesta per far comprendere al ragazzo l’importanza della situazione e tutti gli aspetti del suo lavoro.
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-Le hanno uccise? – Strillò Samu – tu non lo avresti mai permesso-
Samuele ascoltami. Riportare in mare una balena non è una cosa semplice. (…) Se i veterinari non fossero intervenuti, le balene sarebbero comunque morte, solo soffrendo molto di più-
27 gennaio, il giorno in cui si prendono le vanghe e si riesuma il ricordo delle trincee, delle fosse comuni, dei corpi lacerati, affamati, abusati; ma IlSecondo piano di un monastero conserva ancora la luce della speranza.
Un giorno che non può, non deve essere solo un giorno, ma si sa, per convenzione e comodità occorre attribuirgli una data.
Proprio il 27 gennaio del 1945 le truppe dell’armata rossa arrivarono nella città polacca di Oświęcim, per primi a liberare i pochi superstiti.
In tedesco Oświęcim si chiama Auschwitz, loro furono i primi a venire a conoscenza dell’orrore del genocidio nazista.
Tra le vie del ghetto di questi fatti non si aveva la certezza, ma durante l’ultimo shabbat prima dello sgombero le famiglie avevano un freddo più intenso, misto a paura di qualcosa che non conoscevano completamente.
–Dicono che stanno arrivando-
E sono arrivati con tutta la loro devastazione.
Alcuni sono stati informati prima e si sono nascosti nelle campagne, gli altri sono stati spinti a forza dentro le camionette. Urla, percosse, terrore nella notte. Smarrimento.
Il secondo piano è quello di un monastero di suore francescane votate alla carità.
Le finestre del secondo piano sono chiuse,
-C’è disordine dicono- , ma anche quando il sole splende arrogante fra le bombe, non riesce ad entrare nel Secondo piano.
Le sorelle fanno la carità in ogni modo possibile, in tempo di guerra, con le strade vuote e soltanto persone nascoste negli angoli più bui, loro affrontano le guardie tedesche.
Dentro il monastero di via Poggio Moiano le notizie arrivano filtrate dal parroco della chiesa accanto e le preghiere alla Vergine si innalzano sempre più accorate affinché possano arrivare i giorni di pace.
Non ci sono solo preghiere nel monastero dove Madre Ignazia è la Badessa.
Il pane basta appena, viene diviso in pezzi piccoli, sempre più piccoli, a volte viene cosparso da un velo di marmellata, quella che doveva essere barattata con le uova, per rendere felice chi, a mala pena, riesce a stare in silenzio.
C’è solo una scala a separarli dalla guerra, dei gradini che sono garanzia di sopravvivenza a costo di sacrifici.
In situazioni di emergenza ci sono scelte importanti da fare, di comune accordo le regole si possono trasgredire in virtù dell’umanità e del sostegno reciproco.
I ritmi della vita del monastero si discostano minimamente da quelli usuali: preghiera, lavoro, cura dell’orto e del giardino, ancora preghiera,cura dell’altare, ricamo;
e poi ci sono le scale del secondo piano che vengono calpestate spesso, ma senza dare nell’occhio.
I romanzi che parlano di questo periodo storico sono spesso caratterizzati da molta violenza, Ritanna Armeni sceglie di dedicarsi ad un altro aspetto, più nascosto, anzi quasi invisibile: i rapporti umani.
In un periodo in cui non c’era tempo per i sentimentalismi perché bisognava cercare di salvare la pelle, ci sono piccoli mondi, in questo caso al femminile, dove la priorità è quella di sostenersi e sostenere chi è perseguitato.
Un romanzo dai toni delicati, per quanto lo si può essere in tempo di guerra, parole che sembrano entrare in punta di piedi e con discrezione dentro un luogo sacro, che raccontano di scelte di vita, di sacrifici compiuti con gioia, anche a costo della propria vita.
Ritanna Armeni scrive uno splendido romanzo fatto di coraggio e silenzio, fatto di fede vera, quella che vede Dio negli occhi delle persone e non solo nelle statue degli altari.
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