Oggi cari viaggiatori, L’Alchimista Imperfetta ci apre le porte del grande castello di Pembroke, la contessa vi indica le scale che si inerpicano fino all’ultimo piano, ci sta invitando nel suo laboratorio e vi da il benvenuto, siate cauti e buona esplorazione!
Siamo in Inghilterra a cavallo tra il 1500 e il 1600, periodo di grande fermento politico e sociale, il Rinascimento avanza e le menti di molti nobili si lasciano solleticare dalla passione per la poesia e lo studio della filosofia.
Non tocca a tutti la stessa sorte però, come sempre, se non si ha la fortuna di nascere fra trine e merletti la conoscenza si paga a caro prezzo.
Nonostante l’era delle innovazioni sia sempre più luminosa, ancora si muore per accuse di stregoneria.
Specialmente se si è donne, se si nasce con la voglia di aiutare gli altri e con la malsana curiosità di conoscere ciò che ancora, resta appannaggio di pochi, così nasce L’Alchimista Imperfetta.
Rose e Mary sono due donne estremamente diverse che stringono un legame prezioso grazie ad una serie di apparenti casualità, ma, come direbbe l’Alchimista Imperfetta:
“Gli incontri non accadono mai per caso”
Un libro nel quale si respira prepotentemente la contrapposizione tra vecchio e nuovo, tra la voglia di evolversi a nuove conoscenze e lasciarsi andare liberamente al proprio sentire e l’ignoranza che opprime i cuori, rifiutando e condannando ogni forma di conoscenza che non sia quella canonica.
Le due donne si incontrano in questo clima difficile e stimolante al contempo.
Rose, figlia di una donna sopravvissuta alla condanna per stregoneria, ma destinata a non poter togliere mai questa macchia dal suo nome.
Ha la capacità di vedere e disegnare ciò che sta oltre il velo, determinata e sicura, una donna destinata al rogo se Mary non l’avesse protetta tra le mura di Pembroke.
Quel pomeriggio, Simon tracciò un cerchio e accendemmo candele ai quattro punti cardinali, rivolgendoci verso ciascuna delle quattro direzioni.
Poi mi chiese di invocare gli elementi della terra e dell’acqua, data la mia affinità con il mondo naturale, mentre lui evocò il fuoco e l’aria.
Mary Sidney Herbert è un personaggio storico che si è distinto nell’Inghilterra rinascimentale per la sua mente geniale e le sue capacità letterarie.
Una donna all’avanguardia, capace di distinguersi anche nei salotti letterari destinati soltanto agli uomini.
La sua posizione in società le è stata da aiuto e da prigione, si è spesso trovata costretta a dover mediare la sua creatività e i suoi comportamenti pur di accondiscendere al volere di un marito che la amava “secondo gli stereotipi del tempo“, ma lei voleva e meritava molto di più.
Sono e non sono; congelo eppure brucio, ché da me in un altro me son tramutata.
Amica della regina, si ritiene che il suo dramma su Antonio e Cleopatra abbia persino influenzato Shakespeare.
Partendo dalle attestazioni storiche della Contessa di Pembroke , l’autrice Naomi Miller costruisce il delicato romanzo L’Alchimista imperfetta, dove la vita di due donne di origini estremamente diverse si intrecciano indissolubilmente come in un uroboro.
Due anime legate dal bisogno di rompere gli schemi oppressivi dell’epoca, che le voleva intrise di etichetta, apparente pudore e sempre un passo indietro agli uomini.
Complici le passioni per la letteratura, il disegno, l’alchimia e le erbe, esse riescono a lasciare un segno in un’epoca solo apparentemente illuminata. I capitoli scorrono descrivendo sempre il punto di vista e il vissuto delle due protagoniste, una strategia utile per sottolineare come la differente provenienza delle due donne le conduca a soluzioni e strategie diverse.
L’unico appunto che mi sento di fare è che la doppia descrizione di un medesimo fatto a lungo andare ha rischiato di appesantire il racconto. L’Alchimista Imperfetta scorre seguendo il processo dell’Opus Alchymicum e, attraverso Nigredo, Albedo e Rubedo le vite delle protagoniste si intrecciano, si innalzano, prendono forma nella loro espressione artistica, fino ad arrivare alla comprensione alchemica che :
il fine non è la conclusione, ma, come l’uroboro, la continua ricerca attraverso la conoscenza.
L’interezza può nascere da frammenti ricomposti nel modo giusto
Per tutti i giorni della tua vita è un romanzo ispirato alla storia vera di Alfie Evans.
Nel 2018 si è tanto parlato di questo bambino e il suo caso legale ha fatto tanto discutere.
Per tutti i giorni della tua vita racconta la realtà quotidiana e lo fa mettendo al centro le emozioni dei protagonisti con parole dolorose e talvolta strazianti, soprattutto se chi legge è una neomamma come me.
Un romanzo che trasmette forza e amore.
Tutto nasce da un incontro: quello tra Emily e Will, giovanissimi, che iniziano a frequentarsi e nonostante la loro giovane età si trovano alle prese con una notizia inaspettata che li porterà a diventare genitori creando così la loro famiglia. Non tutto si rivela semplice.
Non sono pronti ad affrontare la nuova realtà con Matthew ma ci provano in ogni modo.
Poi arriva la bomba (e non è piccola) a destabilizzare ancora di più Emily che da mamma deve già affrontare un cambiamento enorme.
Sta ancora cercando il modo di creare un rapporto con il suo piccolo.
Non per tutte è così immediato… ma l’istinto materno non sbaglia e in questo caso sembrerebbe urlare che qualcosa non va.
Matthew ha dei problemi, a quattro mesi il suo sviluppo si ferma.
Non so esattamente come avrei reagito io in quella situazione ma posso dirvi che l’autrice è stata in grado di trasmettere, attraverso la sua scrittura, il dolore e i vari stati d’animo di questi due genitori come fosse un’amica o una mia parente a raccontarmi la propria esperienza.
Non è facile di fronte a questo tipo di argomentazioni. Quando ci si trova a leggere storie come questa l’attenzione viene rivolta sempre al paziente e ai genitori, invece qui viene raccontata anche la storia di Nadia, la dottoressa che ha in cura il bambino.
Due voci che si alternano per raccontare una lotta da due punti di vista: quello medico e quello dei genitori.
“Non sapevo come avremmo fatto, ma sapevo che nessuno avrebbe più cercato di togliere la vita a mio figlio.”
Una storia che mi ha lasciato senza fiato per la sua potenza.
Per tutti i giorni della tua vita è un romanzo che cerco ancora di digerire.
Ogni parola, ogni emozione, resterà incisa a vita.
Si parla di amore, di egoismo, si giudica la vita senza averne diritto, sarà difficile non provare rabbia, impossibile trattenere le lacrime.
Ma allora perché leggere Per tutti i giorni della tua vita?
Perché ci fa capire che cos’è l’amore e cosa è in grado di smuovere.
Una lettura che ho divorato e mi sento di consigliare a tutti.
Ringrazio l’autrice per avermi regalato emozioni forti con questo libro e la casa editrice per avermi dato la possibilità di leggerlo.
Da tempo non mi capitava di restare senza fiato per un romanzo.
Prima di approdare nel mondo fatato di Malice, cari viaggiatori, voglio che teniate bene a mente una frase: spesso ciò che luccica è soltanto illusione.
Stiamo per superare le barriere del conformismo e giungere in un regno felice solo in apparenza, un luogo in cui serpeggiano malessere e divisioni.
Le fiabe, prima o poi le abbiamo lette un po’ tutti, ci hanno trascinato dentro mondi onirici patinati e scintillanti, fatti di baci in grado di guarire ogni malanno. Sono baci del vero amore, ad uso esclusivo di principi e principesse. Baci elargiti esclusivamente a patto di essere miti donzelle in pericolo, la cui unica salvezza dalla cattiveria di streghe e orchi, può essere un maschio ( meglio se bianco e dal capello biondo) a cavallo del suo destriero.
Notate un po’ di rabbia nelle mie parole? Non posso farne a meno.
Ruoli precisi e personaggi perfettamente incasellati all’interno del sistema patriarcale. Icone perfette del bello e del giusto, preconfezionate per le giovani menti e pronte per essere emulate. Se poi per sbaglio però capita di nascere povera, meno bella, o con qualche caratteristica non solo fisica che contraddistingue dalla massa … beh peggio per noi, nelle fiabe non sono contemplati gli errori.
E cosa accade quando il disprezzo, il senso di colpa e di inadeguatezza vengono perpetrati nel tempo? Nasce il mostro.
Con questi presupposti nasce il mondo di Malice, per assestare un calcio al muro degli stereotipi di genere.
Una protagonista il cui destino è stato segnato dal colore del proprio sangue, dalle divisioni sociali di un popolo schiavo e schiavista contemporaneamente.
Un regno manipolatore e ossessionato, che vive apparentemente felice all’interno di stereotipi molto rigidi che, un po’ per paura, un po’ per incapacità, non riesce a superare.
La diversità diventa l’arma da scagliare contro.
Alyce ne paga il duro prezzo da tutta la vita, perché lei non è e non sarà mai una Grazia, a lei è riservato il titolo di Grazia Oscura.
Grazia, come no. Esiliata in una stanza ricavata da uno sgabuzzino della cucina . Somiglia più all’antro di un drago che al salottino di una Grazia. L’Antro della Grazia Oscura.
Malice non è solo il retelling di una fiaba molto conosciuta, è il seme di una lotta per spezzare le catene del giudizio.
La rabbia e l’umiliazione danzano dentro di me, le loro spine affondano nella mia pelle, nelle ossa. Il mio sguardo si vela di rosso, vorrei solo poter dare a queste persone ciò che desiderano. Sputare sulle loro facce il mio maledettissimo sangue e vederle appassire. Avvelenare il loro vino. Ucciderne i loro figli.
Lo stile narrativo è semplice ma accurato, le descrizioni minuziose ci proiettano all’interno delle terre di Briar.
Avrei preferito sentirmi maggiormente trascinata dentro i cuori delle due donne protagoniste, assaporarne le sfumature delle loro emozioni, vivere la magia di un sentimento che cresce.
Ho trovato invece deliziosa la descrizione del riconoscimento del proprio potere, un’entità viva che cresce dentro Alyce .
Potere come simbolo che autorizza Alyce ad essere pienamente se stessa, compresa la rabbia e l’enorme forza distruttiva che la vita di accuse e frustrazioni le ha fatto crescere dentro.
Ora il cucciolo sporco e abbandonato si trasforma nella creatura potente e indistruttibile.
Alyce trasmuta il proprio dolore in devastazione contro chi l’ha sempre sminuita, contro chi non ha mai saputo guardare oltre e non ha mai creduto in lei.
Se vogliono un mostro, ne avranno uno.
Nelle parole di Malice si sente fortemente la lotta interiore delle protagoniste fra l’accettazione di ciò che sono, e ciò che invece devono essere, pur di sentirsi integrate nel loro mondo di falsità.
Una lotta che conosciamo molto bene anche nella realtà e che spesso, con grande dolore, ci costringe a trovare soluzioni che imbrigliano in compromessi troppo stretti.
Malice è il primo di una dilogia, attendo la traduzione in italiano del prossimo libro per proseguire con il racconto.
Lo aspetto perché l’ultima pagina mi ha lasciata con l’amaro in bocca e una domanda costante: quando il mostro viene spinto all’estremo, quando la sua rabbia e desiderio di vendetta diventano incontenibili, è sempre e solo colpa del mostro?
Ormai non posso più nascondermi: nutro una passione smodata per le creature dell’oscurità …
Il silenzio del mondo è un romanzo centrato sulla tematica dell’essere sordi, ci fa riflettere su problemi legati alla comunicazione.
Siamo nell’ epoca del fascismo che ha già di suo parecchie difficoltà, ma Rosa una delle nostre protagoniste ne deve affrontare una enorme perché è nata sorda. Deve imparare come vivere da sorda e interagire con gli altri. E così si inventa una lingua dei segni.
Il silenzio del mondo è la storia di tre donne la cui vita ruota intorno ad una assenza.
Un silenzio che si tramanda quando Rosa mette al mondo Laura che conosce la lingua dei non udenti e quella degli udenti. Si ripete quando Laura fa nascere Francesca che non è nata sorda, ma lo è diventata un poco per volta.
Ma che cosa è la sordità? La sordità è un disfunzione dell’apparato uditivo che può essere congenita o acquisita. La maggior parte dei sordi sono anziani, ma ci sono anche molti bambini che purtroppo sono nati con questo difetto o lo hanno sviluppato durante l’infanzia.
Perché Il silenzio del mondo mi ha molto colpita?
Perché anche io purtroppo ho da poco scoperto di non riuscire a sentire tutta una serie di suoni e questo mi causa molto a disagio quando sto in compagnia. Rosa, Laura e Francesca devono impegnarsi più degli altri per imparare a comunicare che è da sempre un’attività quotidiana indispensabile.
Tommaso Avati, l’autore de Il silenzio del mondo, ha una sensibilità ed una speciale capacità di dare importanza alle parole in modo intenso, ironico e senza risultare pesante. Ha affrontato il tema della disabilità con grande maestria, creando un legame empatico tra lettore e i personaggi da lui raccontati, parlando non solo di sordità ma anche di cecità con la storia di Martino.
Il silenzio del mondo è un romanzo che andrebbe letto ovunque, soprattutto nelle scuole perché aiuterebbe a stimolare le giovani menti a ricercare nuove vie di comunicazione, soprattutto a livello empatico. Un romanzo che aiuta a sensibilizzare su argomenti importanti. Un silenzio, quello raccontato da Avati che merita di essere ascoltato con il cuore.
Gabriel Pacheco e Chiara Lossani con il libro illustrato Barbablù ci accompagnano dentro una fiaba conosciuta, donandole sfumature insolite e atmosfere teatrali.
Un viaggio sorprendente ed inaspettato, questa volta cari lettori possiamo decidere se salire su un tappeto volante o a cavallo di un pennello che gocciola tempera; scegliete voi e che sia un buon viaggio!
Pacheco si conferma ancora una volta, per me e mia figlia Jana, l’illustratore in possesso della scintilla che ci ha stimolate a leggere e scoprire anche nella stagione più calda.
Quando arriva il crepuscolo cadono i veli, insieme a Jana proseguiamo il viaggio nella scoperta di storie vecchie e nuove, di libri che sprigionano caroselli di immagini dal carisma incontenibile e parole che restano dentro al cuore; come il seme dentro la terra, in attesa del momento giusto per germogliare.
Aprire Barbablù è come sprofondare nella barba irsuta e blu del mostro, dice Jana.
In effetti la maestria di questo fantastico illustratore è stata proprio quella di riuscire ad associare sensazioni pesanti e soffocanti ad un colore solitamente associato ad emozioni ben più leggere. Il blu diventa plumbeo, quasi grigio e altre volte freddo e crudele come una lama.
Nettamente diverso dal blu che vira verso l’avvolgente azzurro, soffice e confortevole dell’Aggiustacuori.
I disegni sono di una bellezza spettacolare, eterei e quasi surreali, ricchi di mille sfaccettature e particolari, dentro ogni pagina si può perdere la cognizione del tempo poichè si viene risucchiati dalla loro intensità. Si può perdere l’orientamento nel guardare il paesaggio alle porte del castello o nel rigoglioso giardino delle sorelle Il viso e gli occhi delle donne sono eleganti, magici, in perfetto equilibrio fra sogno e fiaba.
Occhi nascosti da un alone scuro, pozzi profondi nei quali smarrirsi.
Domina il blu, soffocante ed oppressivo, blu è la barba dell’uomo crudele, il libro di Anna nel suo giardino, i cavalli che corrono all’impazzata nel bosco, il blu vira verso il gelo profondo quando si arriva al suo castello e blu sono i nastri che adornano Catia e la legano, facendola diventare la nuova moglie di Barbablù.
Solo una volpe rompe lo schema, la stessa volpe che ritroveremo nella stanza degli orrori.
Le figue esili ed eleganti si congedano ed il sipario si chiude soltanto per un istante, prima di riaprirsi l’immaginario veste nuovi abiti, quelli del racconto che Chiara Lossani ci propone in una nuova sfumatura.
Lei miscela sapientemente la fiaba di Perraul al libro di Clarissa Pinkola Estès “Donne che corrono coi lupi”.
Il segreto del Signor Barbablù
É Catia a raccontare del suo viaggio all’interno del castello e della sua curiosità che non si placa, ci accompagna fino all’inferno, dentro la stanza degli orrori, dove la chiave, dal grande valore simbolico, si sporca di sangue.
“Ha le mani che sembrano zampe!”
“Ma quanti anelli!”
“Ha occhi senza luce…”
“Ma è così gentile!”
“Dicono che nel suo castello nasconda un segreto…”
La determinazione, il coraggio e il supporto costante della sua amata sorella Anna la porteranno ad un nuovo rifiorire, distruggendo la catena di morte e disperazione che l’aveva preceduta e portando la vita della donna ad una nuova primavera.
Lo hanno tutti i lettori: il momento in cui si ha bisogno di sentirsi coccolati, di sentire che qualcuno ci è vicino nello spirito. Non importa se questo qualcuno è un personaggio fittizio, non vogliamo immedesimarci in lui ma sapere che se ci incontrassimo nascerebbe un legame. Mi è di recente capitato con un libro scritto da Alba Donati che, oltre ad essere l’autrice de La libreria sulla collina edito Einaudi nel 2022, ne è anche la protagonista.
Volevo una coccola, volevo risposte a domande che non sapevo di voler porgere.
Avevo bisogno di qualcuno che avesse preso la decisione di tornare a Casa e che la sua decisione fosse stata ripagata.
Quindi il mio primo grazie va ad Alba Donati che mi ha donato il coraggio di ammettere che La Casa della mia anima, spesso, mi manca.
Questo libro sapeva che avevo bisogno di parlare con qualcuno che mi parlasse di pagine, di altre vite, di un paese come il mio ma che si trova in una regione che non esiste e che non ha una libreria.
Avevo bisogno di sentire quelle sensazioni tipiche di un paese che non è più la mia residenza da molti anni ma a cui vanno tutti i miei pensieri quando penso che vorrei tornare a quando il mio cuore non era una tumultuosa tempesta e vorace uragano.
Ci starebbe bene una libreria, fosse anche per il mio piacere di leggere.
Lo ammetto, prima di vedere La libreria sulla collina sullo scaffale della mia libreria preferita, de la Libreria sopra la penna non sapevo nulla.
Mi era sfuggita la notizia, che invece era ovunque. di un posto dove i libri vivono felici su scaffali di legno e sono amati da una comunità che della libreria ha fatto un punto focale e un centro di aggregazione.
Perché non sapevo di questo posto? Avrei dovuto e voluto saperlo prima che La libreria sopra la collina esisteva davvero.
Quando ho acquistato il libro, l’ho fatto attratta dalla sua copertina.
Non ho letto la trama.
Non mi sono posta il problema di voler sbriciare le prime righe. Ho preso il volume e sono andata a casa a leggerlo.
Cosa mi aspettavo da La libreria sopra la collina?
Scioccamente ed erroneamente, per mia ignoranza, credevo di aver tra le mani un romanzo.
Invece ho trovato un diario e…un romanzo. Due libri al prezzo di uno.
La libreria sulla collina è un giornale di vita. Gioie e delizie, croci e problemi di una donna che ha deciso di sfidare ogni convenzione commerciale aprendo una libreria a Lucignana (in provincia di Lucca).
Alba Donati è diventata la paladina dei librai indipendenti e ha combattuto il drago. A chi le diceva che era una pazzia, lei ha risposto con la Libreria sopra la penna.
Un diario di attività di una libreria in un momento non facile della storia italiana.
Già, perché anche se fingiamo tutti che sia ormai lontano, il periodo della pandemia ha colpito la società e i commercianti si sono visti privare del loro lavoro.
Anche se il tuo lavoro è la tua passione, ci sono conti da saldare e spese da sostenere e in questo la passione non è quella che ti provoca le farfalle nello stomaco.
Alzi la mano chi, come me, delle volte si rende conto di non sapere dove è stato negli ultimi due anni. Come se non fossero esistiti momenti di vita, mi chiedono che anno sia e ancora rispondo 2020.
La libreria sopra la collina è un romanzo di formazione.
Attorno alle vicende della libreria nasce una comunità. O, meglio, la comunità trova un respiro che prima non aveva. un battito sincrono con una realtà che prima non era contemplata.
Lucignana sembra aver ritrovato se stessa aggiungendo pagine alla propria vita che già sembra un romanzo solo per il luogo in cui sorgono i suoi edifici.
La vita è magica a volte e non ci rendiamo conto di quando lo sia.
Forse i libri lo sanno meglio dei lettori di cosa hanno bisogno.
Oltre a conoscere un luogo che ora voglio assolutamente visitare, ho trovato tra le pagine de La libreria sopra la collina molti alti libri da leggere, autori che non conoscevo o avevo solo sentito nominare.
Mi sorprende ogni volta arrivare alla conclusione che siamo tutti legati da una sottile rete che vibra ad ogni movimento e questo arriva ad altri innescando reazioni nuove e meravigliose.
A chi conosce già questo luogo incantato, forse, non starò dicendo nulla di nuovo eppure avevo il desiderio di dover dire la mia su questo libro che per me è stato una delle rivelazioni letterarie del mio anno di lettura.
Non volevo terminare La libreria sopra la collina, mi manca la sua carezza prima di dormire…
Dovrò sognare ancora di essere in pace in questo luogo magico.
Volete leggere la trama di La libreria sopra la collina? Clicca sulla parola link!
«Perché hai aperto una libreria in un paesino sconosciuto? Perché avevo bisogno di respirare, perché ero una bambina infelice, perché ero una bambina curiosa, per amore di mio padre, perché il mondo va a scatafascio, perché il lettore non va tradito, perché bisogna pensare ai piú piccoli, perché mi sono salvata».
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