Le meduse non hanno orecchie

Le meduse non hanno orecchie

Le meduse non hanno orecchie, edito Piemme, è un romanzo che mi ha coinvolta tanto.

Louise, la protagonista di questa storia è nata sorda da un orecchio e con l’altro sente ben poco.

Trent’anni trascorsi a cercare di vivere una vita normale, fingendo di aver compreso tutto nelle conversazioni di tutti i giorni, quando invece le viene molto difficile percepire alcuni suoni.

Posso dirvi che questa condizione ti logora a lungo andare e ve lo dico perché anche io ho una riduzione dell’udito, specialmente da un orecchio dal quale sento pochissimo.

Leggere il suo viaggio attraverso una condizione in bilico tra l’essere considerata a tutti gli effetti sorda mi ha toccato nel profondo, facendomi sentire compresa e meno sola.

Louise si trova a dover spiegare a chi la circonda quanto sia difficile e complicata la sua vita. Non essere del tutto partecipe nelle conversazioni a causa di una condizione che ti sei ritrovata a vivere è stressante.

Vieni compatito, passi per bugiarda e superficiale, e tantissime altre cose ma raramente si comprende che si tratta di una malattia che rende invalidi.

La vita di una persona invalida è complicata e ci vorrebbe più delicatezza.

L’esclusione non è la via più semplice ma quella più vigliacca.

Ciò che l’autrice racconta in Le meduse non hanno orecchie è la quotidianità, la vita reale, l’approccio verso una condizione in grado di portarti verso il silenzio e rischia di spegnerti.

Questo romanzo è speciale.

Dona speranza e ci apre gli occhi verso ciò che di bello può portare un cambiamento anche se non lo abbiamo scelto noi.

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Orfana. 

Sì, era proprio questo che avevo sempre provato, la sensazione di non appartenere a nessun mondo. 

L’avvelenatore

L’avvelenatore

Buongiorno viaggiatori, oggi vi parlo di un libro edito Bompiani: L’avvelenatore di Emanuele Altissimo.

Tutto inizia quando il padre di Arno Paternoster viene trovato morto nella sua casa.

Si tratta di omicidio e proprio Arno è il primo sospettato.

Quanto un padre può essere avvelenatore per la vita di un figlio?

Arno ha sempre avuto con suo padre un rapporto difficile che lo ha portato a prenderne le distanze.

Perché l’avvelenatore mi è piaciuto?

Nella narrazione, Emanuele Altissimo, ci accompagna nella vita di Arno e della sua famiglia ma non solo, facendo emergere piccoli segreti.

Piccoli dettagli che serviranno al lettore per riflettere su temi importanti.

I rapporti familiari sono complessi, c’è chi riesce a viverne il rapporto in modo sereno e chi invece sente il bisogno di allontanarsi e tagliare i ponti.

Incomprensioni, punti di vista differenti … ci sono tanti motivi che possono portare a decisioni drastiche.

I personaggi che l’autore ci presenta sono ben caratterizzati ed è difficile non immedesimarsi in alcune circostanze.

il romanzo di emanuele altissimo propone un tema attuale.

L’avvelenamento dei terreni fatto solo per guadagnare.

Un thriller ben strutturato, scorrevole, che si addentra nelle tematiche familiari dove questioni irrisolte portano alla luce tensioni, segreti e qualcosa di inaspettato.

Una lettura che mi è piaciuta e consiglio a tutti soprattutto per l’aspetto psicologico.

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L'avvelenatore

“Perché ci avete fatto venire a quest’ora?” ha chiesto mia madre.
“È suo marito,” ha risposto. “Gli è successo qualcosa.”

Appetricchio. Il realismo di un mondo col potere di un antro stregato.

Appetricchio. Il realismo di un mondo col potere di un antro stregato.

Quando ho letto la trama di Appetricchio di Fabienne Agliardi ho saputo che dovevo leggerlo.

Il libro, edito per Fazi Editore, esce oggi, 05 Settembre 2023, in tutte le librerie. Il mio consiglio preliminare è di prenderlo in mano e guardare la copertina, chiudete gli occhi e senza sbirciare in quarta di copertina o tra le pagine, ditemi di cosa parla.

Appetricchio è una favola? Un fantasy? Parla di misteri ricchi di magia?

Si e no, dipende dal vostro concetto di magia.

La prima reazione che ho avuto con questo libro in mano è stata di stupore. Dovete sapere che da bambina passavo le estati in un posto che molto assomigliava a Petricchio.

Un paese dove tutti si conoscono, tutti sanno chi sei e tutti sanno “a chi appartieni”.

Se non fosse reale potreste pensare che uno stregone o un re abbia potere assoluto sui suoi sudditi e che questi siano marchiati ovunque essi siano.

In alcuni paesi del sud è vera anche questo e nessuno vi dirà mai il contrario. Beh, forse qualcuno si ma sta mentendo.

A certi paesi non si sfugge: ti chiamano anche se non ci torni.

Sei marchiato e non puoi farci nulla, anzi più li neghi e più il sigillo brucia.

È magia ed è stregoneria? Sì.

Appetricchio parla di un paese lucano, arroccato sui monti e autoesiliato dallo stivale.

Perché si è autoesiliato? Beh, il motivo è esilarante. Il ponte che lo collega al mondo è inagibile e nessuno è arrivato per sistemarlo.

Così l’unico modo è abbandonare i mezzi prima dell’inutilizzabile passaggio. Se si è fortunati si trova un paesano che può accompagnarvi, se si è sfortunati l’unica scelta è farsela a piedi.

Voi penserete che si tratta della solita storia di abbandono nel sud Italia ma non è solo questo.

La realtà è che la comunità di Appetricchio è… incurante e quasi insofferente all’esistenza del mondo al di fuori.

Sanno che esiste un’Italia da qualche parte ma è fuori dal paese, lontana e straniera.

La mia seconda reazione a questo libro è stata quasi respingente.

Mi sono detta: “è troppo vero, il mondo civile non deve sapere di questo!

Vi ho detto che da questi posti non si sfugge nemmeno se si va dall’altra parte del mondo ma questa caratteristica peculiare ha sia lati positivi che lati negativi.

I lati negativi della cultura di questi posti sono il rifiuto di conoscere qualsiasi cosa non sia nel confine del paese, l’istaurarsi di meccanismi sociali che possono sembrare asfissianti e l’utilizzo delle consuetudini come fossero leggi scritte sulle 12 tavole.

Se da un lato il paese chiama dall’altro distrugge, quello che c’è nel mezzo è l’impossibilità di sottrarsi a questa dicotomia per il troppo amore e per la pressione del marchio di quell’antico stregone che con la sua magia tutto soggioga.

La magia e la follia, l’amore e l’orrore sono un’antica storia che molto ha in comune con il genere fantasy e con la fiaba, soprattutto se si aggiunge un’ambientazione che è troppo aliena per essere vera.

Appetricchio è vera.

Ve lo dico io che ci sono cresciuta, anche se non si chiama così.

Ve lo dico io che sono marchiata come la famiglia Bresciani, anche se io non vivo a Brescia e la mia Petricchio è in una regione diversa dalla Lucania.

Fabienne Agliardi ha creato uno spaccato reale di una fiaba che ricorda, insegna e perfino spaventa.

Non si può far altro che amare o fuggire ma proprio per questo Appetricchio vi tratterrà al suo interno senza più lasciarvi andare.

Appetricchio

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La strega di Triora. Verità e conoscenza

La strega di Triora. Verità e conoscenza

I viaggi, siano essi fisici, onirici o fra le pagine, nascondono spesso insidie pericolose, rischiano di risvegliare il serpente della curiosità che, inevitabilmente ci spingerà a desiderarne ancora; fra i viaggi d’inchiostro che amo maggiormente ci sono quelli che esplorano la vita delle donne e della loro condizione: La strega di Triora.

Nel bene o nel male di streghe si parla sempre in ogni epoca.

A volte per indicare vecchie donne sagge che hanno conservato arcani segreti per miracolose guarigioni. Troppo spesso per additare chi è fuori luogo perché diversa, speciale, con speciale non intendo chi ispira tenerezza in una società apparentemente comprensiva.

Sto parlando dello speciale che fa ribrezzo perché non si sa conformare, sottomettere a canoni dettati nelle varie epoche, in grado di disturbare persino “il civico senso del pudore”.

I secoli passano e la parola resta sempre la stessa: Strega, legata con nodi stretti alla parola Donna.

Chi non ha mai sentito quelle corde strisciare sulla pelle?

Forse quando da bambine volevate giocare a soldati e banditi e come sempre vi si relegava al massimo al ruolo di infermiera e allora avete pestato i piedi: strega! Oppure quando al liceo, ai fiori stampati e scollature, avete preferito anfibi e abiti scuri: strega! Anche quando non siete state in grado di trattenere il bisogno di manifestare apertamente desideri, emozioni forti, opinioni contrastanti: strega, strega, strega!

Se si guarda indietro nella storia, i cambiamenti possono riguardare le forme di proibizioni, di limiti imposti, di trattamenti riservati, di punizioni per piegare, di veli da portare e sguardi da abbassare.

Ma l’oggetto della polemica di tutti i tempi è sempre e solo uno: la donna, la strega.
Franchetta Borrelli è tutto questo: forte, curiosa, assetata di giustizia, donna e strega.
Franchetta come Julia Carta, Dominica Figus, Catalina Lay e molte altre poco conosciute. Donne che nella mia isola hanno perso la vita sotto torture perché cantavano alla luna, o preparavano unguenti per aiutare i malati.
Lo spazio per le donne è sempre troppo stretto o troppo ben delineato, senza possibilità di sgarro, pena l’emarginazione sociale, se va bene.

A volte basta soltanto una scintilla e a bruciare sono sempre i corpi delle donne.

Era stata la carestia ad incattivire gli animi.

Così gli infusi e le pozioni che facevano con le erbese curare le malattie erano diventati malefici.

E i filtri d’amore si erano trasformati in fatture.


Forse un giorno non sarà più un peccato uscire con la gonna corta o esprimersi in totale libertà ed in ogni forma. Magari arriverà il momento in cui non sarà più un peccato non avere paura. Forse, prima o poi, non sarà più un peccato essere donna.


La strega di Triora non vuole legami indotti, ma sceglie di amare e seguire il proprio sentimento libero.

In tutte noi esiste una parte nascosta, un istinto che non può essere domato.
E’ una scintilla, che accende il fuoco all’improvviso.

E’ natura libera, creativa, selvaggia. (…)

E’ il segreto della vita: il femminile.


La strega di Triora cavalca le epoche per parlare della condizione delle donne. Parla anche di sorellanza vera, quella fatta di comprensione e giustizia, di coraggio e unione.
Antonella Forte ci fa conoscere gli anfratti più nascosti di Triora con una lodevole ricostruzione storica dei luoghi e dei personaggi. Alcune notti avrei giurato di conoscere la strada per raggiungere il grande noce!
L’autrice sottolinea anche l’importanza strategica di quel paesino tanto vicino alla Francia, centro di numerosi commerci e sotto la giurisdizione della Repubblica di Genova.
Quando in una zona così ricca di scambi si abbatte una carestia, occorre trovare un capro espiatorio contro cui riversare tutta la propria rabbia e frustrazione.
La strega di Triora non è un romanzo da leggere e dimenticare, è la storia di molte donne bruciate al rogo e torturate per giorni, è la storia degli antichi culti contadini soppiantati da una religione più forte e maschile, e quando non si sa contro chi puntare il dito, la colpa è sempre delle donne.

La strega di Triora


Leggi la trama

Gridate, donne, gridate forte!

Che siate vive, che siate morte.

E se le grida non si sentiranno,

verrà il giorno in cui rimbomberanno!


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Anime di pietra: Un thriller che parla di antropologia e psichiatria

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Negli ultimi anni molti libri diventano famosi sui social network prima ancora che nelle librerie. Di solito non mi incuriosiscono perché ho una sorta di spirito da bastian contrario ma una copertina mi ha incuriosita: Anime di pietra di Lloyd Devereux Richards edito per Piemme che ringrazio per la copia.

La copertina è bellissima, mi ricorda un disegno fatto con il gesso su lastre di ardesia.

Inoltre, come spesso accade, il mio cervello l’ha associata ad un altro libro che ho amato (fidatevi, lo ha fatto senza un vero motivo apparente visto che le due hanno in comune solo l’immagine di un albero) quindi ho deciso che dovevo leggerlo.

Anime di Pietra è un Thriller.

La protagonista Christine Prusik è un’antropologa forense e si trova ad essere assegnata, con un ruolo di comando, ad un’indagine che mostra da subito qualche cosa di strano: qualche elemento dei delitti risuona come un’eco di un evento passato.

L’antropologia è una scienza affascinante e negli ultimi anni le serie tv hanno offerto numerosi esempi su cosa un antropologo esperto possa arrivare a comprendere dal solo concatenarsi di alcuni comportamenti.

Sappiamo, ormai tutti credo, dalla cronaca e dalle sempre presenti serie tv, che i serial killer spesso hanno comportamenti, ripetitivi al limite della compulsione, che poi definiscono quella che viene chiamata: Firma.

La firma dell’assassino di Anime di pietra consiste nell’inserire piccoli animali di pietra all’interno dell’esofago delle sue vittime.

Questo particolare modus operandi ricorda molto una pratica messa in atto da una popolazione indigena della Nuova Guinea.

Quando l’agente Prusik se ne rende conto Anime di pietra inizia a sembrare l’opera di un serial killer piuttosto efferato.

Quello che Christine non sa è come le due cose si colleghino e perché tutto questo viene ad incidere sul suo passato.

All’indagine su questi strani ed efferati omicidi si associa anche un’indagine psicologica su una tematica che al pubblico piace sempre moltissimo ma che non vi rivelo per non rovinarvi il libro.

Chi mi conosce sa che con i Thriller io ho un rapporto scostante.

Di solito non è un genere che apprezzo. Alcuni mi sorprendono, però.

Anime di pietra lo ha fatto? Nel complesso è stato molto interessante e piacevole ma qualcosa non mi ha proprio convinta, anche se mi rendo conto che quello che non ha fatto impazzire me deve, per forza di cose perché io non sono il giudizio del mondo, essere molto piaciuto ad altri.

Anime di pietra è un buon thriller, ne ha tutti gli elementi e la lettura è scorrevole.

La storia narrata tiene in tensione il lettore anche se non posso dire che la trama sia la più originale che abbia mai visto, però ci sono spunti piuttosto interessanti che stimolano il lettore a volerne sapere di più, o almeno lo hanno fatto con me.

Cosa invece non mi ha convinto?

Ormai siamo abituati ad una sorta di necessità nell’avere un protagonista femminile e non c’è nulla di male in questo, ognuno sceglie il protagonista che desidera.

Se la storia regge lo fa anche se il protagonista è una capra ma è davvero sempre necessario inserire la romance tra i protagonisti? Un’agente donna non può essere brava, professionale e risolvere i crimini senza per forza dover avere problematiche di cuore?

In fondo la nostra Christine di problemi ne ha più che a sufficienza senza per forza dover annettere anche il teorema della donna in carriera che però ha bisogno di essere “salvata”, no?

Questo particolare elemento è stato l’unico che ha stonato nella mia percezione del romanzo. Perché il libro, come vi ho detto è piacevole, ben scritto e offre dei bellissimi spunti di approfondimento culturale per chi fosse interessato.

Anime di pietra

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“Dopo aver mangiato gli organi interni delle persone assassinate, il feroce clan degli altipiani della Nuova Guinea depositava i talismani di pietra nei corpi delle vittime.”

Roma Brucia. Nerone il colpevole innocente dell’incendio del 64 d.C.

Roma Brucia. Nerone il colpevole innocente dell’incendio del 64 d.C.

Mi sono imbattuta, forse a causa del caldo torrido in una copertina che narra di un incendio. Forse, uno degli incendi più famosi al mondo: Roma brucia, Nerone e l’incendio che mise fine ad una dinastia è un saggio di Anthony A. Barrett ed è edito per Einaudi.

Non potete negarlo: se anche solo si accenna a Nerone la prima cosa che viene in mente a tutti è che diede fuoco a Roma; se invece nomino l’incendio di Roma la prima parola che viene in mente a tutti è? Nerone, ovviamente.

Olim erat… (C’era una volta…) qualcuno che disse di aver visto l’imperatore, sulla torre di Mecenate, cantare mentre le fiamme bruciavano Roma; qualcuno disse di averlo visto aggirarsi nelle vie della città intonando la storia della caduta di Troia; qualcun altro disse ancora che, per meglio rendere l’idea delle ultime ore della grande Ilio, Nerone avesse egli stesso acceso la città.

Qualcuno lo disse, altri lo scrissero e tutti ci credettero. Anche a distanza di secoli.

Ogni imperatore ha la sua croce da portare a spasso nei secoli, il suo cliché storico da cui non riesce a liberarsi nemmeno da morto.

Roma brucia è la condanna di Nerone.

Gli unici fatti certi sono che fece uccidere sua madre, molti altri membri della sua famiglia ma diede fuoco a Roma?

Roma bruciò nel 64 d.C. sotto il regno di Nerone.

Il 29 luglio del 64 d.C. per essere precisi.

La prima scintilla prese vita in una delle botteghe che affiancavano, o soffocavano, le vicinando del Circo Massimo e da lì iniziò la sua marcia inesorabile verso la gloria della fama storica.

Le fiamme si alzarono e fagocitarono tutto quello che era sulla loro strada.

Chiudete gli occhi, quello che sentite non è il crepitio del fuoco nel camino ma il ruggito di mille leoni.

Immaginate di essere in strada, di non poter scappare in nessuna direzione perché la strada che prima si apriva, davanti a voi, è appena stata travolta da altre fiamme che non sapete da dove possano essere apparse.

Lo sentite sulla vostra pelle: il vento, che quella notte è più simile ad una tormenta alimentata dai mantici di Vulcano, è rovente. La gente urla, cerca di salvare i propri averi e la propria vita, esattamente in questo ordine.

Tra il fumo, le fiamme, le urla, il vento qualcuno vede l’Imperatore muoversi tra le fiamme come se fosse sul suo palco preferito, in realtà sta facendo ben altro, e scorge anche taluni individui della guardia pretoriana o dei vigiles, che si prodigano per buttare a terra gli edifici e magari depredarli.

Sul fuoco vengono gettati secchi di terra e acqua ma, con quel vento, non c’è nulla che sia così veloce da permettere di salvare la città.

Tutto questo non durò una notte soltanto.

Roma, nel 64 d.C., brucia per 6 giorni e quando sembra che tutto si stia spegnando, le fiamme si rialzano ancora fino al nono giorno.

Le perdite in termini di vite umane sono inimmaginabili e i danni sono incalcolabili.

Roma brucia ma è stato Nerone?

Potrei raccontarvi che Nerone non era nemmeno a Roma quando l’incendio divampò. Troverete, però, nelle fonti, tarde, che abbiamo a disposizione: Svetonio, Tacito e Cassio Dione, che quando le fiamme sarebbero arrivate a lambire le sue proprietà si catapultò nell’Urbe per domare l’incendio.

Quali proprietà voleva salvare Nerone? Di sicuro non il Palatino che fu uno dei primi luoghi a subire la furia delle fiamme.

Perché era corso in città? Aveva altro da preservare ma forse, e dico forse, stava facendo quello che la famiglia imperiale aveva già fatto in passato: aiutare a sedare le fiamme.

Roma brucia ma era la prima volta?

Il problema degli incendi era così radicato nella vita della capitale dell’Impero che, fin dall’epoca repubblicana, si cercava di trovare qualcosa che potesse, se non mettere fine, almeno contenere efficacemente i danni e le perdite.

Ci provò anche Augusto. Dopo Nerone tentarono anche i Flavi. Ci riuscirono?

Si raccomandò di usare materiali refrattari al fuoco come le pietre di derivazione vulcanica, legni molto più resistenti, il contenimento delle altezze delle insulae abitative, ulteriori piccoli accorgimenti che potessero offrire al fuoco altro sfogo.

Ma la storia dell’Urbe insegna che l’incendio del 64 d.C. non fu l’ultimo e forse nemmeno il più disastroso.

Fu solo quello di cui tutti scrissero.

È stato quello che ha coinvolto un uomo che è passato alla storia, per lo più ingiustamente come un mostro incendiario.

Se proprio ci fu un colpevole fu il vento come d’altronde afferma anche Barrett. Siamo tutti portati a credere che se le fonti storiche raccontano un determinato fatto allora questo deve essere accaduto.

Ecco, no. Non è una verità inconfutabile.

In questo caso il problema è che l’unica voce coeva è quella di Plinio, Naturalis Historia, che non sembra molto concentrato sul fatto, anzi.

Le altre fonti già citate sono più tarde, frutto di altre opere che per noi sono perdute e derivazione anche di giudizi personali che non sono certo dalla parte del figlio di Agrippina ma, leggendo bene, nemmeno così a sfavore.

Le fonti storiche sono utili ma non definitive in assoluto.

Chi mai leggerebbe i quotidiani senza usare spirito critico e non avvalendosi di altre informazioni per comprendere una notizia?

Scusate, domanda sbagliata.

Roma brucia ma le fonti archeologiche non hanno nulla da dire?

Qualcosa si, ma tenete presente che la città non è rimasta ferma dopo l’incendio del 64 d.C. molto si è costruito e molto si è distrutto.

La stratigrafia è complessa e non basta identificare uno strato di annerimento per dire che corrisponde allo specifico evento in questione.

Insomma, non si può pensare che una volta arrivata a quello che pensiamo sia stato il suo massimo splendore, nessuno l’abbia più toccata per paura di cambiare qualcosa.

Esempio pratico: il luogo dove sorge casa mia, ai tempi dei romani, era quasi mare aperto.

Esempio più vicino all’incendio?

Al posto del tempio di Venere e Roma di età Adrianea, sorgeva il vestibolo della Domus Aurea e nel luogo in cui si erge il Colosseo (nome che deriva da una colossale statua di Nerone, innalzata per altro dopo la sua morte) si trovava un piccolo lago appartenente proprio al progetto edilizio della su citata domus.

Roma brucia e cosa accadde dopo l’incendio?

Nerone fece portare via i detriti a sue spese, alcuni vennero utilizzati per ricostruire.

Fu costretto a tassare la popolazione, non il popolo ma i grandi possidenti di Roma, per recuperare il denaro per ricostruire la città e, nessuno lo nega, finanziare anche il suo progetto della Domus Aurea.

Questo non aiutò la popolarità dell’ultimo dei Giulio Claudi presso il senato.

L’incendio e la successiva crisi monetaria portarono anche ad una forte svalutazione della monetazione argentea e nemmeno questo portò felicità a coloro che i soldi li avevano e nemmeno alla classe media se vogliamo proprio essere pignoli.

Perché le disgrazie non arrivano mai sole, ci fu una non ben identificata pestilenza che portò altre morti e altro malcontento.

C’è stata anche la questione della pretestuosa accusa di aver perseguitato i cristiani accusandoli delle fiamme.

È vero che vennero accusati dei cristiani e le fonti raccontano, le solite di prima, che la rappresaglia di Nerone fu crudele e ingiusta ma non totalmente indiscriminata.

“Tacito non vuole illuminare il lettore, bensì confonderlo ancor di più, dando un pezzettino di colpa a Nerone e un altro ai cristiani, ch’egli entrambi odiava” Yavetz, Z.

Su una cosa però siamo d’accordo: fu la prima volta in cui i cristiani subirono punizioni dal potere centrale e non per motivi religiosi.

Le fonti sono, come ho già detto lacunose, ma sarebbe stato interesse degli autori cristiani aumentare il carico delle accuse su Nerone ma, nella realtà, si potrebbe dire che quasi non tocchino l’argomento.

È difficile comprendere lo sviluppo pedissequo di avvenimenti che si sono rimescolati nel tempo, narrati solo a molti anni di distanza. Molte vicissitudini hanno portato alla perdita delle fonti coeve.

Fanno parte delle vicissitudini anche gli incendi.

Nerone, inoltre, dopo la furia delle fiamme, a seguito delle accuse che gli piovvero addosso, diventò paranoico e niente affatto incline alla pazienza. Questo portò al crollo totale della fiducia presso il senato e quella fu fine.

Quindi, in conclusione, Nerone fu la causa dell’incendio di Roma? O ne diventò uno dei capri espiatori?

Dovete leggere il saggio di Anthony A. Barrett per saperlo, continuare a porvi domande e leggere altro ancora.

L’autore vi pone i fatti così come appaiono, ponendo in contrapposizione le discrepanze di tutto quello che è stato trovato fino ad ora. Domande e ancora domande ma nessuna Storia è mai scritta del tutto.

Nerone ha ancora molto altro da raccontare: avete scorto cosa è apparso di recente al di sotto di Palazzo della Rovere a Roma?

Roma brucia

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Altri libri Einaudi? Il pianto delle Troiane

“Svetonio riportava un detto popolare secondo cui Roma si stava tramutando in una sola casa e i Romani avrebbero fatto meglio a emigrare a Veio, sempre che la casa di Nerone non avesse inghiottito anche quella cittadina”