La stagione delle Erinni. Cicerone in una spy story per nulla scontata
Ritornata in possesso di un minimo tempo per le mie amate letture, ho deciso di iniziare con un libro uscito l’anno scorso per Einaudi: La stagione delle Erinni di De Bellis e Fiorillo.
Ho cominciato con un romanzo storico, ho iniziato con Roma alle prese con Sertorio e Spartaco.
Ho avuto paura.
Tanta paura che il libro si adagiasse sulla solita linea temporale con coinvolge i soliti ignoti e ne facesse una poltiglia di Storia macilenta trita e ritrita.
È invece…
Invece mi sono dovuta ricredere.
Sì, perché pur sfoggiando tra i protagonisti gente di rispettoso lignaggio e nomi altisonanti nella Storia, i due autori hanno creato una storia priva di puzza sotto al naso e tracotante arroganza letteraria e storica.
La Stagione delle Erinni meriterebbe, secondo il mio modesto avviso, anche solo perché non ha fatto diventare un’Erinni me.
Questo duo letterario, già autore de Il diritto dei Lupi (che personalmente non ho ancora avuto il piacere di leggere), ci presenta un Urbe vittima del deterioramento della Repubblica di Roma.
Una Repubblica che non si riconosce più, una Repubblica che non esiste più e, forse, si vocifera nelle strade, non è mai nemmeno davvero esistita.
La stagione delle Erinni è una “Spy-story”.
Sertorio in Hispania ha messo in ginocchio la potenza di Roma, umiliandola più che annientandola, ma è successo qualcosa ceh ha incrinato la sua lucidità.
Qualcosa gli ha forzato la mano e i suoi stessi seguaci gli stanno voltando le spalle. L’ex generale non ha più scelta oltre a quella di donarsi la morte.
A Roma, lo stimato Lucio Valerio Flacco Poplicola è deceduto lasciando la giovane Plauzia Nevia Capella minore vedova anzitempo.
Il padre della giovane è sul piede di guerra: la famiglia del defunto genero, i Valeri, non vuol permettergli di venire possesso dell’eredità che il compianto ha tramandato alla sua giovane sposa.
Come dar torto ai Valeri e a Quinto Nevio Capella (il padre di Plauzia): si sta parlando di Venti milioni e mezzo di sesterzi.
Un’eredità di tutto rispetto quella di Plauzia.
Venti miioni di sesterzi… e mezzo.
Per dimostrare la legittimità del lascito, Capella decide di interpellare uno dei principi del Foro: Marco Tullio Cicerone.
Non sembra affatto una cosa facile, derimere questa storia del testamento, soprattutto se i Valeri di mettono di traverso.
Cicerone è alquanto dubbioso sul da farsi ma altri nomi della Repubblica romana stanno per entrare in ballo.
Vi dice nulla il nome Marco Licinio Crasso?
La stagione delle Erinni sta per iniziare perché se c’è, a Roma, qualcuno che proprio non si deve aver tra i propri nemici è Crasso.
Questa è una spy story.
È un fattaccio intricato perché tutti quelli che hanno a che fare con quel testamento muoiono tra atroci sofferenze…
Ma, scusate se mi ripeto, la posta in ballo sono VENTI MILIONI DI SESTERZI… E MEZZO.
La stagione delle Erinni mi è piaciuto?
Scritto bene e per più di metà libro riesce a sviare l’attenzione del lettore da uno scenario all’altro, da un protagonista all’altro tanto che si potrebbe pensare che i fatti, il più delle volte siano talmente scollegati.
Ma come direbbe qualcuno: le coincidenze non esistono.
Verso la fine, proprio quando i nodi iniziano a venire al pettine, il ritmo smette di essere serrato. Più i protagonisti braccano il nemico più la furia delle Erinni sembra farsi fiacca.
Ma ho passato del tempo piacevole con questo libro che affronta la piazza di Roma senza tritare le storie dei soliti ignoti dell’urbe che è sulla soglia di un cambio di Regime.
Abbiamo Sertorio ma è solo sullo sfondo,
Abbiamo Crasso che non è protagonista come lui vorrebbe, questo lo fa arrabbiare ma a noi non interessa;
C’è anche Messalla ma non siete costretti a parlarci.
Cicerone è diverso dall’oratore che sono abituata a conoscere ma si difende e combatte come sua consuetudine per i suoi ideali.
Dovete leggere La stagione delle Erinni, ve lo consiglio per una lettura piacevole e di buona compagnia.
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